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Dov’è la pace in terra? Il mistero del Natale secondo Edith Stein

Di Edith Stein

Ripubblichiamo alcuni passi del saggio “Il mistero del Natale” della filosofa ebrea Edith Stein, poi carmelitana Teresa Benedetta della Croce, morta ad Auschwitz nel 1942, canonizzata a Roma il 11 ottobre 1998

Quando i giorni diventano via via più corti, quando nel corso di un inverno normale, cadono i primi fiocchi di neve, timidi e sommessi si fanno strada i primi pensieri del Natale. Questa semplice parola emana un fascino misterioso, cui ben difficilmente un cuore può sottrarsi. Anche doloro che professano un’altra fede e i non credenti, cui l’antico racconto del Bambino di Betlemme non dice alcunché, preparano la festa e cercano di irradiare qua e là un raggio di gioia. Già settimane e mesi prima unaldo flusso di amore inonda tutta la terra. Una festa dell’amore e della gioia, questa è la stella verso cui tutti accorrono nei primi mesi invernali.

Ma per il cristiano e in particolare per il cristiano cattolico essa è anche qualcos’altro. La stella lo guida alla mangiatoia con Bambinello, che porta la pace in terra. L’arte cristiana ce lo pone davanti agli occhi in innumerevoli e graziose immagini, mentre antiche melodie, di cui risuona tutto l’incantesimo dell’infanzia, lo cantano.

Nel cuore di colui che vive con la Chiesa le campane del Rorate e i canti dell’Avvento risvegliano una santa e ardente nostalgia, a chi si disseta alla fonte inesauribile della sacra liturgia il grande profeta dell’incarnazione ripete, giorno dopo giorno, le sue grandiose esortazioni e promesse: “Stillate, cieli. Dall’altro, e le nubi piovano il Giusto! Il Signore è vicino! Adoriamolo! Vieni, Signore, e non tardare! Esulta, Gerusalemme, sfavilla di gioia, perché viene a te il tuo Salvatore!”. Dal 17 al 24 dicembre le grandi antifone ‘O’ del Magnificat (O sapienza, O Adonai, O radice di Jesse, O chiave della città di Davide, O Oriente, O re delle nazioni) gridano con un desiderio e ardore crescente il loro “Vieni a salvarci”. E sempre più cariche di promesse risuonano le parole “Ecco tutto è compiuto” (ultima domenica di Avvento) e infine “Oggi saprete che il Signore viene e domani contemplerete la sua gloria”. Sì la sera quando gli alberi di Natale luccicano e ci si scambiano i doni, una nostalgia inappagata continua a tormentarci e a spingerci verso un’altra luce splendente, fintanto che le campane della messa di mezzanotte suonano e il miracolo della notte santa si rinnova su altari mondati di luci e di fuori_ “E il Verbo si fece carne”. Allora è il momento in cui la nostra speranza si sente beatamente appagata.

Ognuno di noi ha già sperimentato una simile felicità del Natale. Ma il cielo e la terra non sono ancora divenuti una cosa sola. La stella di Betlemme è una stella che continua a brillare anche oggi in una notte oscura. Giù all’indomani del Natale la chiesa depone i paramenti bianchi della festa e indossa il colore del sangue e, nel quarto giorno, il violetto del lutto: Stefano, il protomartire, che seguì per primo il Signore nella morte, e i bambini innocenti, i lattanti di Betlemme e della Giudea che furono ferocemente massacrati dalle rozze armi dei carnefici, sono i seguaci che attorniano il Bambino nella mangiatoria. Che significa questo? Dov’è ora il giubilo delle schiere celesti, dov’è la beatitudine silente della notte santa? Dov’è la pace in terra? Pace in terra agli uomini di buona volontà. Ma non tutti sono di buona volontà. […]

Figure luminose sono quelle che si inginocchiano attorno alla mangiatoia: i bambini teneri e innocenti, i pastori fiduciosi, i re umili, Stefano, il discepolo entusiasta, e Giovanni, l’apostolo dell’amore; essi seguirono tutti la chiamata del Signore. Di fronte ad essi sta la notte dell’indurimento e dell’accecamento incomprensibile: gli scribi, che sono in grado di dare informazioni sul tempo e sul luogo in cui il Salvatore del mondo deve nascere, ma che non deducono da qui alcun “Andiamo a Betlemme!”; il re Erode, che vuole uccidere il Signore della vita. Di fronte al Bambino nella mangiatoia gli spiriti si dividono. Egli è il Re dei re e il Signore della vita e della morte, pronuncia il suo “Seguimi”, e chi non è per lui è contro di lui, Egli lo pronuncia anche per noi di fronte alla decisione di scegliere tra la luce e le tenebre. […]

Una cosa sola sappiamo, e cioè che a quanti amano il Signore tutte le cose ridonano il bene, E inoltre che le vie, per le quali il Salvatore ci conduce, vanno al di là di questa terra. […]

Edith Stein, Il mistero del Natale (Queriniana, 1991, traduzione di Carlo Danna). Si ringrazia l’editore per la cortese concessione. Il testo fu scritto da Edith Stein nel 1931 su richiesta del parroco Ludwig Husse destinato alla Associazione di Accademici tedeschi della città di Ludwigshafen.

Nella omelia di Papa Giovanni Paolo II per la canonizzazione della carmelitana, l’11 ottobre 1998, leggiamo: «[…] Santa Teresa Benedetta della Croce giunse a capire che l’amore di Cristo e la libertà dell’uomo s’intrecciano, perché l’amore e la verità hanno un intrinseco rapporto. La ricerca della verità e la sua traduzione nell’amore non le apparvero in contrasto; essa, anzi, capì che si richiamavano a vicenda. Nel nostro tempo la verità viene scambiata spesso con l’opinione della maggioranza. Inoltre è diffusa la convinzione che ci si debba servire della verità anche contro l’amore o viceversa. Ma la verità e l’amore hanno bisogno l’una dell’altro. Suor Teresa Benedetta ne è testimone. La “martire per amore”, che donò la sua vita per gli amici, non si fece superare da nessuno nell’amore. Allo stesso tempo ella cercò con tutta sé stessa la verità, della quale scriveva: “Nessuna opera spirituale viene al mondo senza grandi travagli. Essa sfida sempre l’uomo intero”».

Alla regista magiara Marta Mészáros si deve lo splendido La settima stanza (1995, su fine sceneggiatura della stessa autrice firmata con Eva Pataki e Roberta Mazzoni; e gli originali canti e musiche di Moni Ovadia). Qui, tra storia, filosofia, fede e martirio, si traccia una delicata e affascinante biografia di Edith Stein – Santa Teresa della Croce, nella perfetta interpretazione della romena Maia Morgenstern (sarà poi la madre di Gesù in The Passion,2004, di Mel Gibson). Un film che ogni studente diplomando dovrebbe vedere per meglio capire il Novecento. (A cura di Eusebio Ciccotti)

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