“Una regolamentazione e un’applicazione più rigorosa possono aiutare a raggiungere gli obiettivi climatici, ma abbiamo bisogno che i produttori di petrolio e gas considerino la responsabilità climatica come fondamentale per la loro credibilità sociale”. Intervista a Flavia Sollazzo, senior director per la transizione energetica di Environmental Defense Fund Europe
Si è avviata la Conferenza delle Parti 28 tra scetticismo e dubbi sul Paese “petrolifero” ospitante. In questi giorni si sono sottolineate anche le contraddizioni tra le politiche “adottate” a passi forzati dai Paesi industrializzati per finanziare le rinnovabili e quelle dei grandi Paesi che, per ragioni di dimensione e di storia sono destinati a crescere prevalentemente con energie fossili, persino carbone. Di questo, del ruolo dell’Italia e dell’Europa, e non solo ne parliamo con Flavia Sollazzo, senior director per la transizione energetica di Environmental Defense Fund Europe.
Perché state insistendo sul metano?
Come viene ribadito da tanti e anche dal Presidente dell’Environmental Defense Fund, Fred Krupp “Cop28 è un’opportunità per galvanizzare il cambiamento, spingendo il mondo dall’ambizione climatica all’azione per il clima”. Per un lungo periodo nella transizione alle fonti rinnovabili, resteranno importanti nel mondo le fonti fossili e sopratutto il gas (nasconderselo o esorcizzarlo corrisponde a nascondersi dietro ad un dito e, fino ad allora lasciare che le emissioni della filiera oil & gas danneggino il clima e la nostra salute). Il metano è uno dei gas climalteranti più importanti (almeno 80 volte più della CO2, specialmente nel breve periodo) responsabile del 30% del riscaldamento globale dalla rivoluzione industriale: pur meno “attenzionato”, è responsabile di circa mezzo grado di riscaldamento globale. Per questo ridurre rapidamente le emissioni di metano nel breve termine è fondamentale per limitare l’aumento della temperatura e migliorare la qualità dell’aria.
Le emissioni di metano provengono principalmente da tre settori: combustibili fossili (petrolio, gas e carbone), agricoltura e rifiuti. Il settore oil & gas è quello sul quale è più “facile intervenire” e ottenere risultati già nel breve periodo. Per questo motivo, per avere un reale impatto entro i tempi stabiliti a livello mondiale dall’accordo di Parigi e a livello europeo dal Green Deal e dal Fitfor55.
Risultati?
Dalla firma del Global Methane Pledge (impegno globale per la riduzione del metano) lanciato alla Cop26, sono oggi mancati progressi tangibili rispetto agli obiettivi di ridurre le emissioni del 30% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2020. Nonostante il numero di firmatari sia passato da 100 a oltre 160; un recente studio che ha coinvolto la mia collega Maria Olczak ha rivelato che solo il 13 per cento circa delle emissioni globali di metano sono coperte da politiche di mitigazione.
Ma cosa si è ottenuto fino ad ora? Da dove partiamo?
L’Ue sta per approvare una legislazione unica nel suo genere per contenere le emissioni di metano all’interno e ben oltre i suoi confini. Il regolamento Ue sul metano stabilisce nuovi limiti rigorosi alle emissioni derivanti dalle attività legate ai combustibili fossili nei 27 Stati membri. Standard severi si applicheranno anche alle importazioni dai numerosi esportatori di petrolio, carbone e gas naturale che riforniscono l’Ue. Con il regolamento, l’Unione Europea ridurrà in modo significativo le emissioni di metano associate al consumo di combustibili fossili, dove – appunto – si possono ottenere vittorie molto rapide. In qualità di principale importatore di gas al mondo, attraverso questo nuovo regolamento, l’Ue sta sfruttando la propria influenza per favorire riduzioni globali e in vista della Cop28, dove il tema dei combustibili fossili sarà di grande rilevanza, questo è un passo di valore. Come sappiamo, la Cina ha presentato il tanto atteso piano di riduzione del metano e gli Usa hanno annunciato ulteriori nuove regole per i produttori di petrolio e gas.
Se l’Ue riuscirà a far fare ulteriori passi avanti, durante questa controversa Cop28, potremo sperare nella nascita di un’era di maggiore presa di responsabilità, cooperazione e collaborazione a livello globale. Staremo a vedere…
Quindi l’Europa cosa altro può fare e, aggiungo, cosa può fare l’Italia?
L’accordo dell’Ue sulle emissioni di metano dal settore energetico è già storico di per sé e ha il potenziale di cambiare le carte in tavola. L’Ue, in qualità di maggiore importatore di gas naturale al mondo, può usare la sua influenza per esigere standard più elevati dai produttori che esportano nel blocco.
Uno studio International Energy Agency (Iea) ha rilevato che l’80% delle misure di riduzione del metano praticabili sono nel settore petrolifero e del gas, un taglio del 50% delle emissioni di metano (sono risorse non disperse, ergo guadagni) entro il 2030 potrebbe evitare un aumento di 0,50°C delle temperature globali entro la fine del secolo. Se altri grandi importatori di combustibili fossili seguissero le orme dell’Ue sarebbe una rivoluzione!
L’Italia è già riuscita a ridurre le emissioni fuggitive in modo significativo rispetto ad altre regioni del mondo, il governo ha inserito l’impegno di riduzione nel Piano Nazionale Energia e Clima (Pniec). Se questo impegno continuerà e si perfezionerà ancora, anche attraverso l’inserimento di specifiche clausole in quanto da prevedere nel Piano Mattei – qualora si dovesse confermare il ruolo di hub del gas nel mediterraneo – potrà diventare un esempio di sicurezza energetica e ambientale anche attraverso l’importazione, il trasporto e la distribuzione minimizzando al massimo le emissioni del settore.
Occorre fare ancora di più? Voi cosa avete intenzione di fare?
Sì, occorre fare di piu’! Questa è solo la linea di partenza. È ancora necessaria una maggiore ambizione su obiettivi, tempistiche e applicazione da parte sia dei politici che delle stesse aziende energetiche critiche.
L’azione volontaria per ridurre le emissioni è stata limitata e attuata troppo lentamente, dato l’enorme potere riscaldante del metano – così “non si può continuare e l’Ue e l’Usa stanno finalmente attuando misure concrete. Dove questo non succede, le aziende devono autoregolamentarsi in modo sostanziale, aggiornare le proprie pratiche operative e condurre attivita’ di monitoraggio e potocolli di rilevamento e riparazione delle perdite regolari e completi. Come sappiamo, è economicamente fattibile, riduce gli sprechi, migliora la sicurezza energetica e offre importanti vantaggi climatici.
Ed è qui che entra in gioco la tecnologia. Esiste un enorme potenziale di innovazione, reso possibile dalla politica e guidato dal settore energetico. In questo settore le tecnologie avanzate di monitoraggio stanno aprendo una nuova era di trasparenza.
Questo è il momento, per l’industria dei combustibili fossili, di reindirizzare le proprie risorse e competenze verso tutte quelle azioni che oltre ad essere ambientalmente vantaggiose possono ripagarsi da sole prevenendo sprechi e inefficienza.
Anche la cooperazione globale sulle metodologie e sull’infrastruttura dei dati è fondamentale: iniziative come l’Osservatorio Internazionale sulle Emissioni di Metano (Imeo) del programma ambientale delle Nazioni Unite (Unep) guidano la creazione di dati dove l’intervento è più carente, fornendo approfondimenti per le diverse regioni.
Come si fa a sapere come stanno veramente le cose in tutti i punti del mondo?
Lasciate che vi faccia un esempio di qualcosa che stiamo facendo all’Edf e di cui siamo molto entusiasti: all’inizio del prossimo anno lanceremo un satellite, chiamato Methanesat. Uno strumento che rivoluzionerà il modo in cui interagiamo con i dati, trasformando le emissioni invisibili in informazioni visibili. Questo satellite rappresenta un salto di qualità in avanti, perché è in grado di individuare anche emissioni minime con le sue capacità di imaging ad alta risoluzione e precisione che si concentreranno su aree piccole fino a 1×1 km². Svolgerà una attività costante girando attorno alla terra 15 volte al giorno, fornendo un monitoraggio globale sulle emissioni in tempo reale per l’80-90% delle regioni di produzione di petrolio e gas nel mondo.
Questo tipo di precisione e frequenza sarà estremamente utile per il settore del petrolio e del gas aiutandolo a gestire e mitigare meglio il proprio impatto ambientale, nonché per i regolatori che utilizzeranno i dati per informare i requisiti normativi, essere un punto di svolta.
Sono molto fiduciosa riguardo alla direzione che prenderà tutto questo: si potranno compiere progressi accelerati nell’affrontare la crisi climatica. I politici ora devono muoversi e l’industria deve vedere questa come un’opportunità, farsi avanti e assumersi la responsabilità.
L’ultimo rapporto dell’Iea si rivolge all’industria del petrolio e del gas e Rende molto chiaro che continuare a fare business come al solito in mezzo al peggioramento della crisi climatica non è né “socialmente né ambientalmente responsabile”.
L’analisi si concentra sugli investimenti nelle tecnologie pulite: mostra che attualmente solo il 2,5% della spesa dei produttori di combustibili fossili è destinata alle tecnologie pulite. Per raggiungere gli obiettivi climatici è necessario aumentare tale percentuale al 50% entro il 2030, il che rappresenta un enorme passo avanti nell’ambizione.
Il punto è questo: una regolamentazione e un’applicazione più rigorosa possono aiutare a raggiungere gli obiettivi climatici, ma abbiamo bisogno che i produttori di petrolio e gas considerino la responsabilità climatica come fondamentale per la loro credibilità sociale. E con profitti elevati, è il momento che i leader del settore agiscano in tal senso: spostando i flussi di capitale verso tecnologie come le energie rinnovabili che offrono sostenibilità ambientale, e tenendo sotto controllo le emissioni di metano – ancora una volta, reindirizzando risorse e competenze verso l’individuazione e la riparazione delle perdite nelle catene di produzione e fornitura in tutto il mondo – azioni che possono ripagarsi da sole prevenendo sprechi e inefficienze.
Sono ottimista sul fatto che l’ago della bilancia stia iniziando a pendere a favore di un’azione significativa per il clima, ma dobbiamo diventare davvero seri: questa è una finestra di opportunità che non dobbiamo lasciarci sfuggire.