Il tema della silver economy deve trovare posto nell’agenda della classe dirigente del Paese, a tutti i livelli. Perché è la nostra opportunità per costruire società più inclusive, resilienti, prospere. Il commento di Giuseppe Straniero, presidente Previndai Fondo Pensione
Leggendo l’articolo di Leonardo Becchetti, pubblicato pochi giorni fa su Formiche.net, è stato per me impossibile non soffermarmi, una volta di più, a riflettere sulla silver economy, sulle sue spinte e sulle sue sfide. I numeri snocciolati dal professor Becchetti sono per molti versi impressionanti e disegnano un quadro in chiaroscuro che, da presidente di fondo pensione, non possono lasciarmi indifferente. È infatti fuor di dubbio che la silver economy sia un Giano Bifronte, con uno sguardo rivolto al futuro, nella stagione in cui la vita è ancora attiva e piena di risorse e una rivolta al passato, quando purtroppo capita di imbattersi in lunghi anni di vita non più in buona salute.
Oggi le risorse mobilitate dallo Stato per la cura degli anziani, circa 25 miliardi l’anno, sono ingenti ma non riescono a tenere il passo del trend di invecchiamento della popolazione italiana, fortunatamente tra le più longeve. Questo significa che già oggi, rispetto a dieci anni fa, ogni anziano non autosufficiente ha a disposizione risorse inferiori rispetto al passato e che nel futuro la situazione è destinata a peggiorare anche se si prevede un incremento della spesa pubblica per questa voce (con un picco del 2,5% del Pil nel 2060).
E qui si innesta la mia sensibilità come presidente del maggiore fondo pensione italiano per patrimonio. Così come la previdenza complementare è, e sarà sempre più, un’importante stampella alla pensione pubblica anche sulla non autosufficienza si potrebbero immaginare importanti sinergie. D’altronde gli strumenti già ci sono: Previndai, per esempio, come altri fondi pensione, offre ai propri iscritti una opzione Long term care, che permette di raddoppiare la rendita percepita in caso di perdita dell’autosufficienza.
Semmai quel che manca sembra essere la consapevolezza della necessità di tutelarsi dall’eventualità di diventare anziani fragili: solo il 2% della popolazione italiana è infatti coperto da tale rischio e anche tra gli iscritti a Previndai la rendita con Long term care non è molto gettonata. L’altra corda che l’articolo ha fatto vibrare in me è quella relativa alla necessità di garantire un futuro sempre più in salute, sempre più a lungo, per i silver.
Il professor Becchetti ricorda che il livello d’istruzione ha un impatto notevole sull’aspettativa di vita in buona salute e che le politiche per l’invecchiamento attivo possono avere un ruolo importante nel ritardare l’ingresso negli anni di vita non in buona salute. Ebbene sono fermamente convinto che il tema non possa essere ignorato da investitori istituzionali, di lungo periodo, con ingenti risorse da gestire (più di 220 miliardi complessivi) come i fondi pensione.
Dal mio arrivo in Previndai, nel maggio scorso, ho subito pensato che la questione fosse da ritenere della massima importanza, perché investire in servizi e strutture in grado di migliorare il benessere dei silver è del tutto in linea con l’obiettivo generale di un fondo pensione: garantire un futuro più sereno ai propri iscritti. Il nostro fondo già da qualche tempo ha iniziato a puntare sul settore, che per altro vanta prospettive di crescita molto interessanti, tanto che di recente abbiamo investito anche su uno strumento dedicato esclusivamente alla Silver Economy.
Un fondo che, per tornare alla suggestione del professor Becchetti, non punta solo sull’healthcare ma anche su tutti quei servizi che possono garantire agli anziani proprio una migliore qualità della vita: intrattenimento, istruzione, digitalizzazione, amici a quattro zampe. Per concludere, credo che il tema della silver economy debba trovare posto nell’agenda della classe dirigente del Paese, a tutti i livelli, perché è la nostra opportunità per costruire società più inclusive, resilienti, prospere.