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Hta, così l’Ue lavora a un regolamento comune. Parla Roberta Rondena (Novartis)

Approvato nel dicembre 2021, il nuovo regolamento Hta punta a garantire un maggiore equilibrio tra accesso all’innovazione e sostenibilità del farmaco. Ma mancano ancora alcune condizioni affinché gli obiettivi della normativa non vengano vanificati. Intervista a Roberta Rondena, Value&Access Head di Novartis Italia

Attualmente l’Unione europea sta lavorando per implementare una regolamentazione comune sull’Health Technology Assessment (Hta), con l’obiettivo di armonizzare le procedure di valutazione delle tecnologie sanitarie tra i vari Stati membri al fine di migliorare l’efficienza e l’equità nell’accesso alle tecnologie sanitarie attraverso una collaborazione più stretta tra i Paesi membri a vantaggio dei cittadini. Ne parliamo con Roberta Rondena, Value&Access Head di Novartis Italia.

Cosa si intende per Hta e cosa comporta?

L’Health technology assessment (Hta), in riferimento al farmaco, può essere definito un processo multidisciplinare che, basato su evidenze scientifiche, sintetizza tutte le informazioni connesse all’utilizzo di un determinato farmaco in maniera sistematica, trasparente e imparziale. Sia da un punto di vista clinico, e dunque relativo alla sua efficacia e alla sua sicurezza, sia da tutti gli altri punti di vista, ossia etici, organizzativi, sociali e economici. L’Hta, dunque, supporta in modo scientifico le autorità competenti nella determinazione del valore del farmaco e nelle decisioni in merito alla sua adozione nella pratica clinica. L’Hta, insomma, è una sorta di garante dell’equilibrio tra accesso all’innovazione e sostenibilità del sistema.

E a che punto siamo, in Italia e in Europa, con l’Hta regulation?

Il nuovo regolamento Hta – che modifica il vecchio regolamento del 2011 – nasce con l’obiettivo di supportare l’innovazione farmacologica sanitaria, e garantire attraverso un approccio di valutazione comune e più completo, una maggiore coerenza nelle decisioni, un accesso più tempestivo ma anche una ottimizzazione nell’allocazione delle risorse sanitarie. Finora i singoli Stati membri hanno effettuato le valutazioni cliniche dei farmaci in maniera autonoma, con processi, metodologie e tempi differenti gli uni dagli altri, generando una difformità di risultato. Con il nuovo regolamento, invece, si chiede ai singoli Stati, e dunque anche all’Italia, di lavorare congiuntamente a livello europeo, adottando il cosiddetto Joint clinical assessment (Jca), un modello di successo già sperimentato in passato su base volontaria. La novità, dunque, sta proprio nell’introduzione di un nuovo quadro giuridico europeo sull’Hta che comporta una centralizzazione e una armonizzazione del sistema.

Quando entrerà in vigore?

È stato approvato a dicembre 2021 prevedendo tre anni preparatori e una applicazione progressiva a partire dal 2025. Non si partirà, dunque, con la valutazione clinica congiunta di tutti i farmaci autorizzati dall’Ema, ma l’implementazione sarà graduale. Da gennaio 2025 si inizierà con i farmaci oncologici e con le cosiddette terapie avanzate, da gennaio 2028 si procederà con i farmaci orfani e dal 2030 con tutti gli altri farmaci. Oggi siamo a circa a due terzi del percorso preparatorio e manca solo un anno per l’applicazione del regolamento.

Manca poco, dunque

Certo, l’applicazione della nuova normativa è ormai dietro l’angolo. Negli ultimi mesi anche le aziende farmaceutiche hanno contribuito a una decisa accelerata delle attività preparatorie. È stato inoltre istituzionalizzato un gruppo di coordinamento europeo che comprende le nostre autorità come Aifa, ministero della Salute e Agenas, e un dialogo tra questi e la Commissione europea con lo scopo di snellire l’attuazione del programma. Anche all’incontro del 22 novembre scorso, a Siviglia (al meeting della Commissione europea sull’Hta, ndr) hanno partecipato i membri di Aifa, Agenas e del ministero della Salute, accanto alle medesime autorità degli altri altri Paesi.

Su cosa auspicherebbe un ulteriore boost?

Auspichiamo che Aifa assuma un ruolo da protagonista nel contesto europeo: non solo oggi, ma anche nel prossimo futuro quando il regolamento sarà operativo.

Che ruolo gioca, dunque, la cooperazione fra stakeholder oltre a quella fra i singoli Paesi?

La collaborazione è alla base del nuovo regolamento. Non solo tra Stati membri, appunto, ma anche fra tutti gli attori coinvolti, soprattutto in questa fase istruttoria. A maggio, infatti, è stato creato lo stakeholder network di cui fanno parte 44 membri tra società scientifiche e associazioni di pazienti sia nazionali che europee.

E le aziende che supporto possono fornire?

Innanzitutto forniscono dati ed evidenze scientifiche, ma sono anche validi portatori di expertise, con un ruolo cruciale nel favorire il dialogo, proprio in questa fase preparatoria, affinché tutte le opportunità del nuovo regolamento siano sfruttate appieno.

Le grandi opportunità nascondono sempre qualche sfida. Vale anche per l’Hta?

Le incertezze e le ambiguità sono naturali: non tutte le regole del gioco sono state definite, come l’implementazione e le caratteristiche tecniche. Ad oggi siamo ancora nella fase istruttoria ed è normale che si guardi al regolamento con qualche perplessità . Ma affinché gli obiettivi della nuova normativa non vengano vanificati è necessario che si verifichino alcune condizioni.

Quali?

Come prima condizione è necessario guardare a questo regolamento come una grande opportunità, che nel caso italiano è accompagnata da un altro cambiamento importante, la riforma Aifa. Questa fortunata contingenza pone ottime basi per un’integrazione snella del processo e del nuovo regolamento Hta. In questo modo dovremmo arrivare al 2025 già pronti per attuare la valutazione congiunta dei farmaci a livello europeo, accelerando e rendendo sempre più appropriato ed equo l’accesso ai farmaci e all’innovazione da parte dei pazienti; obiettivo comune per la società e per tutti gli stakeholder…

Un’altra condizione è il coinvolgimento dell’industria farmaceutica. Un dialogo precoce con l’azienda farmaceutica, permetterà ad Aifa in ambito europeo di rappresentare in maniera più appropriata la prospettiva nazionale. In questo modo la valutazione sarà più rappresentativa delle esigenze del nostro Paese, generando – si spera – un miglioramento del processo di valutazione del farmaco sia da un punto di vista di tempi che di qualità.

Vi deve essere, infine, la volontà politica di fornire risorse umane. A tal proposito, Aifa sta investendo in termini di formazione e competenze. Come stimato da IQVIA tra il 2025 e il 2028 saranno approvati a livello europeo da Ema circa sessanta nuovi farmaci tra terapie oncologiche e terapie avanzate, quattordici per ogni anno. Per farle, serviranno persone e addetti ai lavori esperti.

Sono condizioni impegnative…

Impegnative sì, ma non impossibili. Sicuramente fondamentali per il benessere dei cittadini.

Innovazione e tecnologia, due fattori cruciali nell’evoluzione dell’industria farmaceutica. Il nuovo regolamento potrà essere di supporto alla nostra competitività?

Ormai sappiamo tutti che lo sviluppo dei farmaci, e il benessere della comunità, sono un motore fondamentale per la crescita economica e strategica dell’Unione europea. Ma affinché sussistano questi elementi è essenziale snellire le procedure. Oggi, in Italia, i tempi di accesso a un nuovo farmaco raggiungono i quattordici mesi per la definizione della rimborsabilità e del prezzo a livello nazionale, a cui si aggiungono mediamente altri dieci mesi per l’accesso regionale, tra l’altro con importanti disparità territoriali,

Non esistono ricette salvifiche, ma cosa si potrebbe fare in tal senso?

Sfruttare il nuovo regolamento per stabilire regole chiare, trasparenti e definite nella valutazione del valore del farmaco per rendere l’accesso all’innovazione più tempestivo, appropriato ed equo. Consentendo così all’Italia di mantenere il suo ruolo come hub strategico, sia nella ricerca e sviluppo, oltre che nella produzione in cui siamo molto competitivi anche sul piano internazionale.



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