Xi avrebbe assicurato a Biden che Pechino non interferirà con le elezioni presidenziali. Ma per il capo del Bureau “hanno promesso tante cose nel corso degli anni, ci crederò quando le vedrò”. Intanto, le autorità americane hanno bloccato una rete di hacker sostenuti da Pechino
Un colpo al cerchio e uno alla botte. O, meglio, bastone e carota. Prima fonti anonime americane hanno spiegato all’emittente Cnn che il preside cinese Xi Jinping avrebbe rassicurato l’omologo Joe Biden, durante il loro incontro in California a novembre, che la Cina non interferirà con le elezioni presidenziali che avranno luogo a novembre di quest’anno negli Stati Uniti. Poi l’Fbi ha annunciato di aver smantellato una rete di hacker cinesi negli Stati Uniti e il direttore dell’agenzia, Christopher Wray, è stato molto prudente sulle garanzie assicurate da Pechino.
Le due superpotenze si parlano, come dimostra la prima riunione sui narcotici tenutasi in questi giorni, uno dei risultati tangibili dell’incontro tra i due leader e di quelli dei vari ministri. Lo dimostra anche il fatto che “presto” potrebbe essere organizzato un colloquio telefonico tra Biden e Xi, come ha spiegato Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, di ritorno dalla Thailandia, dove ha incontrato il ministro degli Esteri cinese Wang Yi. Tanti i dossier sul tavolo: Sullivan, riporta il Financial Times, ha riferito di aver sollevato con Wang i timori americani per il sostegno della Cina agli sforzi della Russia per ricostruire la sua base industriale per la difesa, l’obbligo che la Cina ha di far leva sull’Iran per gli attacchi degli Houthi del Mar Rosso anche considerata l’importanza che il Mar Rosso ha nei rapporti commerciali fra Cina e Europa.
Ma le distanze rimangono. Ieri, infatti, l’Fbi ha annunciato di aver smantellato una rete di hacker cinesi, nota come Volt Typhoon, che prendeva di mira le principali infrastrutture del settore pubblico americano. Il direttore Wray ha spiegato in audizione al Congresso che nel maggio 2023 gli Stati Uniti e i loro alleati hanno accusato il gruppo sostenuto dalla Cina di essersi infiltrato nelle reti strategiche statunitensi, accuse subito respinte da Pechino. Wray ha aggiunto che gli hacker erano pronti a “creare caos e causare danni ai cittadini e alle comunità americane. Se e quando la Cina deciderà che è giunto il momento di colpire, non si concentrerà solo su obiettivi politici o militari”, ha aggiunto il direttore. Il viceprocuratore generale Matthew Olsen, che lavora nella divisione di sicurezza nazionale del dipartimento di Giustizia, ha affermato che l’accesso alle infrastrutture statunitensi da parte di Volt Typhoon è qualcosa che la Cina “potrebbe sfruttare in una crisi futura”.
Alla domanda su quali garanzie l’Fbi avesse avuto dalla Cina, Wray ha risposto: “Hanno promesso tante cose nel corso degli anni, per cui penso che ci crederò quando le vedrò”. L’audizione non ha affrontato il rischio di interferenze alle elezioni, ma su come gli hacker asiatici potrebbero violare i network di porti, aeroporti, infrastrutture legate alla produzione di energia. “La verità è che i cinesi hanno acquisito un vantaggio in campo tecnologico. Noi gli abbiamo facilitato il compito”, ha spiegato alla commissione Jen Easterly, che dirige la Cybersecurity and Infrastructure Security Agency.