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L’Ucraina chiama. E l’Italia? Ecco la (nuova) prova per governo e opposizione

Il ministro Crosetto annuncia: entro fine anno ottavo pacchetto al Copasir e legge quadro per l’invio degli aiuti in Aula. Facile prevedere forti tensioni politiche ma la maggioranza Meloni resisterà ancora. Il punto degli arsenali

“A fine anno scadrà il decreto per l’invio di armi all’Ucraina, la Camera dovrà esprimersi per vedere se nuovamente, per il prossimo anno, vorrà autorizzare il governo”, ha spiegato Guido Crosetto, ministro della Difesa, arrivando ieri al palazzo dell’Informazione per il Forum Adnkronos. “È intanto in preparazione l’ottavo pacchetto di aiuti che entro fine anno verrà riproposto al Copasir per poi essere effettivo”, ha aggiunto.

Con le elezioni nell’Unione europea e negli Stati Uniti, ma anche in Russia (perfino nei territori occupati dell’Ucraina), l’anno prossimo può rappresentare un momento cruciale per la guerra iniziata il 24 febbraio 2022 quando le truppe di Vladimir Putin hanno invaso l’Ucraina. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è in visita negli Stati Uniti con l’obiettivo di convincere il Congresso ad approvare un pacchetto di spese per la sicurezza da 111 miliardi di dollari, comprendenti circa 60 miliardi di dollari per Kyiv. L’amministrazione Biden è in pressing sul parlamento, dove i repubblicani, i più fedeli all’ex (e prossimo?) presidente Donald Trump ma non solo, chiedendo una stretta sui migranti in arrivo dal Messico in cambio del via libera. La situazione in Europa non sembra tanto più facile: la mancanza di un accordo in Germania sul bilancio non fa che rendere più impegnativo il contributo europeo all’Ucraina.

In tutto questo, secondo gli analisti del think tank americano l’Institute for the Study of War, la Russia non intende impegnarsi in negoziati seri con l’Ucraina ed eventuali trattative alle condizioni della Russia equivalgono alla completa resa di Kyiv e dell’Occidente che la sostiene.

In questo contesto è facile prevedere forti tensioni politiche nelle prossime settimane sul voto del Parlamento per l’estensione all’anno prossimo la legge quadro che ha consentito all’Italia di dare aiuto all’Ucraina, con forniture sia civili sia militari.

Il Consiglio supremo di difesa riunitosi ieri “ha ribadito la ferma condanna dell’aggressione operata dalla Federazione Russa e il pieno sostegno dell’Italia all’Ucraina nella sua difesa contro l’invasore”.

La posizione di Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, è chiara e in linea con quanto fatto durante il primo anno di governo e già prima, all’opposizione quando governava Mario Draghi. “Capisco le difficoltà, ma sarebbe un errore fare un passo indietro”, ha dichiarato ieri in collegamento video con il libro Photo Ansa 2023 parlando sia della consapevolezza della “stanchezza” delle opinioni pubbliche sia l’importanza di “essere riconoscenti al popolo ucraino” e “fieri del lavoro fatto”.

Probabile che la Lega continui a giocare un ruolo defilato su questo dossier per non lasciar emergere alcune divergenze interne e nella maggioranza. Ci sono poi i mal di pancia del Partito democratico, coperti dalla posizione di Lorenzo Guerini, presidente del Copasir, che però nessuno vuole smentire. Ieri, rispondendo all’editoriale domenicale di Paolo Mieli sul Corriere della Sera, Lorenzo Guerini, l’ex ministro della Difesa, ha scritto su X: “Nessun ‘pentimento’ sull’Ucraina. Anzi. Quanto alla sofferenza penso a quella di chi combatte contro Putin per la sua, la nostra libertà di europei. Slava Ukraïni!”.

Ma è molto facile prevedere che il Movimento 5 Stelle alzerà i toni. Un mese fa il presidente Giuseppe Conte, nel corso dell’assemblea Regionale del Movimento 5 Stelle – Lazio, aveva dichiarato: “Ci hanno dato dei finti pacifisti, dei filorussi. Ci hanno bullizzato mediaticamente. Ma se ci avessero ascoltati, invece di fare battute, non saremmo arrivati a questa situazione. Negli Stati Uniti già stanno cercando la via d’uscita che noi stiamo prefigurando dall’inizio. Solo Giorgia Meloni non se n’è accorta. O meglio, finge di non essersene accorta. Poi a due comici dice la verità”, aveva aggiunto con riferimento allo “scherzo telefonico” dei due “comici” russi che non hanno mai fatto mistero della loro agenda molto vicina a quella del leader Vladimir Putin. All’indomani, Stefano Patuanelli, capogruppo del Movimento 5 Stelle al Senato, aveva spiegato a Repubblica che il punto di maggiore distanza con il Partito democratico è rappresentato dalle “guerre e, in particolare, il conflitto in Ucraina. Manca una spinta di coraggio nel Pd che porti a dire basta all’invio di armi a Kyiv”, aveva aggiunto.

Ma quando si parla di aiuti militari all’Ucraina c’è un altro tema da considerare, che rischia di impattare più ancora delle divisioni politiche: quello delle scorte. “Bisogna verificare ciò che noi siamo in grado di dare rispetto a ciò che a loro servirebbe”, aveva dichiarato due mesi fa il ministro Crosetto. Del resto, a gennaio ci si ponevano interrogazioni sul parziale svuotamento dei magazzini e sulla necessità di ripristinare le scorte che servono per la Difesa nazionale. “L’Italia ha fatto molto, ha puntato molto sui sistemi di difesa antiaerea per fermare gli attacchi che vanno sulle infrastrutture civili ed energetiche, sulle città, sulle scuole”, aveva aggiunto il ministro. “Il problema è che non hai risorse illimitate. E da quel punto di vista l’Italia ha fatto quasi tutto ciò che poteva fare, non esiste molto ulteriore spazio”, aveva detto ancora.

Come noto, il contenuto del decreto è secretato. Secondo alcune ipotesi avanzate, viste anche le richieste ucraine, l’invio potrebbe riguardare sistemi o munizioni di contraerea e apparecchiature antidrone.



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