La consapevolezza e l’empowerment del cittadino-utente sono considerati la bussola indispensabile per orientarsi nell’era digitale, con cui occorre familiarizzare fin dai banchi di scuola e poi all’interno di percorsi di lifelong learning. In questa prospettiva, occorre ricordare come il Pnrr faccia sistema, integrandovisi, con altre iniziative e indirizzi europei, tutti convergenti verso analoghe finalità. L’intervento di Davide De Lungo, professore di Diritto pubblico presso l’Università San Raffaele di Roma
La formazione e la didattica digitale rappresentano due dei principali driver strategici del dispositivo Next Generation Eu e del Pnrr, come componenti del più ampio obiettivo della transizione digitale, alla quale il Regolamento (Ue) 2021/241 prescrive siano destinate almeno il 20% delle risorse complessive di ciascun Piano nazionale.
La transizione digitale indica il fenomeno di riconcettualizzazione e trasformazione delle strutture e dei processi sociali, economici, culturali e istituzionali determinato dalle tecnologie digitali, che, nel dischiudere nuove potenzialità e rischi, presuppone – o meglio impone – la definizione di appropriati paradigmi educativi, strumenti didattici, tipi di conoscenze e competenze, a livello tanto dei discenti quanto dei docenti. La consapevolezza e l’empowerment del cittadino-utente sono infatti considerati la bussola indispensabile per orientarsi nell’era digitale, con cui occorre familiarizzare fin dai banchi di scuola e poi all’interno di percorsi di lifelong learning, sia per governare evoluzioni altrimenti travolgenti, sia per scongiurare forme di esclusione o marginalizzazione.
In questa prospettiva, occorre ricordare come il Pnrr faccia sistema, integrandovisi, con altre iniziative e indirizzi europei, tutti convergenti verso analoghe finalità: la Comunicazione della Commissione «Shaping Europe’s Digital Future» del 19 febbraio 2020, il Piano d’azione per l’istruzione digitale (2021-2027), il programma in corso di negoziazione «Percorso per il decennio digitale».
Il nostro Paese – come evidenziato nell’ultimo rapporto sull’Italia dell’Indice di digitalizzazione dell’economia e della società (Desi) 2022 – sconta alcuni ritardi, collocandosi al 25º posto su 27 Paesi dell’Ue. Come si legge nel documento, solo il 46 % delle persone possiede perlomeno competenze digitali di base, un dato al di sotto della media Ue pari al 54%. Il divario rispetto alla media Ue è più ridotto quando si tratta di persone in possesso di competenze digitali superiori a quelle di base (23% in Italia rispetto al 26% nell’Ue). Il Paese ha una percentuale molto ridotta di laureati nel settore delle tecnologie dell’informazione e comunicazione (Tic): solo l’1,4% dei laureati italiani sceglie discipline Tic, il che rappresenta il dato più basso registrato nell’Ue. Nel mercato del lavoro la percentuale di specialisti Tic è pari al 3,8% dell’occupazione totale, ancora al di sotto della media Ue (4,5%). Parallelamente solo il 15% delle imprese italiane eroga ai propri dipendenti formazione in materia di Tic, cinque punti percentuali al di sotto della media Ue. Le statistiche dell’Italia sono più vicine alla media Ue per quanto riguarda la presenza delle donne nel settore digitale: gli specialisti Tic di sesso femminile rappresentano il 16% degli specialisti Tic totali, rispetto a una media Ue del 19%.
Il Pnrr italiano – al momento della sua stesura aggiornato al rapporto Desi 2020 – muove proprio dal dichiarato intento di superare tali criticità mettendo in campo una serie di riforme e investimenti, soprattutto nell’ambito della Missione 4 «Istruzione e ricerca» – Componente 1 «Potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione: dagli asili nido alle Università». Proviamo qui di seguito a illustrare in modo sintetico i principali.
Cominciando dagli investimenti, un primo intervento è intitolato «Didattica digitale integrata e formazione sulla transizione digitale del personale scolastico» (M4C1-Investimento 2.1) per cui sono stanziate sovvenzioni pari a complessivi 800 milioni di euro, destinati a creare un sistema permanente per lo sviluppo della didattica digitale e delle competenze digitali e didattiche del personale scolastico, anche con riguardo all’intelligenza artificiale. L’obiettivo che si persegue al 31 dicembre 2025 – nella versione aggiornata del Piano – è di formare almeno 650.000 unità di personale scolastico, tra dirigenti scolastici, insegnanti e personale amministrativo.
Un secondo intervento è denominato «Nuove competenze e nuovi linguaggi» (M4C1-Investimento 3.1), con sovvenzioni per complessivi 1,1 miliardi di euro al fine di integrare, all’interno dei curricula di tutti i cicli scolastici, attività, metodologie e contenuti volti a sviluppare le competenze Stem, digitali e di innovazione. Particolare attenzione è dedicata al garantire le pari opportunità e la parità di genere in termini di approccio metodologico e di attività di orientamento Stem. L’obiettivo al 30 giugno 2025 è far sì, da un lato, che almeno 8.000 scuole a quella data abbiano attivato progetti di orientamento Stem; dall’altro lato, che siano realizzati almeno 1.000 corsi annuali di linguaggio e metodologia erogati a tutti gli insegnanti.
Il terzo intervento è «Scuola 4.0 – scuole innovative, nuove aule didattiche e laboratori» (M4C1-Investimento 3.2), che stanzia complessivi 2,1 miliardi di sovvenzioni, per mezzo dei quali si intende accelerare la transizione digitale del sistema scolastico italiano con quattro iniziative: 1) la trasformazione di circa 100.000 classi tradizionali in connected learning environments, con l’introduzione di dispositivi didattici connessi; 2) la creazione di laboratori per le professioni digitali nel II ciclo; 3) la digitalizzazione delle amministrazioni scolastiche; 4) il cablaggio interno di circa 40.000 edifici scolastici. Il traguardo iniziale, da realizzare entro il 30 giugno 2022, che prevedeva l’adozione del Piano Scuola 4.0 al fine di favorire la transizione digitale del sistema scolastico italiano, è stato raggiunto con l’emanazione del D.M. n. 161 del 14 giugno 2022 con cui è stato adottato il Piano. Vi è, poi, un successivo obiettivo al 31 dicembre 2025, che prevede la trasformazione di almeno 100.000 classi in ambienti di apprendimento innovativi. L’investimento deve dotare almeno 100.000 aule delle scuole primarie e secondarie utilizzate per l’insegnamento di tutte le tecnologie didattiche più innovative (ad esempio, dispositivi di programmazione e robotica, dispositivi di realtà virtuale e dispositivi digitali avanzati per l’insegnamento inclusivo).
A completamento del quadro occorre poi ricordare tre riforme di portata significativa.
Anzitutto, la riforma degli istituti tecnici e professionali (M4C1-R.1.1), la quale mira ad allineare i curricula degli istituti tecnici e professionali alla domanda di competenze che proviene dal tessuto produttivo del Paese e, in particolare, a orientare l’istruzione tecnica e professionale verso l’innovazione introdotta da Industria 4.0, incardinandola nel contesto dell’innovazione digitale. La riforma, che aveva un primo traguardo al 31 dicembre 2022, è stata disposta dal D.L. 144/2022, e al 31 dicembre 2024 è attesa anche l’adozione delle disposizioni attuative.
Analogo scopo si prefigge, per il comparto dell’istruzione terziaria, la riforma degli istituti tecnici superiori, i c.d. ITS Academy (M4C1-R.1.2), disposta con la L. 99/2022 e poi attuata con diversi atti legislativi delegati e ministeriali.
Chiude il cerchio, infine, la riforma delle classi di laurea triennali e magistrali (M4C1-R.1.5), disposta con due D.M. 19 dicembre 2023, all’interno delle quali vengono ora a trovare un ampio rilievo i percorsi e le competenze connesse alla digitalizzazione, in una chiave multidisciplinare.
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