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L’utopia della democrazia è il terrore delle dittature. Bentivogli su Navalny

Quella di Navalny è una morte politica, e la responsabilità è tutta del Cremlino. A ulteriore riprova di quanto anti-democratico e anti-liberale sia il regime guidato da Vladimir Putin. Sperando di rendercene conto una volta per tutte. L’intervento di Marco Bentivogli

Non abbiamo alcun motivo di credere alla propaganda del Governo russo di Putin. Per il servizio carcerario federale Alexei Navalny è morto di embolia. Per i dittatori la vita umana non vale nulla. C’è solo il potere, assoluto, cieco, spietato. Il marciume della corruzione che non ammette l’esistenza, il profumo della libertà.

Alexei Navalny era stato avvelenato, non si è arreso, è voluto rientrare in Russia dove aveva la quasi certezza di finire in prigione e di non uscirne più da vivo. Processi farsa su accuse tanto false quanto infamanti. Tutti i regimi corrotti e sanguinari hanno bisogno della diffamazione, di sporcare le voci libere di chi si batte per la democrazia. Le ossessioni di Putin sono forti quanto la sua debolezza. Nella storia dell’umanità, tutti coloro che temono le idee, hanno sempre avuto bisogno di seppellire sotto più strati di asfalto tutti coloro che non si sono piegati ai soprusi.

Oggi Putin si fa vedere sorridente, resiste nella sua tana grazie alla repressione, ai suoi soldati. Da tempo si sono disvelati i suoi piani per condizionare le elezioni di questo 2024 in più della metà del nostro pianeta.

L’utilizzo delle tecnologie per le campagne di disinformazione su larga scala hanno mostrato un Occidente più fragile di quello che immaginavamo. E in esso, il nostro Paese si è rivelato tra i più esposti. Da tempo l’estrema destra nazionalista italiana ha battezzato Vladimir Putin come un punto di riferimento. Lo ha fatto la Lega di Matteo Salvini che non ha ancora dato disdetta del patto siglato con il Partito di Putin “Russia unita” nel 2017 e automaticamente prorogato nel 2022 fino al 2027.

Putin conosce bene i punti deboli di una fetta della sinistra occidentale ha definito i suoi nemici, gli ucraini e lo stesso Navalny “nazisti”.

Una fetta di giornalisti italiani sempre (giustamente) allarmati per la deriva autoritaria dietro l’angolo, nel fare informazione dovrebbero smetterla di fingere di non vedere e di non schierarsi con le battaglie del loro collega Navalny, di Anna Politkovskaja e di molti altri contro il regime imperialista di Putin. Bisogna smetterla di fare (sacrosante) battaglie per la libertà di stampa e poi occupare i propri spazi, su carta o in video in nome di un finto pluralismo con gli ascari di Putin portatori di “un altro punto di vista”. É la modalità contemporanea per dare alle menzogne il rango di verità (delegittimandone il confine) e guadagnare qualche punto di share con gli analfabeti funzionali ma al contempo fare molto male alla nostra democrazia. L’indagine periodica sull’opinione pubblica europea “eurobarometro” da un segno chiaro di quanto la guerra “sporca” della disinformazione abbia fatto breccia nel nostro Paese.

Navalny è morto in carcere, torturato e ucciso dal regime di Putin.

In un video disse, “se mi uccideranno vorrà dire che siamo incredibilmente forti”. Nonostante tutto, dobbiamo esserlo. E il primo modo è smetterla con il neutralismo ipocrita che tra aggressore e aggredito finge di non scegliere perché, in realtà, sta con l’aggressore. Bisogna dire con chiarezza che stanno con gli assassini di Navalny e contro tutti i dissidenti che in Russia hanno criticato l’invasione russa dell’Ucraina. Tra i tanti voglio ricordare Vladimir Kara Murza, condannato a 25 anni di carcere russo per questo.

Tra una settimana saranno due anni dall’invasione russa. Speriamo non ci siano più tentennamenti nel sostegno alla resistenza in Ucraina. Deve essere ancora più chiaro, anche al narcisismo senile di una parte degli intellettuali italiani che pur di andare in tv danno manforte ai disegni criminali di Putin.

Alexei Navalny si è battuto, pagando con la propria vita, per la nostra libertà e per la democrazia.

Non bastano i commiati, bisogna continuare, con coraggio, la sua battaglia. La sua vita e la sua coerenza non merita solo un posto nella storia, ha bisogno di tutta la nostra energia perché tutte le dittature vengano sconfitte per sempre e rigettate negli angoli più bui della storia dell’umanità. Putin, come tutti i dittatori non ha nulla da proporre al suo popolo, non ha alcuna forza da mostrare se non quella delle armi. Non ha altra prospettiva se non quella della guerra. Bisogna battere il suo disegno e dare trasparenza, ovunque nel mondo ad ogni complicità. Fino all’ultimo respiro Navalny ha fatto paura al regime di Putin. Ora sta a noi non dargli tregua.

 

 

 

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