La promozione degli interporti è una sfida per la competitività del Paese, la Legge Quadro è un’ottima notizia per l’intermodalità che guarda alla decarbonizzazione grazie al ferro e che valorizza il ruolo dei porti. L’intervento di Miro Scariot, esperto di relazioni istituzionali
L’Italia vuole giocare un ruolo sempre più centrale lungo la supply chain. Per perseguire questo obiettivo è però necessario promuovere politiche pubbliche capaci di rendere l’intermodalità un elemento strutturale. La posizione strategica nel Mediterraneo rappresenta un indubbio vantaggio competitivo nei confronti di altre realtà europee, ma questo non basta. È necessaria una migliore infrastrutturazione del Paese per garantire continuità e rapidità alla catena logistica. Un obiettivo che sta vedendo fiorire numerosi cantieri che, da Nord a Sud, stanno potenziando la rete ferroviaria grazie alla spinta decisiva del Pnrr.
Questo notevole intervento infrastrutturale rappresenta un punto di svolta il cui buon esito può fare affidamento sulle risorse del già citato Piano e sulla necessità di conseguire gli obiettivi di decarbonizzazione. Lo sviluppo della logistica è un tema strategico sul quale l’Italia è impegnata sia dal punto di vista dell’hardware, le opere infrastrutturali, sia da quello del software, attraverso un quadro normativo adatto a rispondere alle mutate esigenze del commercio globale e all’evoluzione tecnologica.
È in questo contesto che il Parlamento sta portando a compimento l’iter della Legge quadro in materia di interporti, un articolato che vede tra i primi firmatari i deputati Rotelli e Deidda, presidenti rispettivamente della Commissione ambiente e di quella trasporti. Si tratta di provvedimento che riconosce, agli interporti, il rango di infrastrutture strategiche per lo sviluppo e per la modernizzazione del Paese e quindi d’interesse nazionale. I 24 interporti presenti sul territorio nazionale sono dei nodi di vitale importanza per far sì che l’Italia diventi un hub logistico capace di proiettarsi, e su questo le Ten-T hanno un ruolo chiave, dal Mediterraneo al resto dell’Europa.
Si va quindi nella direzione di una migliore strutturazione della supply chain, delle infrastrutture strategiche per il sistema nazionale dei trasporti. Una politica che stanno attuando anche porti di primo piano come Barcellona e Valencia, i quali potendo ospitare treni merci lunghi fino a 750 metri, diventeranno il più ampio terminal ferroviario portuale della penisola iberica. Quelli spagnoli sono due competitor diretti degli scali italiani i quali, purtroppo, soffrono da tempo la grande antropizzazione che ne limita lo sviluppo. Bisogna fare sistema, dal centro ai territori, coinvolgendo lo Stato, le autorità portuali e i grandi player della logistica.
Le dichiarazioni a Radio 24 dell’ad di Mercitalia Sabrina de Filippis, la quale ha rimarcato l’importanza di sinergie con operatori e partner per giungere all’integrazione mare-gomma-ferro, testimoniando la consapevolezza del ruolo che il Polo Logistico di Fs può svolgere. Il potenziamento dei nodi intermodali va nella direzione dell’incremento dei flussi logistici, una spinta in più verso il modal shift che prevede di incrementare significativamente la percentuale di merci trasportata dai treni, ferma all’11% rispetto al 17% europeo. Un obiettivo ambizioso il cui raggiungimento rischia di subire un rallentamento a causa delle tensioni nel Mar Rosso e alla riduzione del traffico attraverso i valichi alpini. Una situazione che preoccupa gli operatori del settore i quali, tramite Fermerci, hanno reso noto che, nell’ultimo anno, il numero dei treni con origine/destino nei porti italiani è risultato pari a 44.225 rispetto ai 46.615 del 2022.
La contingenza non favorevole, prodotta da fattori esogeni, non deve scoraggiare gli investimenti. Bene quindi la promozione e lo sviluppo di nodi intermodali capaci di sostenere il sistema degli interporti ed efficientare i flussi logistici. La legge quadro va in questa direzione, un passo avanti importante necessario quanto atteso da tutti e 24 gli interporti italiani. Il nostro Paese deve puntare su sé stesso, consapevole dei limiti da superare e delle opportunità da cogliere. Un passaggio fondamentale per la crescita e lo sviluppo, ma anche per il resto dell’Europa che, oltre alla normale competizione interna tra Stati, deve poter fare affidamento su una rete sviluppata e resiliente, capace di gestire i flussi. La catena del valore deve contare sulla successione di anelli resistenti poiché anche un solo anello più debole è in grado di far crollare il sistema. L’Italia può consacrarsi cerniera tra il sud e il nord del Continente e, al contempo, ridurre gli impatti ambientali della logistica grazie a una “cura del ferro” che, con particolare attenzione anche al cosiddetto ultimo miglio, potrà essere volano per interi territori.