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Mattarella, Meloni e il valore della libertà. L’analisi di Fracchiolla

Nella classifica delle libertà economiche per il 2023, redatta dal Think thank conservatore Heritage Foundation, l’Italia è al 69° posto, parzialmente libera. La questione non è se il Paese ha bisogno di una lady di ferro come Margaret Thatcher, ma quali sono i presupposti politici-culturali per cui un’azione riformatrice possa realizzarsi. Il richiamo del Presidente della Repubblica al principio di libertà sottolinea la non rinviabilità di riforme, a cui sono vincolari i fondi del Pnrr. L’analisi di Domenico Fracchiolla, professore di Storia delle Relazioni internazionali Università Mercatorum, Luiss

Nella tradizione inaugurata da Luigi Einaudi nel 1949, il Discorso di fine anno del Presidente della Repubblica rappresenta un momento significativo di bilanci dell’anno trascorso e di indirizzo per il nuovo anno. I ripetuti richiami al valore di libertà, con ben 8 riferimenti espliciti, sono la risposta del Presidente alle paure espresse dagli italiani a causa delle crisi internazionali e del rallentamento economico, percepiti di difficile soluzione, come rilevato dall’Istat e dall’ultimo sondaggio Ipsos.

Adam Tooze, già negli anni ’90, parlava di policrisi. Gli italiani temono soprattutto la stagnazione economica, l’assenza o la perdita del lavoro e la possibile bassa qualità della sanità, ed esprimono una domanda di protezione. Mattarella traccia la strada della libertà, che si posiziona tra i valori fondanti l’unità della Repubblica, subito dopo la solidarietà e prima dell’uguaglianza, della giustizia e dalla pace. In questa prospettiva, i temi economici dello sviluppo ostacolato dal debito pubblico, del lavoro da incentivare, dell’Intelligenza Artificiale che deve rispettare la centralità della persona, della maggiore sicurezza e della cura dei giovani, non sono solo richiami del Capo dello Stato ad obiettivi da perseguire e messaggi di speranza, ma chiari orientamenti programmatici, culturali e politici della linea delle istituzioni e di indirizzo del governo. La partecipazione alla vita civile e alle scelte della comunità nazionale esprimono il diritto di libertà, sottolineato nei richiami alla centralità della libertà del voto, della libertà dalla disinformazione (contro le costrizioni abusive di chi vuole orientare l’opinione pubblica) e dell’obbligo di protezione (della libertà) dei responsabili delle funzioni pubbliche.

Fatte salve le libertà politiche e civili, che godono di buona salute nella Repubblica, pur con alcune sacche di importanti criticità strutturali a causa del crimine organizzato, della corruzione e delle disuguaglianze regionali, come evidenziato dalle rilevazioni annuali di Freedom House del 2023, sono soprattutto le libertà economiche a subire gravi pregiudizi, aggravati dai problemi di rule of law.

Senza ritornare ai compromessi monetaristi della Scuola di Chicago, ampiamente accusata delle crisi dell’Ordine neoliberale, o d’altra parte, cedere alle lusinghe dell’ortodossia libertaria di von Mises, come l’Argentina di Milei, che può provocare conseguenze sociali insostenibili, almeno nel breve periodo, i precetti della Scuola Austriaca di von Hayek riducono in modo drastico la spesa pubblica e creano un ambiente favorevole alle imprese e allo sviluppo economico. Nello schema dell’individualismo metodologico e della prasseologia, tutti sono incentivati ad esprimere al meglio i propri talenti per aumentare il benessere individuale consentendo un risultato generale migliore e un maggiore gettito per la spesa pubblica dello Stato. Nel concreto, è il ritorno della proposta dello Stato leggero, con poca burocrazia, minor numero di dipendenti pubblici e riforme che aumentano concorrenza, incentivano agli investimenti, riducono drasticamente la fiscalità e aumentano il potere di acquisto dei cittadini.

Il governo di Giorgia Meloni, nonostante i limiti strutturali di una manovra di bilancio con poche risorse, ha caratterizzato la sua azione con la scelta di destinare 10 dei 28 miliardi di spesa sulla misura del cuneo fiscale, cavallo di battaglia liberale. Alleggerire il peso del costo del lavoro accresce la competitività e aiuta i consumi con buste paga reali più pesanti. Altre misure con un minore impatto per le risorse impiegate, ma pur sempre liberali, sono il maxi sconto per le imprese che assumono e gli incentivi per aziende che rilocalizzano. Seguono le disposizioni indirizzate alla stabilità dei conti, ovvero far cassa per una manovra che per metà è comunque in deficit: quota 103 per le pensioni, il giro di vite sull’Ape sociale e l’opzione donna, la cedolare secca al 26% per gli affitti dal secondo immobile. Infine, le risorse residuali sono destinate alla protezione sociale delle fasce più fragili con l’accesso prioritario al Fondo Mutui per le famiglie numerose, la Carta dedicata per la spesa per le famiglie in difficoltà, l’incremento del buono per gli asili nido e lo stanziamento di 40 milioni per combattere la violenza sulle donne. Per la limitatezza delle risorse, più che di misure simbolo, si tratta di misure simboliche. Le riforme che modernizzano, migliorano i conti e danno slancio al libero mercato sono rinviate.

L’urgenza di queste misure è confermata, da diversi anni, da molti studi empirici di economisti e scienziati politici liberali, come Robinson e Acemoglu dell’Mit, che hanno dimostrato l’evidenza storica del rapporto diretto nel lungo periodo tra libero mercato e ricchezza e benessere economico – sociale. Nella storia d’ltalia, i rari periodi in cui si sono verificate alcune di queste condizioni si sono avuti per effetto del risanamento dei conti realizzato della Destra Storica nell’Italia liberale e grazie alle politiche economiche del dopoguerra di Einaudi – De Gasperi che hanno preparato il miracolo economico degli anni ’60. Diverse generazioni successive hanno vissuto della rendita della straordinaria produttività di quegli anni e successivamente si sono alimentate di spesa pubblica in disavanzo, facendo esplodere il debito pubblico. Un errore di valutazione comune di molti governi italiani è sempre stato quello di concentrarsi sulla spesa corrente, che negli ultimi 20 anni è sempre aumentata, aggravando il debito pubblico.

Nella classifica delle libertà economiche per il 2023, redatta dal Think thank conservatore Heritage Foundation, che pure apprezza il governo Meloni, l’Italia si posiziona solo al 69° posto, nel gruppo dei Paesi parzialmente liberi. La questione oggi non è se l’Italia ha bisogno di una lady di ferro come Margaret Thatcher in Gran Bretagna, in grado di proporre la rivoluzione conservatrice, ma quali sono i presupposti politici culturali per cui un’azione riformatrice di questo tipo possa realizzarsi. Il richiamo del Presidente della Repubblica al principio di libertà sottolinea, sul piano culturale e di indirizzo politico, la non rinviabilità di queste riforme, a cui è vincolata anche l’erogazione degli ingenti fondi del Pnrr.

 

 



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