Intervenendo a un evento dell’Atlantic Council, il presidente israeliano difende la scelta di rispondere militarmente all’attacco di Hamas. E rimarca l’importanza del processo di pacificazione dopo la fine delle operazioni delle Idf
Isaac Herzog guarda al futuro. Intervenendo ad un evento organizzato dall’Atlantic Council sul conflitto tra Israele ed Hamas attualmente in corso e sui suoi impatti sulla politica interna e su quella estera, il presidente israeliano delinea la propria visione sulla situazione, e le sue prospettive su cosa accadrà dopo al termine degli scontri.
È un’opinione importante, al di là della voce da cui proviene, perché proprio in queste ore un op-ed del consigliere per la Sicurezza nazionale israeliano, Tzachi Hanegb, segnala che il governo Netanyahu potrebbe ammorbidire la sua resistenza a far controllare Gaza all’Autorità palestinese dopo la guerra L’articolo, pubblicato dal sito di notizie Elaph, di proprietà saudita, afferma anche che Israele è impegnato a ricostruire Gaza, insieme ai palestinesi, alla comunità internazionale e alle imprese private, descrivendo la campagna militare per rovesciare Hamas come la liberazione della Striscia dal regno del terrore del gruppo.
Il processo di pacificazione post-conflittuale vedrà, secondo il presidente israeliano, probabilmente coinvolta “un amalgama di forze” provenienti dagli attori regionali, capace di infondere ottimismo per il futuro. “Dobbiamo ragionare attentamente su chi esattamente comparteciperà alla formazione di questo contingente per prendere il controllo di Gaza. È una domanda complicata perché, finché non c’è una risposta, solo Israele può assicurarsi che il terrore non si propaghi ancora e ancora e ancora da quell’area”.
Tale tematica è stata uno dei pilastri principali tra gli argomenti dei colloqui avuti dal consigliere per la Sicurezza nazionale statunitense, Jake Sullivan, e la leadership israeliana, svoltisi la scorsa settimana. Herzog sottolinea che qualsiasi forza esterna deve operare in modo energico, e che gli israeliani devono avere la certezza che le altre nazioni non “staranno sedute a guardare” mentre permettono ad Hamas e ad altri gruppi di operare impunemente.
Ricordando anche che negli ultimi due anni Israele ha aperto i suoi confini e ha fatto entrare ben oltre ventimila palestinesi al giorno per lavorare in Israele. “Si è scoperto che molti di loro hanno raccolto informazioni su datori di lavoro, città, paesi e villaggi israeliani che poi sono andati ad attaccare” ha detto Herzog. Che quindi si domanda: “Come si fa a creare una vera economia e un vero futuro a Gaza senza odio?”.
La domanda sul futuro, frutto delle riflessioni israeliane e delle pressioni statunitensi sin dall’inizio dell’invasione, crea un presupposto per ragionamenti sul presente. “So cosa dice il mondo. Vedo l’ondata di lamentele su TikTok e su altri siti web e piattaforme digitali, e vedo che le informazioni che arrivano da Gaza di solito sono a dir poco scorrette” afferma Herzog.
Il capo di Stato denuncia il forte odio espresso contro Israele sui social “da parte di persone che non hanno approfondito i fatti fondamentali e le cause alla radice di questo conflitto”. Ma il presidente israeliano ammette anche le carenze dei servizi di sicurezza israeliani nell’anticipare l’attacco del 7 ottobre, difendendo tuttavia i soldati di Tel Aviv all’indomani dell’episodio dell’uccisione dei tre ostaggi israeliani, e ricordando come in precedenza miliziani di Hamas avevano portato avanti attacchi contro le Idf pretendendo di essere ostaggi israeliani, e respinge l’idea che Israele abbia inutilmente messo a rischio vite civili attraverso quelli che i critici hanno definito bombardamenti indiscriminati.
“Tutte le nostre attività sono seguite molto da vicino dai consulenti legali. Penso che siamo uno degli eserciti con più avvocati in ogni unità. Controlliamo tutti gli obiettivi. Avvisiamo le persone in anticipo. Inviamo milioni di volantini. Inviamo milioni di messaggi di testo. Chiamiamo le persone. Diamo loro ore per prepararsi”.
Per Herzog gli obiettivi militari dell’operazione a Gaza rimangono l’annichilimento di Hamas e la liberazione degli ostaggi: quest’ultimo obiettivo sarebbe stato molto più difficile da raggiungere in assenza dell’operazione militare, e che è anche grazie a questa se 121 ostaggi sono già stati rilasciati, anche se 129 sono ancora nelle mani del gruppo terroristico guidato da Yahya Sinwar.