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Sì dei Popolari al Centro. Se unito, però. L’auspicio di Merlo per le Europee

Con l’avvicinarsi delle elezioni europee è importante il recente appello di Beppe Fioroni, coordinatore nazionale del movimento Tempi Nuovi-Popolari uniti: il polo di centro che si presenterà per il rinnovo del Parlamento europeo dev’essere unito, compatto, coeso e fortemente inclusivo. Il commento di Giorgio Merlo

Le prossime elezioni europee rappresentano uno snodo importante non solo per misurare gli equilibri politici nazionali ma anche, e soprattutto, per verificare la bontà dei singoli progetti politici. Tra questi spicca la cosiddetta sfida del Centro. Ovvero di una presenza politica centrista in Europa e, di conseguenza, anche nella cittadella politica italiana. Un’area attesa da molto tempo e che, tuttavia, stenta a trovare una vera e propria cittadinanza. Le motivazioni di questa misteriosa assenza sono diverse e molteplici. Dall’avvento del dogma bipolare – per la verità sempre più “selvaggio” e sgangherato – alla crescente voglia di radicalizzare il confronto politico; dall’incapacità di saper declinare una credibile “politica di centro” alla debolezza di quelle culture che storicamente hanno incarnato il Centro politico nel nostro Paese.

Ora, è proprio con l’avvicinarsi delle elezioni europee che ritengo importante il recente appello di Beppe Fioroni, coordinatore nazionale del movimento Tempi Nuovi-Popolari uniti, quando sostiene che il polo di centro che si presenterà per il rinnovo del Parlamento europeo dev’essere unito, compatto, coeso e fortemente inclusivo. Detto in altre parole, un progetto che non può essere sacrificato sull’altare di nessuna bega personale o di posizioni che sono riconducibili ai rancori e alle vendette trasversali. Atteggiamenti, questi, che denotano solo una dimensione adolescenziale della politica e che rispondono a comportamenti squisitamente impolitici se non addirittura anti politici. E questo perché un progetto centrista, autenticamente riformista e profondamente democratico, non potrà che essere culturalmente plurale. E lo dico non solo per richiamare, ancora una volta, la centralità del pensiero e della cultura cattolico-popolare e sociale nel ricostruire un luogo politico centrista, dinamico e innovativo. Ma per la semplice ragione che il Centro politico storicamente nel nostro Paese è stato un presidio plurale. E oggi, e a maggior ragione, di fronte ad una sinistra radicale, massimalista e libertaria, ad un populismo ancora in sella e a settori della destra marcatamente sovranisti ed anti europeisti, quasi si impone la ricostruzione di un Centro e, soprattutto, di una “politica di centro”.

Ma, per essere chiari sino in fondo, deve essere un Centro credibile ed affidabile. Nello specifico, espressione e manifesto di un progetto politico duraturo e non lo strumento per occupare qualche seggio al Parlamento europeo. Ossia, l’esatto opposto di un banale ed incolore cartello elettorale. Ed è per queste semplici ma essenziali motivazioni che l’area cattolico-popolare e sociale si impegna per ricostruire un Centro politico, culturale e programmatico facendolo coincidere con il rinnovo del Parlamento europeo e con una elezione che segna anche il potenziale ritorno di una Europa come è stata pensata, disegnata e progettata dai suoi fondatori ancorati all’ideale democratico e cristiano. Con l’unica, se non esclusiva condizione, che si tratti realmente di un progetto politico di medio/lunga durata e non legato alla sola contingenza politica. Perchè se la nostra cultura, i nostri valori e il nostro pensiero continuano ad avere una straordinaria attualità e modernità non è solo per la freschezza della loro origine ma anche, e soprattutto, per la coerenza e la serietà con cui sono stati declinati, vissuti e concretamente praticati nelle diverse fasi storiche del nostro Paese. E oggi più che mai è nuovamente necessaria ed indispensabile questa cultura per la stessa qualità della nostra democrazia.

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