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L’ascesa di Golda Meir, madre single e amante. Il libro di Fiorito

Di Elisabetta Fiorito

“Golda. Storia della donna che fondò Israele” (Giuntina) di Elisabetta Fiorito, giornalista parlamentare di Radio 24, è la prima biografia italiana della prima premier donna di Israele. Pubblichiamo un estratto sulla sua ascesa politica

La coppia si trasferisce a Gerusalemme, anni squallidi e di povertà estrema li definisce Golda, che si impegna però ad essere una buona moglie. Nel 1924 nasce il primogenito Menachem, nel 1926, nasce la seconda figlia, Sarah. Trova lavoro all’Ufficio dei lavori pubblici, il Solel Boneh, diretto da David Remez, in seguito primo ministro dei Trasporti dello Stato d’Israele e cofirmatario della Dichiarazione d’Indipendenza. Lei e Morris si alternano nel lavoro in ufficio ma Golda si sente sola, le manca la vita del kibbutz, vivono a ridosso di Mea Shearim, il quartiere ortodosso dove vengono additati come pagani.

I due per quanto poveri, però, sono già fortunati ad avere un lavoro. Nel 1927 i disoccupati dello yishuv ammontano a circa 7000 persone, il 5 per cento di tutta la popolazione ebraica residente, anni in cui iniziano i contrasti tra la manodopera ebraica e araba, il salario di un operaio ebreo è basso, ma un arabo è disposto a lavorare per compensi ancora più esigui. Gli inglesi non fanno nulla per sviluppare il paese, in preda ai ricatti del Muftì di Gerusalemme, Amin al-Husseini, che vuole fermare l’immigrazione ebraica e che si alleerà con Hitler nella Seconda guerra mondiale. Golda prova ad essere madre e moglie, ma non riesce a sopportare questa vita. È sempre David Remez a offrirle la via d’uscita. Lo incontra casualmente una mattina di pioggia a Tel Aviv davanti all’edificio dell’Histadrut, il sindacato sionista, le offre un impiego come segretaria al Consiglio delle lavoratrici a Tel Aviv. Golda accetta. È il 1928. Si trasferisce con i ragazzi, Morris resta a Gerusalemme.

Madre single e amante

Finalmente, è libera, anche se non è una separazione ufficiale. Ha trent’anni, non è bella, ma attraente, molto diversa dall’iconografia classica della nonna d’Israele con le calze contenitive e le scarpe con i lacci che diventerà la sua immagine ufficiale in seguito. Scarpe che in futuro verranno soprannominate goldie e diventeranno uno status symbol in Israele.

Quell’epoca, però, è ancora lontana. Golda è una giovane donna nervosa, beve caffè a più non posso e diventa una fumatrice accanita, una ne spegne un’altra ne accende, generalmente Chesterfield senza filtro. Si innamora di nuovo, l’uomo in questione è proprio David Remez, dodici anni in più di lei, calvo, leggermente appesantito, sposato, ma figura affascinante che incarna gli ideali sionisti. I due si capiscono al volo perché provengono dallo stesso luogo, l’ex impero zarista. Remez è nato in Bielorussia, perdono la testa, ma per l’epoca non è scandaloso per un uomo avere un’amante, pratica frequente nell’Histadrut, del tutto diverso il giudizio sulle donne e, su Golda, madre separata con due figli, piovono critiche feroci. La giovane donna deve affrontare prima di tutto la famiglia. La madre Bluma, che insieme al padre da due anni si è trasferita dagli Stati Uniti a Herzliya, è furiosa. Vorrebbe che la figlia chiedesse perdono a Morris e tornasse dal marito, ma Golda si rifiuta: «amo un altro», le dice senza peli sulla lingua. Dal canto suo, Remez non ha intenzione di lasciare la moglie, non si separerà mai, ma rimarrà prima come amante poi come amico al fianco di Golda fino alla morte, i due si scriveranno messaggi in codice negli anni a venire in un legame che lo stesso figlio di Remez definirà più profondo di quello che abbia mai avuto con la madre.

A Golda va bene così, vuole essere libera; non ha lasciato Morris per essere intrappolata di nuovo in un’altra relazione e Remez non è l’unico amante. Per un breve periodo, frequenta anche Zalman Rubashov Shazar, poeta, commentatore, oratore, futuro presidente dello Stato dal 1963 al 1973 quando Golda sarà nominata primo ministro. Se Remez rappresenta il cervello del movimento sionista, Shazar ne è l’anima. Ovviamente anche lui è sposato, anzi è cosa nota che abbia molte amanti, malgrado sua moglie Rachel Katznelson sia la voce del movimento femminista sionista insieme ad Ada Maimon, leader del Consiglio delle lavoratrici dell’Histadrut. Agli occhi di oggi sarebbe impossibile immaginare che amante e moglie possano lavorare insieme e avere magari relazioni cordiali, ma le due si incontreranno molto spesso nella vita e Rachel parlerà bene dell’operato di Golda negli Stati Uniti nelle lettere al marito.

Da semplice segretaria del Consiglio delle lavoratrici ebree, Golda inizia a conquistare posizioni per le sue abilità politiche. Come è successo a Merhavia, viene accusata dalle altre, soprattutto da Ada Maimon, di non essere femminista perché non combatte abbastanza per le istanze delle donne. Ma a Golda non interessa e non interesserà mai particolarmente la politica di genere, per lei gli uomini non sono il nemico perché l’essenziale è l’unità del partito. La sua scelta è vincente rispetto ad Ada Maimon, sempre pronta a pungolare i capi dell’Histadrut con domande scomode. Così, malgrado sia appena arrivata, viene indicata dai dirigenti del sindacato per andare a raccogliere fondi negli Stati Uniti, proprio insieme ad Ada Maimon, furiosa per la scelta di una persona che ritiene inesperta. Ma per la dirigenza è la persona giusta per la missione: è giovane, piena di vita e dall’inglese impeccabile, un particolare da non sottovalutare nella yishuv di quegli anni e che la porterà a diventare il cardine delle campagne di raccolta fondi del futuro Stato negli anni a venire.

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