La strategia è un investimento a lungo termine ma nell’immediato permetterà all’Italia di avere un ruolo attivo. Serve, però, essere sul territorio per evitare che le risorse vengano sprecata. Conversazione con Andrea Calderaro, Robert Schuman Center Fellow presso lo European University Institute di Firenze
Il Piano Mattei è “un promettente investimento a lungo termine, che nell’immediato dovrebbe permettere all’Italia di sviluppare delle sinergie con il continente finora poco consolidate, ed assumere un ruolo attivo e di coordinazione con l’Unione Europea nell’implementazione del Global Gateway”. Ne è convinto Andrea Calderaro, Robert Schuman Center Fellow presso lo European University Institute di Firenze e professore in relazioni internazionali a Cardiff University.
Il piano ancora non c’è. Ma il vertice Italia-Africa convocato in Senato da Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, a inizio settimana è servito per gettarne le basi. Cinque i pilastri, interconnessi tra loro con gli interventi sulle infrastrutture: istruzione e formazione; agricoltura; salute; energia; acqua. La dotazione iniziale è di oltre 5,5 miliardi di euro tra crediti, operazioni a dono e garanzie, dei quali circa 3 miliardi verranno destinati dal Fondo italiano per il clima, e circa due miliardi e mezzo dalle risorse della cooperazione allo sviluppo.
“Per avere successo, ed assicurarsi che le risorse vengano utilizzate al meglio piuttosto che disperse, è essenziale contare su una presenza consolidata sul territorio, attraverso rapporti diplomatici, agenzie governative e società civile, oltre a una rete di infrastrutture che faciliti rapporti di fiducia”, spiega Calderaro. “Dove questa dovesse mancare, rimane fondamentale crearla, prima dell’avvio dell’implementazione di qualsiasi progetto previsto con il Piano Mattei”.
Infatti, attualmente all’Italia manca una presenza e un’infrastruttura in Africa, al di fuori dell’area mediterranea a differenza di altri Paesi come Francia, Germania e Regno Unito che vantano una presenza nel territori consolidata da decenni di investimenti e presenza capillare delle loro sedi di cooperazione, continua l’esperto. “Consolidare una presenza analoga, sarà il primo ostacolo da superare, cruciale per creare sinergie nel territorio, cooperare con le realtà locali per individuare le priorità di supporto, ed assicurare che l’implementazione del piano e degli investimenti vengano ottimizzati”, osserva.
Si tratta, ha spiegato la presidente del Consiglio, di un piano “non calato dall’alto”, bensì incentrato su una “piattaforma programmatica condivisa”, fuori da “un’impostazione predatoria o caritatevole”. Dovrà vedere l’impegno dell’Italia con “tutto il sistema-Paese, a partire dalla cooperazione allo sviluppo e dal settore privato”. Per questo, in Senato, erano presenti anche i rappresentanti di 12 partecipate italiane (fra cui Enel, Eni, Terna, Cassa depositi e prestiti, Snam, Leonardo e Fincantieri).
Le società italiane sono tradizionalmente esportatrici di grandi infrastrutture ma, commenta Calderaro, “l’augurio è quella di un investimento centrato sulla società, attraverso lo sviluppo di competenze tecniche, istruzione e salute, transizione digitale, capacity building, in modo da creare competenze locali trainanti dell’economia e benessere della società locale. Osservando piani strategici implementati similmente da altri Paesi in vari settori, sarà così possibile instaurare un rapporto di fiducia e collaborazione con partner in Africa potenzialmente più a lungo termine, di quello che potrebbe invece portare un investimento prettamente infrastrutturale”, aggiunge.
Osserva ancora Calderaro che il coordinamento tra l’Italia e l’Unione europea “è cruciale” in quanto “investimenti disparati, con l’Italia che investe 5 miliardi di euro e la Commissione europea 150, richiedono un migliore allineamento delle strategie”. In questo senso, la presenza in Senato di Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, oltre che di Charles Michel, presidente del Consiglio europeo, e Roberta Metsola, presidente del Parlamento europeo, “enfatizza ulteriormente quanto sia fondamentale coordinare il Piano Mattei con il Global Gateway recentemente lanciato dall’Unione europea. Sarebbe un errore pensare il Piano Mattei in competizione con l’iniziativa dell’Unione europea. Piuttosto, il Piano Mattei creerà permetterà all’Italia di partecipare attivamente a un piano strategico europeo sull’Africa”, continua l’esperto.
La cooperazione tra Italia e Unione europea in Africa è necessaria anche per affrontare la competizione globale, spiega ancora Calderaro. “L’implementazione di questi investimenti in Africa, ed in altre regioni del mondo, sono fondamentali per offrire know-how e standard distinti rispetto alla Cina, con particolare attenzione ai diritti umani per far fronte alla sua strategia predatoria”. Attraverso un approccio da parte di Pechino “che possiamo definire invisibile, che punta a investimenti normalmente poco annunciati, ma utili per incrementare il proprio controllo di gran parte dell’infrastruttura strategica del continente, incluso porti, media, ed infrastrutture digitali, con potenziali effetti a lungo termine, a scapito di un ritorno economico immediato”. Anche se, conclude, “la mancanza di evidenza che ci sia una volontà africana di assorbire il modello cinese in toto, rende l’implementazione del Piano Mattei e del Global Gateway europeo ancora più rilevante e promettente”.