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Cos’è successo (davvero) sulle risoluzioni per le armi all’Ucraina

All’indomani dei voti in Camera e Senato, la segretaria Schlein rivendica la risoluzione che impegna il governo a continuare a sostenere Kyiv con “tutte le forme” necessarie. Ma quanto accaduto in Aula è la conferma di un partito schiacciato tra centristi e pentastellati

Ieri, alla Camera come al Senato, sono stati approvate tre risoluzioni sugli aiuti militari all’Ucraina per fronteggiare l’aggressione russa, dopo l’intervento di Guido Crosetto, ministro della Difesa. In entrambi i rami del Parlamento sono passate la risoluzione della maggioranza, quella dei centristi e quella del Partito democratico.

La prima impegna il governo a continuare a sostenere l’Ucraina, in linea con gli impegni assunti e con quanto sarà ulteriormente concordato in ambito Nato e Unione europea, nonché nei consessi internazionali di cui l’Italia fa parte, “anche attraverso la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari”. La seconda non si distanzia molto nella sostanza, in quanto impegna il governo a “a proseguire nel programma di sostegno, in tutte le forme, all’Ucraina”, garantendo “in modo particolare e con assoluta urgenza, equipaggiamenti e mezzi militari in grado di proteggere la popolazione civile e le infrastrutture ucraine”. Inoltre, la risoluzione di Azione, Italia Viva e Più Europa prevede l’impegno al governo “ad assumere tutte le iniziative necessarie” nell’ dell’Unione europea e della presidenza del G7 affinché gli asset bancari dello Stato russo congelati nell’ambito delle sanzioni “possano essere trasferiti allo Stato ucraino”. La terza, quella del Partito democratico, faceva riferimento a “tutte le forme di assistenza necessarie” e a quanto previsto dall’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, cioè il diritto all’autodifesa individuale e collettiva, senza però menzionare esplicitamente le armi. Inoltre, chiedeva al governo di impegnare in sede europea per superare i veti dell’Ungheria di Viktor Orbán, sovranista spesso apprezzato dagli esponenti dell’esecutivo, in particolare da quelli di Fratelli d’Italia e Lega. Respinte, invece, le risoluzioni di Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi Sinistra che impegnavano il governo a cessare l’invio di aiuti militari all’Ucraini.

Non sono mancate le polemiche per il mancato sostegno del Partito democratico alle risoluzioni di maggioranza e centristi, votate però anche da alcuni deputati (Lorenzo Guerini, Marianna Madia e Lia Quartapelle) e senatori (Simona Malpezzi, Dario Parrini, Filippo Sensi, Tatiana Rojc, Valeria Valente e Pier Ferdinando Casini). Questione di coerenza, è la versione degli interessati. Alla Camera la linea del partito guidato da Elly Schlein è stata l’astensione su tutte le risoluzioni presentate da altri. Astenuti sulla risoluzione del governo, “perché non credibile sugli impegni diplomatici, su cui Crosetto è stato elusivo, e manchevole della condanna ai veti di Orbán”, ha spiegato Giuseppe Provenzano, responsabile esteri. E astenuti “anche su tutte le altre delle opposizioni, compresa quella del Movimento 5 Stelle che comunque non conteneva più il punto in cui si chiedeva di interrompere la fornitura delle armi, perché precluso dai voti precedenti”. “Il Partito democratico si è astenuto sulla vergognosa risoluzione pro-russa del Movimento 5 Stelle”, aveva attaccato prima Carlo Calenda, leader di Azione.

Questo approccio, però, non ha convinto molti nel Partito democratico, schiacciato tra centristi e pentastellati. E così al Senato è stata imboccata una strada diversa, votando pure il testo dei centristi grazie anche al fatto che il documento del Movimento 5 Stelle non era stato ammesso al voto. Solo la senatrice dem Susanna Camusso, da sempre contraria all’invio di armi all’Ucraina, non ha votato il testo del suo partito.

Ecco che accusare il Partito democratico di aver tradito l’Ucraina è un errore: si è, infatti, astenuto sulle risoluzioni altrui che impegnava il governo a continuare a inviare armi all’Ucraina ma, come detto, ne ha presentata una (approvata) che prevede lo stesso ma con linguaggio più sfumato, come ha rivendicato anche oggi la segretaria Schlein, ricordando David Sassoli scomparso due anni fa. Certo, gli equilibrismi tra i potenziali alleati del Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte, che ormai si sono intestati la battaglia contro l’invio delle armi, e la necessità di non sconfessare la linea fin qui sostenuta hanno offerto un’occasione ghiotta a chi cerca di indebolire il Partito democratico. Sia dal centro, sia da destra. E perfino su questioni cruciali di politica estera che riguardano i pilastri euro-atlantici italiani e che dunque dovrebbero superare i confini degli schieramenti politici.

Ha detto Quartapelle al quotidiano La Stampa che Schlein “formalmente dice le parole che si devono dire. Ma si vede quando Elly non ci mette il cuore in una cosa”.


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