Su Repubblica, Berizzi ha raccontato la presenza di tre neofascisti italiani al ricevimento dell’ambasciatore Paramonov per la Giornata dei diplomatici russi. Al centro dell’evento, la figlia di Dugin, che diplomatica non era. Un elemento nuovo che dice molto del regime di Putin
Ieri, su Repubblica, Paolo Berizzi ha raccontato la presenza di tre neofascisti italiani al ricevimento dell’ambasciata russa a Roma, in via Gaeta, per la Giornata dei diplomatici russi. Si tratta di Maurizio Murelli, condannato a 18 anni per concorso in omicidio (nel 1973 aveva fornito la bomba a mano con cui venne ucciso un agente di polizia nel “giovedì nero” di Milano), che, scrive Berizzi, “è stato definito uno degli uomini chiave dell’infiltrazione politica di matrice neonazifascista nella Lega salviniana vicina al Cremlino”; di Rainaldo Graziani, figlio del cofondatore di Ordine Nuovo; e di sua moglie Ines Pedretti. Le loro nostalgie si sono intrecciate sempre più spesso con la propaganda russa sull’invasione dell’Ucraina iniziata il 24 febbraio di due anni fa.
Ma oltre al paradosso di quelli che dicono di voler “denazificare” l’Ucraina ma s’accompagnano ai nostalgici del fascismo, c’è un altro elemento interessante da evidenziare. La scelta dell’ambasciatore russo Alexey Paramonov di commemorare Daria Dugina, la figlia del filosofo considerato vicino al leader Vladimir Putin e grande sostenitore della guerra in Ucraina (che spesso Murelli, Graziani e Pedretti hanno ospitato in Italia), uccisa il 20 agosto 2022 da una bomba sotto la sua vettura. Murelli e Graziani l’hanno ricordata anche un mese fa con un evento a Milano alla libreria di estrema destra Ritter. Un evento accompagnato dalla manifestazione organizzata da +Europa e dall’associazione UaMi a Milano a cui hanno preso parte anche diversi parlamentari: Benedetto Della Vedova (+Europa), Ivan Scalfarotto (Italia Viva), Mariastella Gelmini (Azione) e Lia Quartapelle (Partito democratico).
Ecco le parole dell’ambasciatore per descrivere Dugina, la cui figura è stata al centro dell’evento: “Per quanto non fosse una diplomatica, rappresentava idee legate all’armonia universale, ai nobili ideali ed esprimeva il suo immenso amore per la Russia e la sua sconfinata cultura spirituale: tutti concetti molto cari alla diplomazia russa”.
Parole che raccontano come la distanza tra la diplomazia russa e un’ideologia russa che fa perno su presunte radici storiche si stia fortemente riducendo. Una quasi sovrapposizione possibile solo in sistemi totalitari. E non a caso è la Cina, partner “senza limiti” della Russia, il miglior esempio di diplomazia e ideologia che vanno a braccetto facendo leva su un approccio che si basa sulla mobilitazione dell’intera società, comprese figure simili a Dugina, politologa e giornalista delle emittenti filo Cremlino.