La formazione oggi non può permettersi di prescindere dalle opportunità offerte dalla tecnologia e dalle sfide alle quali quest’ultima ci invita e non ha più senso parlare di dualismo tra università telematiche e tradizionali, dovendosi ricercare – e, di conseguenza, premiare – unicamente il valore e la competenza. L’intervento di Luca Longhi, ordinario di Istituzioni di diritto pubblico-Università Telematica Pegaso
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L’università è, per definizione, una delle istituzioni maggiormente soggette al cambiamento, in quanto il sapere che si incarica di trasmettere costituisce materia in perenne evoluzione.
I docenti, prima ancora che i discenti, sono chiamati ad adeguare la propria forma mentis ad una società in continua trasformazione, sforzandosi di mantenere (a prescindere dall’invecchiamento anagrafico e dagli avanzamenti di carriera) quell’attitudine a mettere in dubbio le certezze preconfezionate che deve averne caratterizzato perlomeno i primi approcci con la ricerca.
L’emergenza sanitaria che abbiamo vissuto nell’ultimo triennio si è rivelata per l’università italiana un esame impegnativo e del tutto imprevisto, imponendole prove che sembravano dapprima collocate in un orizzonte futuro apparentemente sempre di là da venire e che, invece, tutto ad un tratto, si sono materializzate nella loro inesorabile immediatezza ed urgenza.
La distanza temporale dai fatti ci consente ormai di provare a mettere ordine nei ricordi con una certa lucidità, richiamando alla mente giorni difficili di reclusione forzata tra le pareti domestiche.
Eppure, in quei momenti di incertezza e smarrimento per tutto il Paese, la comunità delle università telematiche ha fin da subito saputo rispondere presente, continuando a fornire, praticamente senza alcuna soluzione di continuità, i servizi richiesti dalla propria numerosa platea di riferimento.
Da docente già allora in servizio in una telematica, sono stato testimone di una storia esemplare di efficienza e laboriosità in una fase in cui interi settori cruciali della vita pubblica erano obbligati a fermarsi, con gravi ricadute (economiche, occupazionali, psicologiche) per la collettività.
Gli atenei “tradizionali” (per non parlare del mondo della scuola) hanno dovuto rincorrere un modello tecnologico che le telematiche conoscevano a menadito, avendolo creato e abbondantemente rodato in tempi non sospetti, non senza disagi e criticità – com’era, d’altronde, normale che fosse – per i relativi studenti.
Nell’Italia del lockdown siamo stati costretti, nostro malgrado, a scoprire le virtù dei servizi on demand, ivi compresa – non sembri scandalosa la definizione – la stessa istruzione universitaria.
Usufruendo di lezioni scaricabili ad ogni ora del giorno e della notte e potendo disporre di piattaforme munite di molteplici strumenti di didattica interattiva (forum tematici, videoconferenze, aule virtuali, ecc.), gli studenti delle telematiche non hanno risentito di alcun disservizio.
Dal mio peculiare punto di vista, posso dire, anzi, che le interazioni con gli studenti sono risultate uno stimolo costante a tenere la mente allenata e, per certi versi, anche un antidoto alla malinconia di giornate casalinghe tutte uguali.
In quella circostanza, le università telematiche hanno dimostrato a quanti non ne conoscevano le potenzialità di possedere – oltre ad un corpo docente ed amministrativo assolutamente all’altezza della situazione – anche un’anima, a dispetto dei pregiudizi che poteva nutrire una parte dell’opinione pubblica.
Se una lezione positiva possiamo trarre dall’esperienza della pandemia, è l’avere sdoganato una volta e per tutte l’insegnamento online, con tutti i suoi vantaggi, in una realtà, quella italiana, che, a differenza degli altri Paesi occidentali, guardava ancora con diffidenza alla sua introduzione.
La formazione oggi non può permettersi di prescindere dalle opportunità offerte dalla tecnologia e dalle sfide alle quali quest’ultima ci invita e, per i motivi che si è avuto modo di richiamare sia pure in maniera sommaria in questa sede, non ha più senso parlare di dualismo tra università telematiche e tradizionali, dovendosi ricercare – e, di conseguenza, premiare – unicamente il valore e la competenza.
Come sempre avvenuto nella storia dell’uomo, è dalle crisi che scaturiscono le grandi rivoluzioni che segnano la strada del progresso.
Mi piace pensare che dalla pandemia, che tutti ci auguriamo di esserci definitivamente lasciati alle spalle, sia residuato, se non altro, un prezioso lascito in termini di pluralismo rappresentato dalla formazione online, che, abbattendo le barriere geografiche e culturali tra centro e periferie, potrà contribuire sempre più alla costruzione di una società più giusta e dinamica.