All’interno della Belt and Road Initiative, Pechino sta portando avanti lo sviluppo di infrastrutture portuali in Myanmar. Con lo scopo di fornire un accesso al mare alla regione dello Yunnan, di aggirare il “cappio” dello Stretto di Malacca e di offrire una base alle forze della Pla. Ma quest’operazione non è passata inosservata
La Cina ha riavviato i lavori per il suo porto in acque profonde sito sulla costa del Myanmar, così da garantirsi un punto d’appoggio nel Golfo del Bengala. Il progetto di questo porto, sostenuto in maggioranza dal conglomerato finanziario statale cinese Citic Group, è stato a lungo ritardato, ma sembra destinato a riprendere i lavori dopo che un addendum all’accordo di concessione è stato firmato martedì a Naypyitaw, la capitale del Myanmar, da rappresentanti di Citic e da esponenti della giunta militare birmana.
Il porto di Kyaukpyu e la sua Zona Economica Speciale sono fondamentali per il Cina-Myanmar Economic Corridor (Cmec): un percorso di 1.700 chilometri (parte della Belt and Road Initiative cinese), che collega Kunming, la capitale della provincia cinese dello Yunnan, a Kyaukpyu, un piccolo villaggio di pescatori di circa 50.000 abitanti situato nello stato birmano di Rakhine,nel Golfo del Bengala. L’area di Rakhine era già divenuta nota come la casa della comunità di minoranza musulmana Rohingya, vero i quali l’esercito e la maggioranza buddista del Myanmar sono stati accusati di commettere una pulizia etnica.I pescatori di Kyaukpyu continuano a protestare da tempo contro la distruzione dei loro mezzi di sostentamento e del loro habitat a causa del massiccio sviluppo della Cina.
Il budget per la Zes di Kyaukpyu è di 1,3 miliardi di dollari, mentre il budget per il porto è di 7,3 miliardi di dollari. I due progetti si estenderanno su 150 ettari sull’isola di Maday e 96 ettari sull’isola di Ramree nella municipalità di Kyaukpyu. I critici del porto temono che questo progetto farà cadere il Myanmar nella “trappola del debito” e lo costringerà ad assumere una posizione sottomessa per i decenni a venire; in questo modo, Kyaukpyu si occuperebbe meno dello sviluppo dell’economia del Myanmar in senso olistico e più della creazione di un nuovo collegamento economico, prevalentemente di proprietà cinese, che collega lo Yunnan cinese con l’Oceano Indiano a beneficio della Cina.
Il progetto è stato proposto per la prima volta nel 2007, ma da allora ha faticato a decollare. Le autorità del Myanmar sono sempre state scettiche riguardo ad un impegno così importante a favore della Repubblica Popolare. Anche la logica economica non è chiara. Gli esempi di massicci fallimenti all’interno della Bri, come il porto di Hambantota nello Sri Lanka e il corridoio economico Cina-Pakistan (Cpec), hanno reso il Myanmar diffidente nei confronti dei finanziamenti cinesi.
Prima del colpo di stato del 2021 c’erano numerosi progetti concorrenti in Myanmar, come il porto di Thilawa, appena a sud di Yangon, dove il Giappone è il maggior investitore. Il porto di Thilawa può gestire navi fino a 20mila tonnellate di portata lorda ed è visto come un’estensione del vicino porto di Yangon, sempre più sovraffollato a causa della recente crescita economica degli ultimi dieci anni. Il Giappone ha investito centinaia di milioni nell’espansione delle strutture del porto e di un parco industriale nelle vicinanze. Dopo il golpe militare del 2021 i principali attori internazionali e regionali come Adani Ports sono stati costretti a disinvestire dal Myanmar a causa delle sanzioni occidentali e il commercio si è ridotto enormemente, riducendo l’utilità dei porti.
Dal punto di vista finanziario, il costo del progetto, 7,9 miliardi di dollari, non ha senso per un paese come il Myanmar, il cui PIL è di circa 65 miliardi di dollari. Il governo dovrebbe prendere in prestito il 10-15% per contribuire con la sua quota, il che costituirebbe un grave onere per l’economia del paese. Il progetto sembra fatto apposta per la Cina, in un modo per fornire a Pechino un punto di accesso diretto al Golfo del Bengala e all’Oceano Indiano, fornendo uno sbocco sul mare alla provincia dello Yunnan per aumentare le sue esportazioni.
Oggi oltre l’80% dell’energia cinese passa attraverso lo Stretto di Malacca. Per entrare nello stretto, le navi aspettano il loro turno nel porto di Colombo, controllato esclusivamente dalla Cina. Arrivato il loro turno le navi attraversano il canale di dieci gradi delle isole indiane di Andamane e Nicobare attraverso la zona economica esclusiva dell’India per entrare nello Stretto.
Ora un ampliamento a Colombo è in costruzione da parte del gruppo indiano Adani con un partner locale dello Sri Lanka, finanziato dalla Development Finance Corporation del governo Americano. L’India sta anche investendo miliardi di dollari nello sviluppo di basi militari sulle stesse isole. Grazie agli accordi di difesa con gli Stati Uniti e alla tecnologia da loro fornita, l’India è in grado di individuare i sottomarini cinesi ed effettuare voli di ricognizione attraverso gli stretti di Malacca e della Sonda. Una volta completati i progetti infrastrutturali, l’India avrà un punto di trasbordo nella Grande Nicobare, costringendo tutte le navi ad attendere il proprio turno lì, in un porto indiano. Le forze navali del Quad (Usa, India, Australia e Giappone) potranno utilizzare le basi militari indiane, minacciando l’approvvigionamento energetico della Cina. Ma con un porto nel Golfo del Bengala, la Cina può trasportare petrolio e gas tramite oleodotti nello Yunnan e trasportare merci su strada o ferrovia evitando lo Stretto di Malacca. Gasdotti e oleodotti che collegano Kyaukpyu e Kunming sono già stati costruiti. La Cina aveva inizialmente provato a realizzare un progetto simile a Gwadar in Pakistan, ma una raffineria si era rivelata irrealizzabile e un oleodotto con più stazioni di pompaggio attraverso alte montagne a temperature gelide rendeva molto complesso il trasporto di petrolio e gas da Gwadar a Xinjiang. Sfruttare il Golfo del Bengala è rischioso, ma fattibile.
Anche ragioni militari potrebbero dare importanza alla logica di questo progetto. Il Tatmadaw (l’esercito del Myanmar) è molto scettico riguardo alle intenzioni della Cina e non consentirebbe il posizionamento di risorse del People’s Liberation Army cinese nel porto di Kyaukpyu. Il Tatmadaw ha anche rapporti cordiali con l’India e sarebbe riluttante a disturbare questa cordialità. Tuttavia il porto di Kyaukpyu è direttamente di fronte all’Ins Varsha, il comando orientale della Marina indiana vicino alla città di Visakhapatnam. Anche se il Tatmadaw si opponesse e all’utilizzo del porto di Kyaukpyu da parte della Pla, la sorveglianza e l’esercitare pressione sulle risorse indiane saranno ancora possibili da realizzare.
L’ascesa del porto di Kyaukpyu non solo apre le porte alla Cina nel Golfo del Bengala e nell’Oceano Indiano, ma aggiunge una nuova “perla” nella strategia del “filo di perle” della Cina. Pechino dispone già del porto di Hambantota nello Sri Lanka e di Gwadar in Pakistan, e anche di un’alleanza amichevole con il nuovo Presidente delle Maldive, un paese strategico nell’ oceano Indiano, di religione islamica e nettamente anti-indiano.
La Cina sta “dando priorità” all’estensione del corridoio economico Cina-Myanmar (Cmec) allo Sri Lanka, ha dichiarato l’inviato speciale del Paese Shen Yiqin al presidente dello cingalese Ranil Wickremesinghe durante un incontro avvenuto a fine novembre, come parte di una fase successiva del progetto Belt and Road. Ciò è fonte preoccupazione a Nuova Delhi, poiché Pechino sta cercando di creare centri di potere nel suo vicinato, manifestando così l’urgenza per il Quad di contrastare l’espansione della Cina nell’Oceano Indiano.
E ci sono considerazioni sulla tratta della droga. Lo stato Shan in Myanmar fa parte del triangolo d’oro delle metanfetamine. La connettività tra Yunnan e Rakhine aumenterà l’offerta di metanfetamina e rafforzerà ulteriormente l’economia criminale nell’area. È noto che la Cina facilita il commercio di fentanil e altri oppiacei nei paesi terzi (un tema che è stato oggetto di discussione nell’incontro tra il Segretario del Partito Comunista cinese Xi Jinping e il presidente statunitense Joe Biden). Non c’è motivo di dubitare che quest’ultima linea commerciale favorirà l’ulteriore sviluppo dello stato Shan come produttore di oppiacei.
Il nuovo addendum firmato ha aperto un vaso di Pandora di geopolitica globale, criminalità, corruzione, dittatori e genocidi. Come succede spesso a causa delle mosse del Dragone. Sembra che si tratti anche di un disastro ambientale con scorciatoie, terreni acquisiti con mezzi discutibili. La comunità internazionale deve intensificare il dialogo con la giunta del Myanmar, che è ancora scettica sulle intenzioni della Cina, per cercare di limitare i possibili danni.