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Summit Italia-Africa, un cambio di paradigma? Scrive Martini (Ecco)

Di Lorena Stella Martini

Con la presidenza del G7, nel 2024 l’Italia ha lo spazio politico a livello internazionale per portare avanti un cambio di passo che contribuisca davvero a sbloccare le potenzialità del continente. L’analisi di Lorena Stella Martini, policy advisor di politica estera del think tank Ecco

In occasione del Summit Italia-Africa che si terrà a Roma da oggi a domani 29 gennaio, il governo presenterà la cornice politica e le direttive del Piano Mattei per lo sviluppo dei Paesi africani, condividendole con i numerosi leader africani che affolleranno la capitale.

Affinché il Piano renda davvero giustizia al nome che porta e costituisca un approccio paritario al continente africano come promette, all’Italia serve una strategia innovativa e coraggiosa, che definisca un vero e proprio cambio di paradigma rispetto ai modelli del passato. Solo così l’obiettivo ultimo del Piano, ovvero promuovere stabilità e sviluppo in Africa, andando ad agire sulle cause alla radice dei movimenti migratori, potrà essere raggiunto e mantenuto. Ciò anche in considerazione dell’esponenziale crescita demografica del continente e dei sempre più pesanti impatti del cambiamento climatico.

Il focus sull’Africa è fondamentale per la proiezione esterna del nostro Paese sotto diversi punti di vista: sia a livello politico e securitario, sia economico, dove l’energia – o in altre parole, l’approvvigionamento di combustibili fossili – ha sempre giocato un ruolo principe. Ciò, ancor più in seguito alla crisi energetica esacerbata dall’invasione russa dell’Ucraina, quando l’Italia ha portato avanti una massiccia politica di investimenti nei combustibili fossili africani. Un modello che, per svariati motivi, appare oggi obsoleto e non più in linea con gli obiettivi e gli interessi dell’Italia.

Infatti, né l’argomento della sicurezza energetica del nostro Paese – che è già garantita – né un’analisi delle tendenze al ribasso della domanda e dei prezzi del gas a livello italiano ed europeo giustificano nuovi investimenti e garanzie per lo sfruttamento del gas in Africa. Uno sfruttamento che sarebbe peraltro in contraddizione con gli impegni assunti dall’Italia sulla via della decarbonizzazione.

Inoltre, se la volontà è quella di favorire uno sviluppo dei Paesi africani, che sia sostenibile e di lungo termine, è bene riflettere sulla retorica secondo la quale il gas sarebbe veicolo di sviluppo economico-sociale e stabilità politica. L’assaggio dell’instabilità dei mercati internazionali di oil&gas che abbiamo avuto nel corso degli ultimi due anni ha infatti dimostrato come sulle fonti fossili non si possa basare la crescita stabile, costante, sostenibile e inclusiva di cui i Paesi africani hanno bisogno. A ciò si aggiunge l’impatto di un tale modello di sviluppo sul cambiamento climatico, che in Africa corre più veloce che altrove, con risultati sempre più disastrosi: si stima che nel solo 2022 eventi estremi dal punto di vista atmosferico, climatico e idrogeologico abbiano generato in Africa danni per 8.5 miliardi di dollari.

Per diventare un partner davvero strategico per il continente africano sul lungo periodo, l’Italia deve allora guardare altrove, in particolare abbracciando l’opportunità rappresentata dalla crescita verde e dalla transizione energetica. Ciò significa, in primis, focalizzarsi sulle energie rinnovabili, ma anche sulle materie prime critiche, e affiancare alla promozione di politiche di mitigazione anche politiche di adattamento agli impatti del cambiamento climatico.

Sono tutti punti, questi, emersi come centrali nelle dichiarazioni degli stessi leader africani, che all’African Climate Summit dello scorso settembre hanno messo in luce la volontà di orientarsi verso un modello di sviluppo sostenibile basato sulla crescita verde e su un’economia a basse emissioni, lontana da modelli di sfruttamento estrattivi. Rivendicazioni riscontrabili anche in seno alle eterogenee declinazioni della società civile africana, il cui coinvolgimento è imprescindibile al fine di elaborare un Piano che sia davvero co-costruito con i partner africani – laddove i partner non siano solo le élite – e che si configuri come non predatorio e paritario. Ciò implica in ogni settore, anche in quelli più innovativi, allontanarsi da quelle logiche di sfruttamento che tanto a lungo hanno caratterizzato il rapporto con i Paesi africani, per favorire innanzitutto la creazione e la crescita di catene del valore locali, foriere di uno sviluppo africano a 360 gradi.

Complice anche la presidenza del G7, nel 2024 l’Italia ha lo spazio politico a livello internazionale per portare avanti un cambio di passo che contribuisca davvero a sbloccare le potenzialità dell’Africa. Una relazione che deve estendersi anche sul piano finanziario, attraverso la riforma dell’architettura finanziaria internazionale, della quale l’Italia può farsi portavoce in sede G7, e con soluzioni che contribuiscano a fornire un sostegno immediato alla liquidità e a ripristinare la sostenibilità del debito dei Paesi africani. La posta in gioco è alta. Il Piano Mattei saprà essere la giusta cornice per questo cambio di paradigma?

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