In esclusiva a Formiche.net parla il poliziotto che Londra propone come prossimo segretario generale dell’organizzazione. “Dovremo occuparci attentamente di come indagare in modo più efficace sulla criminalità informatica, come operare quando una vittima si trova in un Paese, il sospettato in un altro continente e i dati in un altro luogo ancora”, dice
Non il candidato britannico. E neppure quello europeo. Stephen Kavanagh vuole essere un candidato “globale” nella corsa a segretario generale dell’Interpol che lo vede impegnato con il brasiliano Valdecy Urquiza, lo zambiano Mubita Nawa e il pachistano Faisal Shahkar. Il suo curriculum – prima nella polizia britannica e poi all’Interpol come secondo funzionario più alto in grado dopo il segretario generale – e il suo impegno a coinvolgere i Paesi di Africa, Sud-Est asiatico e Americhe lo dimostrano, dice in questa intervista esclusiva rilasciata a Formiche.net.
Quali sono le sfide del decennio per l’Interpol?
È importante riconoscere che l’Interpol ha un ruolo speciale in un momento in cui il mondo è sempre più frammentato e messo alla prova, che si tratti di cambiamenti climatici, regime change o conflitti. Quello che posso dire, dopo quattro anni di lavoro come numero due, è che i criminali sfruttano le convenzioni in materia di giurisdizione. Per questo, in prospettiva, dovremo occuparci attentamente di come indagare in modo più efficace sulla criminalità informatica, come operare quando una vittima si trova in un Paese, il sospettato in un altro continente e i dati in un altro luogo ancora, con giurisdizioni e metodi investigativi diversi. Poi ci sono la crittografia che facilita il riciclaggio di denaro, le nuove forme di intelligenza artificiale generativa, i crimini ambientali e il traffico di esseri umani.
Come affrontare queste difficoltà?
L’Interpol deve avere più voce in capitolo su come il mondo debba unirsi per combatterle. Deve mantenere la neutralità e l’integrità. E se lo fa, e questo è ciò che intendo realizzare durante il mio mandato guida, l’Interpol ha un futuro davvero brillante e importante. Oggi è più importante che mai.
Il cosiddetto quinto dominio, cioè quello cibernetico, è influenzato sempre più dalla geopolitica?
Il cyberspazio è determinato dalla diffusione delle nuove tecnologie. Sicuramente ci saranno crimini ed eventi sponsorizzati dagli Stati. Ma l’Interpol deve concentrarsi sul suo mandato. Abbiamo visto esempi di abusi sessuali su minori sul dark web. I grandi Paesi del Nord America e del Sud-Est asiatico che si trovano in difficoltà nell’individuare la vittima, si rivolgono all’Interpol. Noi possiamo mettere a confronto le loro indagini. Ed è quello che abbiamo fatto di recente.
In che occasione?
Ultimamente abbiamo individuato un bambino vittima di abusi in Perù. Collaborando con le agenzie locali siamo riusciti a salvarlo. È una grande metafora per dire che, in un’epoca in cui ci sono set di dati di ogni tipo, in cui ci sono competenze che le forze dell’ordine non hanno, l’Interpol deve sostenere rapidamente le lezioni apprese. Deve essere in grado di coinvolgere partner privati fidati per prevenire i crimini in maniera più efficace. Questo approccio più coraggioso e innovativo è qualcosa che vorrei approfondire con i partner e con il settore tecnologico.
Come fronteggiare il narcotraffico diventato sempre più questione globale?
Uno dei privilegi che ho avuto negli ultimi quattro anni è stato quello di adattare la mia mentalità da nazionale a globale. In fatto di droghe non c’è uno schema unico: dobbiamo assicurarci di capire che mentre il fentanyl ha un impatto sul Nord America soprattutto in questo momento, il Captagon è un problema enorme per il Medio Oriente, la cocaina per l’Europa, l’ecstasy per il Sud-Est asiatico. Qualunque sia il tipo di droga, è importante la capacità dell’Interpol di unire i Paesi per esaminare i dati.
Il fentanyl rappresenta un elemento di crisi per gli Stati Uniti, causando circa 200 morti al giorno. Ma non solo per gli Stati Uniti, visto che si sta diffondendo rapidamente, anche in Europa. Esiste una soluzione?
La sfida del fentanyl è che si tratta di una droga facile da produrre con competenze e attrezzature di laboratorio minime e i profitti sono estremamente alti. Inoltre, essendo usato con altre droghe in piccole quantità, la gente non sa nemmeno che può esserne dipendente. È una minaccia strisciante. Mappare le minacce, interrompere i modelli commerciali e seguire i flussi di denaro è una parte di ciò che deve fare l’Interpol. Poi deve anche aiutare a diffondere ciò che viene appreso per affrontare rapidamente questi problemi. È qui che l’Interpol, in quanto organizzazione veramente globale e inclusiva, può fare la differenza.
Quanto è importante seguire il denaro quando si tratta di criminalità organizzata e narcotraffico?
In 35 anni di attività nel contrasto a crimine organizzato, terrorismo e simili, ho visto che troppo spesso i Paesi si limitano al sequestro della droga, agli arresti degli individui che potrebbero essere alla guida del camion, della nave o del container. Ma è fondamentale individuare le linee di comunicazione e quelle finanziarie di queste organizzazioni per distruggere il modello di business.
Abbiamo parlato di contrasto al crimine. Ma come prevenirlo?
Per me è importante catturare i criminali e vederli condannati. Ma in realtà ciò che più mi interessa è la prevenzione di questi crimini tramite la cooperazione. Ciò che mi piace del lavoro fatto con l’Italia è la visione e la determinazione ad assicurarsi tutto questo, che si tratti di Carabinieri, Guardia di Finanza o Polizia di Stato. Per esempio, se si parla di violenze sui minori online, non è solo un’epidemia, è un’epidemia silenziosa, è un segno di epidemia globale. E dobbiamo fare qualcosa di più per prevenire i crimini, non solo per individuare i cattivi.
Come vede l’intelligenza artificiale?
Penso che l’intelligenza artificiale sia una delle più grandi opportunità ma anche una delle più grandi sfide per le forze dell’ordine. E ciò dimostra che, almeno per quanto riguarda l’intelligenza artificiale, nessuna nazione è un’isola. È fondamentale collaborare con il settore tecnologico e tra nazioni per assicurarsi la sostenibilità di questa tecnologia in futuro.
Da tempo ormai, Taiwan chiede di partecipare all’Interpol dopo averne fatto parte dal 1961 al 1984, quando la Repubblica di Taiwan fu costretta a uscire dopo che l’organizzazione aveva riconosciuto la Repubblica popolare cinese. Da allora, la partecipazione di Taiwan è stata bloccata da una risoluzione approvata nel corso della 53ª Assemblea generale dell’Interpol dello stesso anno. Qual è la sua posizione?
Il presidente, il segretario generale e i membri del comitato esecutivo dell’Interpol sono tenuti a rispettare gli statuti e le risoluzioni approvate dall’Assemblea generale. E questo sarà fondamentale anche in futuro.
Come incide la volontà politica sul buon funzionamento dell’Interpol?
Questo è un punto molto importante. Il mondo politico ha compreso che non possiamo risolvere questi problemi da soli, che il law-enforcement non può essere misurato solo sui crimini che avvengono nel suo Paese ma deve comprendere anche quelli oltre i confini. Per questo dobbiamo lavorare sia con la politica sia con il settore della tecnologia. Law-enforcement e sicurezza pubblica non sono più solo una questione di forze dell’ordine, ma la sicurezza delle comunità di tutto il mondo sarà affrontata in modo più efficace con uno spirito di gruppo e l’Interpol dovrebbe essere la voce guida di come questo possa accadere.