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Piano Mattei, occhio alla disinformazione cinese

Sul “Global Times” un articolo cita le parole del presidente keniota Ruto legandole al vertice di Roma convocato da Meloni a gennaio. In realtà, si riferiscono a un altro appuntamento internazionale di fine 2022. E anche le parole di Faki (Unione africana) in Italia vengono scelte in maniera selettiva. Il tutto per sostenere la tesi che mentre l’Occidente fatica, Pechino consolida i suoi legami con il continente. Ma non è proprio così

I rapporti dell’Africa con l’Occidente si fanno incerti, quelli con la Cina continuano a rafforzarsi. Così recita un titolo del Global Times, quotidiano in lingua inglese della propaganda cinese, firmato dalla giornalista keniota Joyce Chimbi, che sulla stessa testata ha già scritto pezzi contro il Global Gateway europea come alternativa credibilità alla Belt and Road cinese.

Nell’articolo, pubblicato nelle ore del summit dell’Unione africana, viene citato il presidente keniota William Ruto, che a maggio dell’anno scorso ha chiesto rispetto per i leader africani dicendo: “Abbiamo deciso che non è intelligente per 54 di noi andare a sedersi davanti a un signore di un altro luogo. E a volte veniamo maltrattati”. Scrive il Global Times che il riferimento sarebbe “a un invito al Vertice Italia-Africa che si è tenuto alla fine di gennaio 2024. Alla fine”, si legge ancora, il leader “ha partecipato al vertice”.

In realtà, il riferimento era al summit dei leader di Stati Uniti e Africa tenutosi nel dicembre del 2022.

Ma l’autrice insiste sul vertice di Roma convocato da Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, il mese scorso per gettare le base del Piano Mattei per l’Africa. “Durante il vertice, Moussa Faki, attuale presidente della Commissione dell’Unione africana, ha pronunciato un discorso molto duro, affermando che, sebbene il continente accolga con favore le opportunità di rafforzare le relazioni, è necessario un cambiamento di paradigma per facilitare un nuovo modello di partnership, poiché ‘l’Africa non tende le mani ai partner come un mendicante’ e ‘non possiamo accontentarci di semplici promesse che non possono essere mantenute’”.

Citazione corretta, ma il collegamento “romano” tra le parole di Ruto e quelle di Faki, come spiegato, non c’è.

Tutto, però, serve per sostenere che in Africa c’è “un crescente risentimento per il modo in cui l’Occidente ha continuato a interagire con quei Paesi poveri e vulnerabili in via di sviluppo, con gravi conseguenze”. E che “questi toni e livelli di critiche non saranno mai rivolti alla Cina, poiché i Paesi africani riconoscono l’impegno sincero della Cina nei confronti del continente”.

In realtà, anche qui la semplificazione non paga, visto che “se consideriamo la presenza cinese in Africa, le discriminazioni e le violenze razziali sono comunemente associate alla manodopera nelle imprese gestite da cinesi e ai casi di ‘autosegregazione’ cinese”, si legge in un articolo della London School of Economics.

La realtà sembra più complessa, come dimostra il summit di ieri dell’Unione africana. L’Africa non ha un’unica voce e, soprattutto, la visione che emerge è quella di multi-allineamento con una visione larga delle dinamiche internazionali e della scelta dei partner. Lo ha detto proprio Faki a Roma: principio cardine per l’Africa è la “libertà di scelta dei suoi partner, libertà non allineata a un blocco unico”.



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