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Le radici della fratellanza. L’EuPolitica nel nome di Moro, Papa Francesco e don Milani

Di Mario Castellana

Riceviamo e pubblichiamo la prefazione di Mario Castellana al libro Spirito e Popolo del giurista Angelo Lucarella (Nuova Palomar, pagine: 112; prezzo: 15,50 euro). L’enciclica Fratelli Tutti, le famose convergenze parallele morotee e il motto I care di milaniana memoria sono solo alcune delle gocce di cristianità a cui Lucarella fa richiamo per giungere al concetto di EuPolitica che, come l’autore stesso definisce, “non appartiene al futuro, non è il presente e non nasce dal passato. Semplicemente trascende luoghi, persone e tempo”

In un momento in cui si stanno riaffacciando minacciosi scenari che si pensavano ormai appartenere al nostro passato come i venti di guerra alle porte dell’Europa, anche se  in varie parti del mondo ci sono sempre stati, si sente la necessità di interrogarci su tale stato di cose e di prendere in debita considerazione il fatto che ancora come intera umanità non abbiamo “fatto tesoro”, nel senso biblico dei Proverbi, dei continui e tragici errori del passato comportandoci da “sciocchi”; non ci siamo educati a ricavarne quella che con Primo Levi si può chiamare “la miglior merce”, cioè la presa di coscienza di poter avviare un percorso teso a prendere atto su larga scala che “la guerra è un fallimento della politica e dell’umanità”, come spesso ha sostenuto in questi ultimi tempi Papa Francesco che ci invita con tutte le sue forze a mettere in atto processi per un nuovo Antropocene, basato su logiche comunitarie di più ampio respiro.

E tale idea di fondo è condivisa  da diverse figure di altro orientamento, come ad esempio Edgar Morin e Mauro Ceruti, i cui sforzi sono orientati a farci “svegliare” e a produrre degli anticorpi di natura cosmopolitica in grado di farvi fronte date le diverse sfide impellenti ormai sempre più di livello planetario che ci aspettano.

Ma per arrivarci diventa sempre più necessario ripensare ab imis la condizione umana a partire  anche dalle situazioni anche più estreme, come dicevano all’unisono figure come Pavel Florenskij ed Etty Hillesum  le cui esperienze di vita ancora invitano a farci “cuori pensanti” dell’oggi  “vivendo il tempo che ci è stato dato con le sue difficoltà” come diceva Aldo Moro; queste tre figure, pur appartenendo a mondi diversi ma accomunate da eventi tragici, ci consegnano un percorso certamente non facile da prendere come punto di riferimento per irrobustire la nostra coscienza del fatto, come ben aveva messo in evidenza Don Milani, che “il fine giusto è dedicarsi al prossimo. E in questo secolo come vuole amare se non con la politica o con la scuola?”.

E oggi il nostro “prossimo” si sta rivelando in tutta la sua cogenza essere non solo il genere umano ma la Terra, chiamata non a caso da alcuni studiosi come Michel Serres “biogea” nel suo complesso con tutti gli esseri viventi che la popolano bisognosi di diverse attenzioni e cura, grazie alla coscienza che “tutto è interconnesso” come si afferma nella Laudato sì; per questo diventa sempre più necessario “riatterrare” su di essa, a dirla con Bruno Latour, dotati però di ben altri strumenti, rispetto al passato, che dobbiamo continuamente forgiare per irrobustire i nostri orizzonti cognitivi e sociali.

Ma per poter tradurre tali orizzonti in pratiche quotidiane di vita ed intervenire più adeguatamente, occorre farci “cuori pensanti” degli “strazi” inferti sia a noi stessi che alla Terra, come dicevano quasi all’unisono Etty Hillesum e Pierre Teilhard de Chardin;  e tale approccio richiede una continua educazione e un’azione politica rinnovate sin dal profondo da richiedere un coinvolgimento di ogni singolo individuo per diventare patrimonio collettivo, per entrare a far parte  integrante di un progetto frutto di una stretta collaborazione tra “spirito e popolo”, nel senso avanzato da Angelo Lucarella in questo suo scritto, dove si dà voce ad un sentimento diffuso, ma non adeguatamente praticato per far sì che ragione ed azione, idee e menti si sentano avviate in un comune percorso non certo facile, ma foriero comunque di cambiamento.

E quando storicamente questo ha avuto luogo, il che avviene a volte solo dopo drammatiche vicende quando invece dovrebbe essere costitutivo della condizione umana ad ogni livello, si sono messi in moto processi  di rigenerazione ab imis come la nostra Costituzione, i cui principi ispiratori vanno continuamente alimentati, vissuti e nutriti per le inedite sfide emergenti.

Tali sono alcune idee di fondo che guidano questo breve e agile lavoro di Angelo Lucarella e non è dunque un caso se sono state messe all’incipit di  Spirito e popolo queste significative frasi di Don Milani, Aldo Moro e Papa Francesco, le cui indicazioni costituiscono un vero e proprio lievito per essere state programmaticamente fatte proprie; ed ogni scritto ne è un singolare attraversamento con l’andarci dentro per farne venire fuori diverse potenzialità  e nello stesso tempo una presa in carico sul piano umano più generale delle loro esperienze di vita. E questo è dovuto al fatto che tali figure, chiaramente con diversi intenti,   hanno saputo interpretare ed interpretano “i segni dei tempi”, che poi è il fine di ogni presa di coscienza nel dare poi adito ad azioni conseguenziali; esse permettono di avere uno sguardo d’insieme di tali scritti  apparsi in varie  occasioni e con diverse finalità, e nello stesso tempo forniscono gli strumenti per tramutarsi nel percorso dell’autore  in significative “gocce di esperienze” in quanto ritenute ricche di una non comune spiritualità, “gocce” che si ritiene di far condividere dato che hanno avuto nel proprio vissuto un non secondario peso esistenziale.

Le loro esperienze vengono, infatti,  interrogate nelle diverse pieghe e ritenute degli indispensabili modelli di riferimento  per poter avviare su sentieri più solidi i diversi cammini intrapresi col potenziarli di principi di fondo, che la nostra società, in preda alla dittatura del presente e definita da più parti “orizzontale”, tende ad appiattirli col renderli innocui e a privarli di un rinnovato senso di cui si avverte un disperato bisogno.

Nonostante la  giovane età  dell’autore e grazie anche a delle esperienze maturate in altri contesti lavorativi e non, tali scritti   denotano una non comune metabolizzazione dei principi di fondo che hanno guidato  l’operato di tali figure che li hanno incarnati nelle scelte strategiche  compiute e a volte non comprese debitamente o quasi rimosse in quanto comportano dosi di rinnovata responsabilità nei confronti del reale che ci circonda; e se esse ci vengono proposte nel renderle compartecipi del suo percorso non solo di vita  e quasi continuo nutrimento insieme teorico ed esistenziale anche per chi le leggerà, è dovuto anche al fatto che Angelo Lucarella, come nativo digitale, in primis avverte sulla propria pelle i diversi rischi  che corriamo se non si riesce ad “indirizzare la via dell’umanità” su nuovi binari che abbiano come finalità “l’elemento di verità per la vita umana”, che spesso le nuove tecnologie della Rete svuotano di senso e dei reali significati col mettere da parte le questioni cruciali della vita.

In  Spirito e popolo si cerca, pertanto, di costruire un percorso per far fronte a posizioni nichilistiche che in diversi settori negli ultimi decenni hanno dato alito a idee che mettevano in dubbio le nostre capacità di raggiungere il reale e di dargli adeguata voce, quando per esempio si possono considerare, come viene scritto in modo lineare, scienza e fede come “due facce della stessa medaglia: l’empirismo della divinità” ed evitare di cadere in un “buco nero” rappresentato dal fatto che si fallisce quando si crede in “ciò che convenzionalmente e concettualmente non si può spiegare”.

Le pagine di Spirito e popolo sono un invito costante a trovare insieme “la radice della fratellanza” e a “costruire un nuovo comunitarismo” come impegno da parte di tutti a partire dal mettere al primo piano le questioni per le quali siamo diventati uomini, come la domanda del “perché ci siamo?” attraverso una lettura del racconto biblico del “gemellicidio” perpetrato da Caino nei confronti di Abele per spiegare i continui venti di guerra.

A tale sfida non ci si può sottrarre pena il venir meno delle stesse istanze democratiche, il cui “ritardo” per Angelo Lucarella è dovuto al fatto che abbiamo dimenticato che “la pace è una conquista dell’umanità”  e non uno “stato naturale”, è un percorso tutto da costruire e teso a far venire meno le istanze bellicistiche. Viene sollecitato in questo nei vari scritti da una non comune lettura delle encicliche, e soprattutto dell’ultima Fratelli Tutti, di Papa Francesco  per evidenziare l’apporto a volte radicale  dell’esperienza di fede, la cui “attualità” è nella “fermezza” con cui si gettano i semi di un percorso teso alla “speranza del bene”, per un percorso di pace che porti alla “sconfitta del male” e verso nuove forme di integrazione; ma essendo la pace il frutto di un percorso pieno di difficoltà di ogni genere “non  basta credere”, ma è necessario “iniziare a coltivare” il terreno  con l’esempio tratto dall’esperienza, insieme politico-religiosa, di Don Milani con i suoi ragazzi sino a segnare un punto di non ritorno in ambito educativo e non solo.

Non è dunque un caso che questo assetarsi con le “gocciole”, tratte da Fratelli Tutti, abbia permesso ad Angelo Lucarella  di guardare soprattutto ad Aldo Moro, visto come un uomo che seppe interpretare  e “cogliere con prontezza i segni dei tempi” con spirito costruttivo grazie al fatto di non avere avuto nessuna esitazione nel fare coniugare l’azione politica e la propria fede  come due lieviti-madre col rafforzarle entrambe e indicare così una strada da percorrere in un momento in cui le tradizionali ideologie stavano venendo meno; e questo  è stato possibile  grazie alla piena presa in carico da parte di Angelo Lucarella del messaggio di Don Milani che assegnava all’uomo politico il ruolo di “essere ultimo, non il primo degli ultimi” se è in grado come vero politico di “abitare (come direbbe Simone Weil) la sofferenza del prossimo per essere rivoluzionario nel quotidiano” senza distaccarsi dai ruoli istituzionali. Intendere la politica “anche religione nel senso che deve ragionare da ‘ultima’” deve essere, però, il frutto di un processo culturale che trova nell’esperienza cristiana il suo punto di partenza “perché  non c’è una politica senza cultura dell’ultimo”; e Aldo Moro si ritiene che l’abbia incarnata una scelta del genere con “la sua irrinunciabile ed ossessionata voglia di risollevare il prossimo” e di dare all’azione politica una forte tensione etica di fondo che gli ha permesso di guardare oltre in un mondo  ancora dominato da logiche nazionaliste.

Angelo Lucarella ci conduce dentro il composito universo dell’esperienza di vita e di pensiero di un politico che ha basato le sue scelte strategiche, molto laiche e a volte coraggiose, su una non comune “metodica politico-costituzionale” col mettere in atto una singolare “strategia dell’attenzione… che include ascolto e soprattutto silenzio”; esse vengono considerate frutto di un patrimonio spirituale ben metabolizzato, in funzione delle sfide da affrontare “per andare oltre la guerra” come il suo profetico progetto presentato alla conferenza di Helsinki del 1975 nel tentativo di dare ai vari popoli “gli strumenti per proteggere la pace, per comprenderla e incarnarla nelle dinamiche statali”.

In un momento in cui i populismi circondano le nostre vite inondandole di false promesse e di facili ma illusorie soluzioni, in  Spirito e popolo troviamo preziose indicazioni per irrobustire la democrazia grazie appunto all’analisi dell’azione lungimirante di Aldo Moro, con la fiducia che essa “non è sinonima di debolezza”, anche se è circondata da continue insidie, o semplice gestione del potere. E con parole dello stesso.

Angelo Lucarella si può dire che essa è il frutto di “tre momenti di innaffiamento: consapevolezza di fronte alla realtà sociale e politica; rinuncia ad una posizione passiva e cioè alla difesa pura e semplice del potere;  prontezza a cogliere i segni dei tempi”. E questo è il lascito più proficuo di tale suo percorso anche perché ci viene proposto in tutta la sua cogenza da un nativo democratico che ha a cuore più che mai le sorti della democrazia ed è impegnato su più fronti nel difendere e nell’attuare i principi della Costituzione in vari ambiti; pertanto, il suo continuo abbeverarsi alla fonte di Siloe che è la Costituzione italiana e a coloro che l’hanno ideata e perseguita sino al sacrificio della loro vita può rivelarsi un ottimo antidoto alle pulsioni populistiche sempre in agguato.



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