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Così la Georgia ha scelto la Via della Seta. Parla l’ex ministra Khidasheli

Presidente di Civid Idea, nei giorni scorsi è finita nel mirino del partito al governo per aver denunciato gli scarsi risultati economici dell’avvicinamento a Pechino. “Per screditare tutto ciò che facciamo ci etichettano come lobbisti”, dice a Formiche.net. L’auspicio? Il ritorno al potere di una coalizione, per accelerare i percorsi verso Ue e Nato

Tina Khidasheli oggi presiede l’organizzazione non governativa Civic Idea. Idea sta per “Initiative for Democratic and EuroAtlantic Choice”. Un nome che non lascia spazio a dubbi ed è in continuità con il suo impegno a rafforzare la cooperazione con la Nato e gli Stati Uniti espresso quando è stata ministra della Difesa della Georgia per poco più di un anno, dal maggio 2015 all’agosto 2016. Se la Russia è la minaccia più immediata e chiara alla sicurezza georgiana, la Cina rappresenta una sfida sottovalutata, come denuncia la sua organizzazione. Che, infatti, ha come priorità il monitoraggio della “crescente influenza” di Pechino nel Paese.

La svolta, dice a Formiche.net Khidasheli in un incontro a Roma, è avvenuta nel 2016, quando, dopo la rivoluzione delle rose del 2003 e la svolta del 2012, Sogno georgiano è rimasto da solo al governo. Da allora si assiste a una “massiccia” presenza cinese nel Paese. “Ma non sono investimenti, bensì società cinesi che si aggiudicano gare pubbliche in modo totalmente sleale”. Khidasheli parla di fenomeni di “elite capture” che sono “ben visibili”. E cita l’attuale primo ministro, Irakli Garibashvili, già consigliere di Cefc China Energy, il conglomerato cinese al centro dell’avvicinamento tra Tbilisi e Pechino, che a luglio ha annunciato la partnership strategica.

Il recente rapporto “Una goccia nell’oceano – Gli investimenti cinesi in Georgia” di Civic Idea non è piaciuto al partito al governo, Sogno georgiano, fondato dall’imprenditore filorusso Bidzina Ivanišvili. La formazione si è, negli ultimi tempi, sempre più allontanata dai socialisti europei dopo aver sposato posizioni più conservatrici e nazionaliste.

Il documento non sembra essere stato apprezzato perché spiega come, nonostante la volontà del governo georgiano di avvicinarsi a Pechino, i dati ufficiali mostrino un “notevole declino” degli investimenti cinesi. Dal 2015 la Cina non è nemmeno tra i primi 10 investitori in Georgia. Pechino, però, sta cercando di avere un ruolo importante in progetti strategici, come il nuovo aeroporto internazionale e il porto d’altura di Anaklia sul Mar Nero. Mancano attività di due diligence, spiega Civic Idea, sostenendo che il governo georgiano favorisca aziende cinesi che “non riescono a completare i progetti nei tempi e nei budget approvati inizialmente”.

A colpire il partito al governo sembra essere stato anche il tempismo, visto che è stato pubblicato nei giorni della visita in Cina di Irakli Kobakhidze, presidente del partito, per rilanciare i rapporti bilaterali. Shalva Papuashvili, presidente della Camera di Tblisi e membro dello stesso partito, ha accusato Khidasheli di utilizzare una “retorica ostile” verso la Cina e ha notato che la sua organizzazione è finanziata dalla Ong taiwanese Taiwan Foundation for Democracy. Ciò, a suo dire, suggerisce uno sforzo deliberato per fomentare il sentimento anticinese in Georgia. Ha espresso preoccupazione per il fatto che Khidasheli, già presidente di Open Society Georgia Foundation, sia coinvolta in “attività di lobbying su Taiwan e finanziamenti da parte di uno Stato non riconosciuto”, rappresentando un potenziale rischio per la sicurezza nazionale che “richiede l’attenzione delle autorità competenti”. E ancora, ha sottolineato “l’importanza” della cosiddetta legge sugli agenti stranieri, ritirata meno di un anno fa dopo le proteste di piazza.

Il problema, secondo Khidasheli, è nel partito unico al governo. “Una sorta di eredità comunista”. E lo si vede anche in televisione, spiega. “Se si guardano i canali televisivi governativi c’è molto di cinese. In pratica, si dice ai georgiani che non c’è bisogno di una democrazia multipartitica, di libertà di parola, di standard democratici per il successo del Paese. Che se in Cina funziona, può funzionare anche da noi”. E così come gli imprenditori cinesi hanno sostituito quelli russi in molti settori del Paese, spesso con joint-venture, lo stesso accade nella narrazione politica: “Non possono farlo con la politica della Russia vista l’occupazione”, continua l’ex ministra citando la guerra in Ossezia del Sud del 2008. “Sarebbe una specie di suicidio politico. Ora l’hanno sostituita con la Cina”.

Secondo Khidasheli, Sogno georgiano ha puntato tutto sulla politica estera, e dunque sul rapporto con la Cina, anche per distrarre dalle difficoltà interne. E così, stanno portando avanti una character assassination nei suoi confronti: “Per screditare tutto ciò che facciamo ci etichettano come lobbisti. Quando tutti i nostri partner criticheranno il governo per le prossime mosse con la Cina, loro risponderanno dicendo che le critiche arrivano da chi sta facendo lobbying per Taiwan”. Perché, a Civic Idea ne sono convinti, i recenti attacchi alle loro attività sono una misura preventiva, prima che il governo annunci progetti strategici più ampi con la Cina, in particolare sul porto di Anaklia. Non sembra un caso, dunque, che le recenti vicende abbiano avuto grande risalto sui media georgiani.

Khidasheli rimane ottimista, anche se non si sbilancia in previsioni. Nel futuro del suo Paese continua a vedere l’Unione europea, anche dopo la concessione dello status di candidato a dicembre (ma con la raccomandazione di riforme), e la Nato, ma se ne parlerà dopo il summit di Washington, dice. Il suo auspicio è che le elezioni di quest’anno possano sancire la fine del partito unico al governo e accelerare i due percorsi.

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