Dalle sorti politiche della culla del Rinascimento (non quello saudita, sia chiaro) dipende anche il destino politico di Elly Schlein: una sconfitta maturata all’ombra di Palazzo Vecchio potrebbe infatti mettere a repentaglio la leadership della segretaria tanto quanto una débâcle nelle contestuali elezioni Europee
Il 2024 non sarà soltanto l’anno delle europee e delle regionali, no. Come se la trama delle candidature non fosse già ingarbugliata così com’è, a peggiorare la situazione ci si mette anche Firenze. Già perché, come volevasi dimostrare, alla fine il “sozzo bubbone” delle primarie è esploso anche sulla Rive Gauche dell’Arno.
Lunedì sera l’assemblea cittadina del Partito democratico riunita nella Casa del Popolo di San Bartolo a Cintoia ha deciso con maggioranza dell’81% che a scegliere l’aspirante sindaco Dem non sarà il “popolo dei gazebo”: a essere candidata sarà infatti l’assessora comunale al Welfare Sara Funaro, vicina al primo cittadino Dario Nardella. Quarantasette anni, psicologa di religione ebraica, nipote d’arte (suo nonno, Piero Bargellini, fu “il sindaco dell’alluvione” del ’66), Funaro dovrebbe poter contare sul supporto di Azione, +Europa, Volt, Psi, Verdi e Sinistra Italiana.
Attenzione però, perché l’appoggio del partito di Nicola Fratoianni è tutt’altro che scontato. Anche perché SI – contraria all’ampliamento dello scalo di Peretola e alla quotazione in Borsa di Multiutility Toscana, giusto per fare un paio di esempi – ha potere di veto sulla composizione della coalizione: ogni eventuale modifica – si legge nell’accordo firmato con il Pd alla vigilia dell’assemblea di lunedì scorso – dovrà essere presa all’unanimità. Niente assegni in bianco, dunque.
E Italia Viva? Che fra Renzi e il suo ex delfino Nardella i rapporti siano ai minimi termini è vicenda nota. E anche se i pontieri democratici – dal governatore toscano Eugenio Giani, al segretario cittadino Andrea Ceccarelli passando per quello regionale Emiliano Fossi – fanno sapere che “la porta è aperta”, l’ex Rottamatore sembra ormai orientato a mandare in campo Stefania Saccardi, numero due di Giani in Regione.
L’annuncio potrebbe arrivare già sabato, quando l’ex premier interverrà in conferenza stampa alle Murate. Un appuntamento annunciato su X con la chiosa: “Inizia una sfida fantastica”. Che il leader di Italia Viva sia ben poco convinto dalla mossa del Pd si evince chiaramente dall’editoriale a sua firma pubblicato oggi dal Riformista: “La città che ha prodotto il cambiamento della rottamazione e della parità di genere – scrive il senatore di Rignano premettendo che di Firenze, lui, non vorrebbe “quasi parlare” – ha scelto di rifiutare le primarie per blindare la candidata imposta dal sindaco uscente”. E qui, giù con l’affondo: “Quando i leader hanno coraggio, fanno le primarie. Quando i leader non hanno coraggio, non solo non fanno le primarie, ma in verità non sono neppure leader”. Resta ora da capire cosa accadrebbe in Regione se Saccardi decidesse di candidarsi: dovrà dimettersi dalla vicepresidenza, come sicuramente chiederà il Pd?
A portare acqua al mulino renziano potrebbe contribuire Cecilia Del Re, ex assessora all’Urbanistica e cintura nera di preferenze nel 2019, tagliata fuori dalla partita (e forse anche dal partito) dopo la decisione dei Dem di non indire le primarie. Decisione figlia di un “sistema patriarcale”, si sfoga Del Re che ora valuta l’avventura in solitaria con una lista civica o – per l’appunto – il gioco di sponda con Italia Viva.
Nel mezzo il Movimento Cinque Stelle, che per ora resta alla finestra continuando ad accarezzare la suggestione Tomaso Montanari già respinta al mittente dai democratici. Un rifiuto, quello opposto dal Pd alla candidatura dello storico dell’arte, che rischia ora di allontanare definitivamente i pentastellati – seduti oggi tra i banchi dell’opposizione nella Sala dei Duecento – da una già improbabile convergenza su Funaro.
Sulla sponda destra dell’Arno le acque sembrano invece molto più chete. Ottenuta la tanto desiderata cittadinanza italiana, il direttore degli Uffizi Eike Schmidt parla ormai da candidato sindaco del centrodestra, anche se per un eventuale scioglimento della riserva occorrerà attendere gennaio. Intervistato da Repubblica, con una piroetta lessicale a metà tra Franco Battiato e il Lucio Dalla di Disperato Erotico Stomp (praticamente una supercazzola, per restare in tema Firenze) Herr Direktor ha tenuto a specificare di sentirsi antifascista ma soprattutto “di centro, molto moderato, aristotelico di ispirazione politica”. Definizione incomprensibile ai più che ha però sortito l’effetto sperato di raccogliere un nuovo plauso da parte degli esponenti locali di Fratelli d’Italia e non solo.
Tramontata l’ipotesi dell’ex bomber della Fiorentina Batistuta (idea poco originale, perché ad averla per primo fu Guzzanti-Veltroni in un vecchio sketch di Parla con me del 2001) e anche quella del presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze Luigi Salvadori, in campo rimangono ben poche alternative. In panchina resta invece il presidente della Camera di Commercio Leonardo Bassilichi, pronto a riscaldarsi in caso di forfait del plenipotenziario uscente degli Uffizi: da qui al 9 giugno, un po’ di tempo c’è ancora.
In attesa di capire chi sarà lo sfidante di Funaro, una cosa è però già certa: se al centrodestra dovesse riuscire il colpaccio di sfrattare la sinistra dalla Sala Clemente VII sarebbe un risultato a dir poco storico. Specularmente, la perdita di uno degli ultimi baluardi ancora inespugnati del progressismo rappresenterebbe per il centrosinistra una batosta tremenda.
Come sottolinea Marianna Rizzini sul Foglio, perdere Firenze potrebbe peraltro innescare un effetto domino potenzialmente in grado di sfilacciare tutte le altre alleanze che il Pd sta a fatica cercando di comporre in vista delle amministrative. Qualche crepa si è già vista nelle ultime ore in Basilicata, dove +Europa ha deciso di contravvenire ai patti e sostenere il candidato di Volt, Eustachio Follia. Nomen omen? Lo scopriremo tra qualche mese.
Neanche a dirlo, dalle sorti politiche della culla del Rinascimento (non quello saudita, sia chiaro) dipende anche il destino politico di Elly Schlein: una sconfitta maturata all’ombra di Palazzo Vecchio potrebbe infatti mettere a repentaglio la leadership della segretaria tanto quanto una débâcle nelle contestuali elezioni Europee. Circostanza di non poco conto, se si considera che da qualche tempo le voci di una sostituzione in corsa della leader Dem con un redivivo Paolo Gentiloni di ritorno da Bruxelles si fanno sempre più insistenti. A quel punto, parafrasando l’indimenticabile Ivan Graziani, della segreteria del Nazareno potremmo dire: “Firenze, lo sai, è servita a cambiarla”.