Vovan e Lexus, che avevano già colpito Meloni, hanno messo nel mirino Akunin e Bykov confermando la svolta del Cremlino contro gli intellettuali. Il celebre autore di gialli è il primo scrittore russo a essere etichettato come terrorista
Il cosiddetto duo comico russo Vovan e Lexus, pseudonimi rispettivamente di Vladimir Kuznetsov e Alexey Stolyarov, ha colpito ancora. Dopo il cosiddetto scherzo a Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, che ha portato alle dimissioni del suo consigliere diplomatico, l’ambasciatore Francesco Talò, Vovan e e Lexus hanno inscenato una conversazione con due dei grandi scrittori contemporanei russo: Boris Akunin, autore di gialli di origini georgiane, il cui vero nome è Grigori Chkhartishvili, e Dmitry Bykov, già bollato da Mosca come “agente straniero”. Fingendosi membri dell’establishment ucraino, Vovan e Lexus hanno registrato conversazioni con entrambi: Akunin dice di aver organizzato una raccolta di fondi per l’Ucraina, Bykov si dichiara interessato a fare lo stesso e ribadisce la volontà di “essere utile all’Ucraina”.
Dopo la pubblicazione delle telefonate, Rosfinmonitoring, l’agenzia d’intelligence finanziaria russa, ha inserito Akunin, che nel 2014 ha lasciato la Russia e oggi vive a Londra, nel registro dei “terroristi ed estremisti” e i suoi conti bancari sono stati congelati. La casa editrice Ast che pubblica i suoi libri e alcune librerie avevano già deciso la scorsa settimana di togliere i volumi suoi e quelli di Bykov dal commercio. Akunin è accusato di “screditare l’esercito” (reato istituto nei mesi successivi all’invasione e per cui si rischiano fino a 15 anni di prigione) di “diffondere fake news militari” e di “istigare al terrorismo”.
Martedì, davanti a una platea di generali e alti funzionari (tra cui il patriarca ortodosso Kirill), il leader russo Vladimir Putin ha elogiato la “società russa unita” che sostiene le truppe russe che combattono in Ucraina. Ma ha anche riconosciuto, ancora una volta, l’esistenza di una “quinta colonna” con la quale “abbiamo costantemente lottato”. Parole che possono essere tradotte come una minaccia di un ulteriore giro di vite sul dissenso. Anche perché pronunciate all’indomani della decisione di definire Akunin “terrorista”, prima volta per uno scrittore russo.
Una mossa che sembra confermare che qualcosa è cambiato in Russia. Come ha raccontato il sito Meduza, fino a poco tempo fa il Cremlino e il ministero della Cultura russo sembravano decisi a convincere intellettuali “moderati” a tornare nella Russia lasciata dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina, ma solo quelle che non hanno rilasciato forti dichiarazioni contro la guerra. Inoltre, ai procedimenti penali aperti contro gli intellettuali contrari alla guerra ha fatto da contraltare un “sistema di penitenza”: gli artisti che si erano espressi contro la guerra potevano ricevere il “perdono” del Cremlino e il permesso di lavorare in Russia in cambio di un viaggio nel Donbas o dell’aiuto ai bambini colpiti dalla guerra. Oggi, invece, la politica è cambiata. Una fonte del giornale spiega che il Cremlino ha iniziato a “chiedere con forza” agli editori di interrompere completamente la pubblicazione di libri di “agenti stranieri” e di altri autori critici nei confronti del governo. Ciò sarebbe dovuto alle pressioni esercitate da alti funzionari della sicurezza, che si chiedono perché i “nemici” vengano pubblicati.
Dopo tutto questo, smetteremo di etichettare come semplici comici Vovan e Lexus, che respingono le accuse di lavorare per l’intelligence russa ma non negano di avere un’agenda molto vicina a quella di Mosca, che per la società americana di cybersecurity Proofpoint sono TA499 dove “TA” sta per threat actor, cioè un attore malevolo? Farli passare come due burloni non soltanto nega il loro ruolo nella guerra ibrida russa, lo favorisce.