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Le elezioni Ue, le destre e il pragmatismo di Meloni. Cosa dice Eurasia Group

Secondo Bremmer e Kupchan il voto per Strasburgo è uno di quei temi che catturano l’attenzione ma non rappresentano una minaccia o un fattore di instabilità. “Il processo decisionale rimarrà prevalentemente pragmatico, persino centrista”, scrivono citando l’Italia

Nel 2024, i centristi in Europa “reggeranno”, i partiti euroscettici e populisti dovrebbero conquistare circa un quarto dei seggi del Parlamento europeo ma un’alleanza tra i partiti europei di centrodestra e i partiti di estrema destra e populisti è politicamente improbabile e “anche nei Paesi guidati da partiti anti-establishment, come Fratelli d’Italia del presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni, il processo decisionale rimarrà prevalentemente pragmatico, persino centrista”. A scriverlo sono gli analisti di Eurasia Group, società di consulenza fondata e guidata da Ian Bremmer e Cliff Kupchan, nel rapporto “Top Risks 2024”, in particolare nella sezione che chiude il documento, quella intitolata “red herrings”, cioè temi che pur catturando l’attenzione generale è improbabile rappresentino una minaccia significativa o un fattore di instabilità nel prossimo anno. I populisti e le destre “continueranno a guadagnare e a incutere timore all’establishment politico europeo” ma “le battute d’arresto per i partiti tradizionali nel Parlamento europeo, a livello nazionale e nazionale, saranno limitate”, aggiungono gli analisti.

Le “red herrings” sono tre. Un’altra è la crisi tra Stati Uniti e Cina visto che, nonostante una relazione “ancora fondamentalmente conflittuale e segnata dalla sfiducia”, per entrambe le parti è meglio preservare la stabilità. Un’altra è la sfida tra il G7 e i Brics a guida cinese: “I Brics guidati dalla Cina non emergeranno come rivali del G7 guidati dalla Cina né quest’anno né tanto meno a breve”.

Secondo Eurasia Group il 2024 sarà, politicamente, il Voldemort degli anni, l’anno delle tre guerre: la Russia contro l’Ucraina, Israele contro Hamas, gli Stati Uniti contro loro stessi. E nessuno di questi tre conflitti è dotato di barriere adeguate che gli permettano di non peggiorare.

Secondo loro “Gli Stati Uniti contro loro stessi” rappresenta il primo dei dieci rischi per il nuovo anno. “Gli Stati Uniti sono già la democrazia industriale avanzata più divisa e disfunzionale del mondo”, si legge nel rapporto. Le elezioni presidenziali “aggraveranno questo problema a prescindere da chi vincerà. Poiché l’esito del voto è essenzialmente un lancio di monetine (almeno per ora), l’unica certezza è il continuo danneggiamento del tessuto sociale, delle istituzioni politiche e della posizione internazionale dell’America”, scrivono gli analisti sottolineando come la divisione politica del Paese mini la credibilità sulla scena globale. Definendo “non assolutamente idonei” alla carica di presidente i due più probabili contendenti – l’ex Donald Trump per le accuse nei suoi confronti e l’uscente Joe Biden per gli 86 anni che avrebbe alla fine del secondo mandato –, gli esperti sostengono che Trump non accetterebbe una sconfitta definendo le elezioni manipolate, mentre Biden concederebbe la vittoria allo sfidante ma il Partito democratico riterrebbe il presidente non legittimo in quanto dovrebbe stare in carcere e non alla Casa Bianca. Con Trump di nuovo presidente, però, la credibilità americana nel mondo verrebbe pesantemente indebolita, si legge.

Al secondo posto dei rischi secondo Eurasia Group c’è il “Medio Oriente sull’orlo del baratro”, una regione che è una polveriera e in cui il numero di attori in gioco rende il rischio di un’escalation eccezionalmente alto.

Al terzo posto c’è “l’Ucraina spartita”, un risultato inaccettabile per l’Ucraina e l’Occidente che “tuttavia diventerà realtà”, si legge. “Quest’anno è un punto di svolta nella guerra: se l’Ucraina non risolve i suoi problemi di manodopera, non aumenta la produzione di armi e non definisce presto una strategia militare realistica, potrebbe ‘perdere’ la guerra già l’anno prossimo”, scrivono gli analisti.

Al quarto posto ci sono “le lacune nella governance dell’intelligenza artificiale”, che riguardano anche l’Italia presidente di turno del G7. “Diventeranno evidenti nel 2024, quando gli sforzi normativi vacilleranno, le aziende tecnologiche rimarranno in gran parte prive di vincoli e i modelli e gli strumenti di intelligenza artificiale molto più potenti si diffonderanno al di fuori del controllo dei governi”.

Al quinto posto c’è il cosiddetto asse degli Stati canaglia, cioè Russia, Corea del Nord e Iran, che stanno lavorando per rafforzare la loro cooperazione da quando la Russia ha invaso l’Ucraina nel febbraio 2022, “uniti dalle sanzioni draconiane imposte contro di loro, dal loro odio condiviso per gli Stati Uniti e dalla loro volontà di violare il diritto internazionale per sconvolgere uno status quo globale che ritengono serva gli interessi occidentali a loro spese”. Si tratta, si legge nel rapporto, di “agenti del caos nell’attuale ordine geopolitico, intenzionati a minare le istituzioni esistenti e i governi e i principi che le sostengono”.

Al sesto posto ci sono le difficoltà economiche della Cina e le scarse speranze di ripresa: “L’incapacità di Pechino di affrontare il modello di crescita in affanno del Paese, le fragilità finanziarie, la domanda insufficiente e la crisi di fiducia metterà in luce le lacune nella legittimità del Partito comunista cinese e aumenterà il rischio di instabilità sociale”.

Al settimo posto c’è la lotta per i minerali critici: “i governi di tutto il mondo adotteranno misure protezionistiche che interromperanno il flusso di minerali critici, aumentando la volatilità dei prezzi e rimodellando le catene di approvvigionamento a valle”.

All’ottavo posto si trova la voce “Non c’è spazio per gli errori”: lo shock inflazionistico globale iniziato nel 2021 continuerà a esercitare una forte pressione economica e politica nel 2024, gli elevati tassi di interesse causati da un’inflazione ostinata rallenteranno la crescita in tutto il mondo. Ecco che i governi avranno un margine di manovra limitato per stimolare la crescita o rispondere agli shock, aumentando il rischio di stress finanziario, disordini sociali e instabilità politica. “Anche i mercati sviluppati con alti livelli di debito, come l’Italia e il Canada, dovranno affrontare tensioni fiscali e finanziarie in questo contesto”, avvertono gli analisti

Al nono posto c’è il fenomeno climatico El Niño, che raggiungerà il picco nella prima metà di quest’anno, portando eventi meteorologici estremi che causeranno insicurezza alimentare, aumenteranno lo stress idrico, interromperanno la logistica, diffonderanno malattie e alimenteranno migrazioni e instabilità politica.

Al decimo posto ci sono i “risky business”. “Due anni fa abbiamo avvertito che i clienti, i dipendenti e gli investitori – per lo più di sinistra – stavano portando le guerre culturali statunitensi nei consigli di amministrazione delle aziende. Questo sta ancora accadendo”, si legge.


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