Romeo, capogruppo del Carroccio, presenta un ordine del giorno con premesse che sembravano suggerire l’inutilità dell’invio degli aiuti militari a Kyiv. Dopo una giornata intensa, alla fine la maggioranza trova la quadra cancellando buona parte del documento. Deluso il M5S, che aveva espresso sostegno al testo degli ex alleati di governo
Alla fine, l’ordine del giorno presentato al Senato dal leghista Massimiliano Romeo sulla proroga dell’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari all’Ucraina è stato approvato dal governo, ma soltanto dopo una limatura piuttosto importante, ovvero la cancellazione di gran parte delle premesse. Quelle che hanno alimentato il dibattito politico per l’intera giornata.
A dividere, infatti, non era la richiesta al governo di impegnarsi “a farsi carico, nelle competenti sedi europee, di una concreta e tempestiva iniziativa volta a sviluppare un percorso diplomatico, al fine di perseguire una rapida soluzione del conflitto”. Bensì le promesse in cui il capogruppo leghista (che, come notato da Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, aveva “già espresso” valutazioni simili) parlava di “dubbi sulla capacità effettiva dell’Ucraina di resistere nel lungo termine contro una nuova offensiva russa, considerata la disparità numerica delle forze in campo e la perdurante situazione di svantaggio aereo”. E sottolineava che “anche l’opinione pubblica italiana non supporta più pienamente gli aiuti militari che il nostro Paese continua a inviare in sostegno all’esercito ucraino e auspica una soluzione pacifica e diplomatica del conflitto”.
Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra hanno confermato il loro no all’invio delle armi. Partito democratico e Italia Viva hanno sottolineato le divisioni nella maggioranza.
Che alla fine ha trovato la quadra, come spiegato da Matteo Perego di Cremnago, sottosegretario alla Difesa, che ha espresso il parere favorevole del governo dopo le limature.
Qualcosa è accaduto, però, tra la mattinata segnata dall’ordine del giorno pubblicato dal Fatto Quotidiano e le parole in Aula dei leghisti, compreso Romeo ha parlato di un ordine del giorno presentato “a titolo personale” e ha sminuito il peso delle premesse. “Da nessuna parte nell’ordine del giorno c’è scritto che la Lega non vuole più inviare armi all’Ucraina”, ha spiegato in discussione la senatrice Stefania Pucciarelli, già sottosegretaria alla Difesa nel governo Draghi (quello da cui il governo Meloni ha eredito il sostegno all’Ucraina facendone un elemento centrale della propria politica estera). “Continueremo a richiedere maggiori sforzi sul fronte diplomatico, ma banalmente come abbiamo sempre fatto”, ha aggiunto.
Secondo Enrico Borghi, senatore di Italia Viva, l’obiettivo di Romeo e del leader del suo partito, Matteo Salvini, era quello di “mandare un messaggio molto preciso” a Giorgia Meloni, presidente del Consiglio. “Qualcuno ha nostalgia di una stagione gialloverde”, ha aggiunto.
Nel corso della discussione non sono mancati interventi da esponenti dei partiti di maggioranza che sembravano risposte alle premesse (poi cancellate) dell’ordine del giorno presentato da Romeo. Ha dichiarato Giulio Terzi di Sant’Agata di Fratelli d’Italia: “La propaganda russa continua a inquinare, in vista delle elezioni europee, il senso di sfiducia nei confronti delle reali capacità di difesa dell’Ucraina. È il classico sistema dell’aggressore di demoralizzare l’aggredito”. Un sistema, ha proseguito, “sempre più pericoloso”. Così, invece, Adriano Paroli di Forza Italia: “Quando sento alcuni interventi di colleghi che, io credo in buona fede, affermano che, senza neanche celarlo più di tanto, dovremmo interrompere la fornitura di armi all’Ucraina, sinceramente non capisco quale sia il disegno e quale sia l’alternativa”.
Alla fine il testo è stato approvato con 110 favorevoli, 7 astenuti e nessun contrario su 127 presenti.
Deluso il Movimento 5 Stelle, che inizialmente aveva deciso di firmare e votare l’ordine del giorno di Romeo nonostante, come ha spiegato il capogruppo Stefano Patuanelli in Aula, mancasse il “passaggio coraggioso” dell’esplicito stop all’invio delle armi all’Ucraina.