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Il ponte sospeso. Il racconto di un’opera che non c’è più tra storia e narrativa

Di Stefano Lucchini

Nelle pieghe del tempo e della storia, questo episodio architettonico, il Ponte del Soldino, pieno di fascino e sorprese sembra essersi quasi addormentato, ma ancora sopravvive, come dimostra la ricerca che abbiamo fatto, tra giornali d’epoca, fonti più o meno nuove, quadri, fotografie e cartoline. Una ricerca che porta alla luce non solo la bellezza di Roma, ma anche i sentimenti che la guidano e l’immaginazione che la contraddistingue. Pubblichiamo l’introduzione a firma di Stefano Lucchini del volume “C’era una volta un ponte”, saggio a firma di Stefano Lucchini e Giovanna Pimpinella, e “Il ponte sospeso”, romanzo di Andrea Carlo Cappi, Palombi editori

Sono passati ottantadue anni da quando l’oggetto di questo studio, ovvero il ponte di ferro sospeso realizzato nel 1863 tra la chiesa di San Giovanni dei Fiorentini e la sponda di Trastevere di fronte a Palazzo Salvati, venne distrutto per essere sostituito, poco più avanti, da un solido ponte in pietra, più consono alla visione imperiale del regime fascista.

Eppure è ancora possibile trovarne i ricordi. Il Ponte del Soldino era sempre stato un luogo “precario”, costruito con tecniche e materiali nuovi e poco conosciuti per l’epoca, quindi visti con sospetto e scetticismo riguardo alla solidità e sicurezza del progetto.

Voleva rappresentare il salto verso la modernità che Pio IX stava intraprendendo con impegno, ma rimaneva un luogo incerto.

Così la sua natura effimera prese il sopravvento e lo trasformò nel non-luogo per eccellenza.

La caratteristica del pedaggio poi contribuì a renderlo ancora più unico, perché questo non-luogo aveva un guardiano, colui che richiedeva il soldino per l’attraversamento, e che rappresentava una sorta di Caronte che diventava sempre più povero man mano che la modernità avanzava, che il denaro valeva meno e che altri ponti venivano costruiti intorno a lui.

Ma ha una natura vitale il nostro Ponte, come dimostra il vivido ritratto che ne fa Annibale Angelini nel quadro che diventa ispirazione di questo studio. Qui lo troviamo dialogare attivamente con il popolo di Roma mentre gli si muove intorno. In una giornata dal cielo limpido, popolani, cittadini, barche, animali che si abbeverano alla fonte Lancisiana, anch’essa sparita, sono tutti indaffarati intorno al fiume placido e al ponte che permette di attraversarlo.

Nelle pieghe del tempo e della storia, questo episodio architettonico pieno di fascino e sorprese sembra essersi quasi addormentato, ma ancora sopravvive, come dimostra la ricerca che abbiamo fatto, tra giornali d’epoca, fonti più o meno nuove, quadri, fotografie e cartoline.

Una ricerca che porta alla luce non solo la bellezza di Roma, ma anche i sentimenti che la guidano e l’immaginazione che la contraddistingue.

E se prendiamo per mano questa immaginazione sarà lei che ci guiderà senza esitazione nel dare nuova forma ai ricordi, alle testimonianze, alle vecchie immagini così da rendere nuovamente vivo non solo il Ponte che non c’è più, ma tutto quello che c’era intorno e che rappresentava una Roma che non vogliamo dimenticare.


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