Il presidente russo all’inizio di gennaio, in un incontro con uomini d’affari a Khabarovsk, ha dato ai presenti una notizia-bomba: malgrado le sanzioni e tutte le pressioni a cui ci sottopongono i nostri nemici, ha affermato, la Russia ha ormai conquistato il primo posto tra le economie dell’Europa, diventandone il Paese più forte! Ma è davvero così? Non proprio, spiega l’economista Stefania Jaconis
All’inizio di gennaio, in un incontro con uomini d’affari a Khabarovsk, nell’estremo oriente del Paese, Vladimir Vladimirovich Putin si è concesso la soddisfazione di dare ai presenti una notizia-bomba: malgrado le sanzioni e tutte le pressioni a cui ci sottopongono i nostri nemici, ha affermato, la Russia ha ormai conquistato il primo posto tra le economie dell’Europa, diventandone il Paese più forte! (Abbiamo superato, compagni, la Germania!) A livello mondiale, la potenza economica del Paese collocherebbe oggi la Russia al quinto posto, dopo Cina, Stati Uniti, India e Giappone. Il presidente si è detto poi ottimista sul fatto che questo stato di cose non solo si manterrà, ma è addirittura destinato a migliorare, dato che l’economia del Paese potrebbe crescere, nel 2023, di oltre il 4%.
Queste parole, che Putin ha abborracciato impappinandosi almeno un paio di volte (è noto che l’economia è un argomento che il presidente conosce poco, e che lo annoia profondamente) ovviamente hanno fatto scalpore, e con buona ragione: vedere fino a che punto rispondano al vero è importante anche per le decisioni sulla continuazione dei vari tipi di sostegno all’Ucraina, e sull’opportunità di proseguire nella politica delle sanzioni. Infatti, si dice con abbastanza ragionevolezza, se l’economia della Federazione Russa è tanto resiliente che le sanzioni – applicate in modo parziale e in gran parte evase – addirittura ne rafforzano la capacità produttiva, e indirettamente contribuiscono ad aumentare il benessere della sua popolazione, tanto vale piantarla qui, e arrendersi all’evidenza di una “forza maggiore” su cui non abbiamo prove, ma che prima o poi costringerà i Paesi Nato ad accordarsi su “qualunque” tipo di negoziato…
È valido questo ragionamento, se sviluppato sulla base di confronti internazionali tra i dati economici?
Per poter dare una risposta a questa domanda occorre capire il significato delle valutazioni comparative su cui poggiano le affermazioni di Putin. Intanto va detto che i dati sulla produzione “effettiva” dei diversi Paesi nel 2023 saranno disponibili, anche da parte dell’ufficio statistico russo, solo nell’aprile di quest’anno, e quindi il presidente si basa su dati non proprio attualissimi. Le stime più aggiornate (ottobre 2023) del Fondo Monetario Internazionale prevedono per la Federazione Russa un incremento dell’economia nel 2023 pari al 2, 2%, di contro a un tasso mediano del 2, 9 per i paesi emergenti. Quello russo calerebbe poi all’1, 1% nel 2024, a fronte di un tasso mediano che invece si dovrebbe mantenere sul 2, 9% per il secondo gruppo di Paesi (ricordiamo che, nella suddivisione contabile degli organismi internazionali, l’economia russa viene annoverata tra quelle “emergenti”).
Teniamoci dunque ai valori del 2022. Putin – con un festoso ritardo – ha citato dati misurati sulla base della cosiddetta PPA, ossia della Parità di Potere di Acquisto. Di che si tratta? È un indicatore comparativo che misura i valori non al tasso di cambio effettivo fra la valuta di un Paese e una internazionale (di solito il dollaro), bensì usando un tasso di conversione costruito artificiosamente sulla base di un paniere di beni similari, al fine di valutare la “capacità di acquisto” di questi beni da parte dei diversi abitanti del pianeta, dei quali si valuta così lo stato di benessere relativo. È un calcolo che permette di confrontare la capacità di spesa del consumatore medio in Paesi “simili” per struttura produttiva e livello di reddito. Di conseguenza, non ha molto senso usarlo per fare raffronti fra economie avanzate e economie emergenti, o per fare paragoni fra Paesi con economie basate su materie prime e Paesi con forti settori manifatturieri e attività che sono prevalentemente di trasformazione. E questa è una prima notazione.
Ma c’è altro da dire: anche il lettore meno attento avrà capito, a questo punto, che un indicatore del genere ha un qualche significato, per valutare il benessere di una popolazione, solo se considerato “nella media” – e non, come fa il Nostro, misurando la massa di potere d’acquisto dell’intera nazione.
Tanto più che – vale la pena di ricordare – l’ultimo World Wealth Report certifica che, per quanto riguarda la distribuzione della ricchezza, la Russia è oggi il Paese meno egualitario al mondo: è un Paese in cui l’1% della popolazione controlla circa il 50% della ricchezza globale. Pertanto, la massa globale di potere d’ acquisto significa ben poco ai fini di una valutazione del benessere del cittadino russo medio.
Ad ogni buon conto, seguiamo il presidente nella sua valutazione della potenza economica del Paese sulla base di una massa fisica di produzioni fittizie. Dimenticando quanto detto (e una serie di altre cose), si ha dunque che nel 2022 la Russia avrebbe prodotto “beni” per un importo globale pari a 5, 33 trilioni di dollari, di contro ai 5, 32 trilioni prodotti dalla Germania. Ci sarebbe stato, dunque, – anche se non di tantissimo – il promesso e tanto atteso “sorpasso”: la Russia è ormai una potenza economica che produce più della Germania! Tutto vero, e certificato da dati internazionali.
E non solo: il calcolo in termini di PPA permette alla Federazione di scalare arditamente tutte le statistiche, così che nel 2022 (mese più mese meno) il Paese entra baldanzosamente a far parte delle prime 5 o 6 economie mondiali.
Ma c’è un però, che è il seguente: come noto, un elemento cardine di valutazione economica, e di raffronto, è costituito dalla produttività dei fattori impiegati nel processo produttivo; quindi sia la produzione che il reddito generato vanno misurati in riferimento alle unità impiegate. È per questo che, per confrontare lo stato di avanzamento delle diverse economie, si usano come indicatori il reddito pro capite e le sue variazioni nel tempo. E qui viene il bello: se teniamo conto delle popolazioni dei due Paesi, pur mantenendo come parametro il prodotto misurato a PPA, il quadro cambia radicalmente: calcolato “pro capite”, il prodotto fisico della Russia nel 2022 risulta avere un valore di circa 36.000 dollari, contro i 63.500 di quello della Germania!
(Qualcosa da eccepire, Mr. Putin?)
A questo punto possiamo abbandonare le affermazioni megalomaniache del Nostro, per ritornare ai principi basilari di quella che qualcuno definì “la scienza triste”. E tale è sicuramente per la Federazione Russa: sulla base di tutte le statistiche economiche (che non siano quella citata da Putin) i dati hanno testimoniato negli anni un allontanamento progressivo di rango tra la produzione, e il benessere, della Russia e gli stessi valori per tutte le altre economie dell’area ex Comecon, e non solo. Così, l’International Comparison Program della Banca Mondiale, che fornisce statistiche comparative per oltre 170 Paesi, con stime a cadenza triennale, nell’ultima edizione disponibile (a prezzi 2017) riporta per la Russia un livello di consumo pro capite che in Europa la pone al di sotto non solo di Olanda, Svezia e Portogallo, ma ormai anche di paesi come la Romania, la Bulgaria, la Turchia, le repubbliche Baltiche. Paesi, tutti, che a questo punto hanno abbondantemente “sorpassato” la Russia.
(Anche l’International Comparison Program, per altro, fa uso di indici basati sulla PPA.)
E torniamo alle statistiche più usate per le valutazioni di policy, e cioè quelle basate sui tassi di cambio di mercato. Misurato con questa metodologia, il Prodotto Interno Lordo della Russia su scala mondiale negli ultimi 10 anni si è attestato su valori che lo ponevano sistematicamente su posizioni prossime alla sessantesima – con oscillazioni dovute per lo più alle variazioni del prezzo del petrolio. E le prospettive per il futuro non appaiono molto rassicuranti: l’ultima previsione disponibile, quella del Fondo Monetario Internazionale relativa al 2024, colloca l’economia russa, su scala mondiale, addirittura al settantunesimo posto…
In conclusione: se lo stato di salute dell’economia russa non è quello propagandato dal presidente del Paese bensì quello reale, noi italiani possiamo consolarci per essere “indietro” nella graduatoria, in quanto l’economia putiniana di oggi, sulla base delle statistiche di Khabarovsk, presenta due caratteristiche fondamentali: quella di essere al primo posto in Europa, e quella di non esistere.