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Luce e gas, la grande ipocrisia su mercato libero e tutelato secondo Baldassarri

Il costo della bolla speculativa sul prezzo del gas e dell’energia, il palese abuso di potere di mercato, il conseguente rimbalzo dell’inflazione e l’aumento dei tassi della Bce e del sistema bancario spiegati da Mario Baldassarri, già viceministro dell’Economia e più volte parlamentare

Secondo quanto disposto dall’Unione europea, il prossimo gennaio per il gas e il prossimo aprile per la luce finisce il mercato “tutelato” e le bollette saranno per tutti determinate dai prezzi del mercato “libero”. Su questo è in corso un acceso dibattito sulla necessità di chiedere con urgenza alla Commissione europea almeno una proroga di questo “passaggio”.

In realtà, questo acceso dibattito rischia di essere una gigantesca ipocrisia collettiva se non si capisce chi, come e cosa viene protetto con il mercato “tutelato” e cosa significa mercato “libero”.

Finora il mercato tutelato ha parzialmente consentito ad alcune fasce di consumatori di pagare bollette “calmierate” dalle indicazioni dell’Arera. Anche queste bollette però hanno subito le montagne russe dell’ondata speculativa sui prezzi del gas e della luce. Dall’altro canto, ciò che viene chiamato mercato “libero” non è affatto un mercato di “libera concorrenza”. È in realtà un mercato oligopolistico concentrato e dominato da una decina di grandi compagnie energetiche che monopolizzano l’importazione di gas e la produzione di energia elettrica determinando condizioni di veri e propri “abusi di potere di mercato”.

Qui sta il vero “peccato originale” che ha determinato la bolla speculativa sui prezzi dell’energia che abbiamo vissuto negli ultimi tre anni e che consiste nell’aver indicizzato-collegato le nostre bollette al prezzo del gas TTF di Amsterdam che è un mercato finanziario-speculativo sul quale non vengono neanche registrate le quantità effettive di gas scambiate che comunque sono del tutto irrisorie ed irrilevanti.

Per almeno due decenni (e fino all’ultimo trimestre del 2020) il prezzo internazionale del gas sul TTF di Amsterdam si è mantenuto in linea con i prezzi all’importazione dello stesso gas pagati effettivamente dalle imprese energetiche. Questo dato statistico risulta pressoché simile per tutti i Paesi europei, fatta esclusione della Francia, per la quale il gas conta molto meno vista la presenza delle sue 64 centrali nucleari con le quali produce oltre l’80% della sua elettricità che, per altro, esporta in Italia con ben quattro centrali dedicate al nostro fabbisogno di elettricità e collocate a pochi chilometri dalla frontiera di Ventimiglia.

A partire dal gennaio 2020 il TTF di Amsterdam ha cominciato ad impennarsi e questo andamento avrebbe dovuto mettere subito all’erta tutte le Agenzie Antitrust europee. Al contrario, da quasi tre anni abbiamo assistito ad un loro silenzio assordante. Qui limitiamo le nostre stime al caso dell’economia italiana, anche se le interdipendenze dell’Unione europea potrebbero portare a stime di costo superiori.

Chiariamo subito un punto fondamentale di teoria economica, per altro noto alle ultime tre generazioni di economisti (italiani e non) dovuto a quel grande “maestro” che è stato Paolo Sylos Labini. Egli infatti, negli anni cinquanta del secolo scorso, pubblicò la pietra miliare del suo contributo scientifico che è “Oligopolio e progresso tecnico”. Sulla base del precedente contributo di Paul Sweezy (Curva di domanda spezzata in oligopolio) Sylos-Labini, esaltando al meglio la lezione del suo maestro Joseph Schumpeter ed affondando le radici nel padre dell’economia David Ricardo, chiarì infatti, in modo pressoché definitivo, che il mercato di concorrenza perfetta si trova assai raramente nella realtà e forse esclusivamente sugli antichi libri di testo. La concorrenza perfetta infatti porta sempre ad un equilibrio di lungo termine nel quale il prezzo di vendita si colloca nel punto di minimo dei costi medi che, in quello stesso punto, interseca anche il costo marginale. Ne consegue che il consumatore paga il minimo prezzo possibile, data la tecnologia, e l’impresa realizza soltanto il minimo di profitto necessario a remunerare l’attività dell’imprenditore. Nella realtà dei mercati moderni invece domina la struttura della concorrenza monopolistica e più diffusamente quella dell’oligopolio, concentrato o differenziato che sia.

Pertanto, nei mercati esiste il potere di mercato dei produttori e, se sono coalizzati in forme esplicite od implicite, si determinano situazione di abuso di potere di mercato. Pertanto, la teoria economica non parla affatto di extra-profitti ma semplicemente di profitti eccezionali derivanti da abusi di potere di mercato. Non a caso in tutte le economie di mercato e negli Stati liberali si sono costituite le Agenzia Indipendenti per la Concorrenza ed il Mercato che dovrebbero essere le vestali con il compito esclusivo di prevenire, denunciare e sancire prontamente ogni caso di abuso di potere di mercato.

Ecco allora che, chi volesse sostenere che l’enorme rimbalzo del prezzo del gas del TTF di Amsterdam, “trasferito” nelle bollette di gas e luce fatte pagare a famiglie ed imprese, non sia altro che una normale situazione di mercato dove il prezzo va ad uguagliare il costo marginale, determinando il legittimo massimo profitto di impresa, dovrebbe leggere e capire meglio gli ultimi settanta anni di teoria economica dei mercati.

Ma nel caso specifico c’è anche un altro punto da chiarire.

Il costo marginale infatti è il costo dell’ultimo metrocubo di gas acquistato dalle imprese energetiche e rivenduto poi al mercato finale. Ebbene, il costo dell’ultimo metrocubo di gas acquistato da queste imprese è esattamente il prezzo che loro dichiarano e pagano al passaggio della dogana nazionale. Non è il prezzo del TTF di Amsterdam, mercato sul quale non comprano neanche un metro cubo di gas perché, come tutti sanno, è un semplice mercato speculativo finanziario che semmai fornisce indicazioni sulle intenzioni “future” di venditori e compratori. Non a caso quella appena un po’ significativa è la quotazione “future”.

Ecco allora che il costo marginale delle imprese è il prezzo dichiarato alle dogane.

Anche questo può ovviamente aumentare ma sulla base di contratti a medio-lungo termine relativi alle quantità di gas che poi effettivamente passano dai tubi o dalle navi. Ecco allora che, a parità di profitti preesistenti nelle imprese energetiche, le bollette avrebbero dovuto aumentare secondo il prezzo del gas all’importazione e non secondo il fantomatico TTF.

C’è infine un ulteriore aspetto. L’aumento del prezzo del gas ha determinato un pari aumento dell’energia elettrica anche se in Italia con il gas si produce soltanto il 40% dell’elettricità. Altro abuso di potere di mercato dentro il precedente abuso di potere di mercato.

Partiamo allora dai dati.

Nella Fig. 1 abbiamo riportato il prezzo del gas al TTF di Amsterdam e quello registrato al passaggio delle dogane, via tubo o via nave. Questo grafico è per altro riportato nella Nadef del 27 settembre scorso a pag.2 come fig. I.2 ed il dirompente effetto scatenato sulle altre materie prime è riprodotto nelle pag. 22 e 23 come fig. II.1 e II.2.

Nel quarto trimestre del 2020 i prezzi del gas sul TTF ed all’importazione in Italia erano sostanzialmente simile e attorno a 19 euro a MGWH. Per questo abbiamo posto quel dato pari a 100 ed abbiamo posto così a confronto i due andamenti. Come si vede chiaramente, nel terzo trimestre di quest’anno i due indici si riavvicinano, anche se il TTF continua a rimanere leggermente più alto.

Questa figura esprime visivamente la “bolla speculativa” e mostra che l’ondata speculativa è partita un anno prima dell’invasione russa dell’Ucraina e che la guerra l’ha certamente rafforzata impedendone la sua discesa, come tutti i previsori andavano dicendo sul finire dell’anno 2021.

Ci siamo allora chiesti quale sarebbe stato l’andamento dell’economia e della finanza pubblica italiana se l’aumento delle bollette fosse stato riferito al prezzo doganale invece che, come fatto con l’indicizzazione, al fantomatico prezzo del TTF.

Nella Tav.1 abbiamo indicato i dati storici che abbiamo avuto dal 2021 al 2023 e che hanno incorporato la bolla speculativa, la conseguente ondata inflazionistica e gli aiuti di Stato per circa 100 miliardi di euro che sono stati dati alle imprese energetiche, mascherandoli da aiuti a famiglie ed imprese… Per far pagare parte delle bollette dal bilancio dello Stato facendo schizzare in alto il deficit dopo che era stato enormemente aumentato per i sussidi ben più necessari ed urgenti per fronteggiare la crisi da Covid.

Nella Tav. 2 riportiamo i risultati della nostra simulazione controfattuale che invece incorpora un andamento delle bollette di gas ed elettricità collegato ai prezzi doganali in base ai quali le compagni energetiche avrebbero conseguito un livello di profitti esattamente pari a quello di tutti gli anni precedenti. Di conseguenza non avremmo avuto lo tsunami inflazionistico e non avremmo dovuto addossare al Bilancio Pubblico 100 miliardi di sussidi serviti per pagare il balzo di profitti conseguenti dall’abuso di potere di mercato.

Nella Tav. 3 presentiamo, per differenza, la nostra stima del “costo” che si è determinato dal 2021 al 2023 sull’economia italiana.

Come si vede dalle Tavv.2 e 3, l’economia italiana ha subito un costo in termini di minore crescita 2021-2023 che le nostre stime indicano pari al 2,1% di Pil reale, cioè oltre 77 miliardi di euro, con una perdita di 210.000 posti di lavoro.

Sul fronte del bilancio pubblico, abbiamo subito un maggior deficit di 4 miliardi nel 2021, quasi 105 miliardi nel 2022 e 60 miliardi nel 2023. In percentuale del Pil, il deficit sarebbe quindi stato al 5,5% nel 2022 ed al 3% in questo 2023.

Il debito pubblico sarebbe stato inferiore di quasi 170 miliardi di euro ed in percentuale del Pil sarebbe oggi pari a meno del 135%. Minore deficit e debito avrebbero anche contenuto gli oneri per interessi a carico del bilancio pubblico. L’inflazione non sarebbe salita oltre il 4,5% nel 2022 ed oggi sarebbe al 3,5%.

In sintesi, senza questo “costo” da bolla speculativa e ondata inflazionistica alimentata da abuso di potere di mercato, la finanza pubblica italiana sarebbe oggi in condizioni molto più solide e le prospettive della legge di bilancio per il 2024 e per gli anni successivi sarebbero molto meno stringenti di quelle che ci troviamo oggi a fronteggiare.

Va infine aggiunto un ulteriore elemento che grava sulle condizioni economiche e finanziarie del 2023 e che riguarda l’impatto del bonus 110% che, sulla base delle recenti analisi della Banca d’Italia, ha avuto un impatto di sostegno all’economia inferiore al costo che si è evidenziato ex-post in termini di finanza pubblica con uno stock di crediti di imposta che appare non facile da riassorbire in termini di un maggiore debito di oltre 100 miliardi di euro più o meno latente.

Dal 2021 al 2023 l’Italia ha fatto quindi due manovre per un totale di 210 miliardi di euro. Infatti, sono stati spesi 100 miliardi per dare sussidi a famiglie ed imprese per pagare le bollette e quindi per finanziarie extra-profitti da abuso di potere di mercato delle imprese energetiche e 110 miliardi per ristrutturare a spese dello Stato e quindi del futuro contribuente circa il 2% del patrimonio immobiliare italiano (come ha detto Banca d’Italia) spesso posseduto da fasce di reddito medio-alto.

Su questa base poggiano i ristretti limiti della legge di bilancio 2024. Ed è per questo che il dibattito sul passaggio da mercato “protetto” a mercato “libero” è nei dati prima indicati una mistificazione collettiva.

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