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Anche nel 2024 la disinformazione non russa. Report Atlantic Council

Nel 2023, secondo anno di guerra in Ucraina, Mosca ha modellato le sue attività di influenza in base al pubblico locale e sfruttando i diplomatici (come dimostra il recente caso Dugina in Italia). E nel 2024 farà lo stesso, avvertono gli analisti del Digital Forensic Research Lab 

“Nella guerra della propaganda, la Russia rimane fortemente impegnata a condurre information operation in tutto il mondo, giocando una partita di lunga durata per superare qualsiasi unità tra gli alleati dell’Ucraina e continuare fino a quando l’Ucraina non perderà la sua volontà di combattere”. È quanto scrivono gli analisti del Digital Forensic Research Lab dell’Atlantic Council nel rapporto “Undermining Ukraine: How Russia widened its global information operations in 2023” pubblicato oggi.

Le sanzioni occidentali applicate dopo l’aggressione dell’Ucraina iniziata il 24 febbraio di due anni fa hanno impedito alla Russia di raggiungere il pubblico europeo tramite i suoi media statali (nonostante alcuni tentativi riusciti di aggirare le limitazioni, specialmente in Europa). E così, nel secondo anno di guerra, Mosca ha modificato le sue information operation concentrandosi maggiormente sui social media come TikTok, Telegram e altre piattaforme in rapida diffusione specialmente nel cosiddetto Sud Globale. In Ucraina, l’obiettivo è screditare i leader e amplificare le divisioni interne. In Europa e nel Caucaso meridionale, gli analisti hanno osservato un forte aumento delle attività per spezzare l’unità occidentale al fianco di Kyiv. In America Latina, gli ambasciatori russi e i media di Stato hanno adattato i contenuti anti Ucraina al contesto locale adottando narrazioni diverse in ogni Paese (il complesso militare americano in Messico, i Brics in Venezuela e i crimini di guerra dei “nazisti” in Ucraina). In Medio Oriente e Nord Africa, invece, le operazioni di influenza russa poggiano sull’impero mediatico di RT e Sputnik e sui loro megafoni locali per alimentare sentimenti anti-occidentali e anti-colonialisti. In Africa Russia impiega una duplice strategia: da una parte c’è la dimensione ufficiale che si occupa di questioni come commercio, investimenti, diplomazia e difesa; dall’altra c’è un aspetto, “non ufficiale e occulto” che “utilizza strumenti e tattiche ibride e il commercio clandestino di armi in cambio di risorse”.

La Russia, scrivono gli analisti, “continua a utilizzare le sue ambasciate e i suoi diplomatici come estensione del suo apparato di propaganda, promuovendo false informazioni, falsi fact-checking e cospirazioni in tutto il mondo”. Un esempio l’abbiamo avuto recentemente in Italia in occasione della Giornata dei diplomatici russi. Per l’occasione, l’ambasciatore russo Alexey Paramonov ha voluto commemorare Daria Dugina, la figlia del filosofo considerato vicino al leader Vladimir Putin e grande sostenitore della guerra in Ucraina, uccisa il 20 agosto 2022 da una bomba sotto la sua vettura. “Per quanto non fosse una diplomatica”, ha spiegato Paramonov, “rappresentava idee legate all’armonia universale, ai nobili ideali ed esprimeva il suo immenso amore per la Russia e la sua sconfinata cultura spirituale: tutti concetti molto cari alla diplomazia russa”. Parole, osservavamo su queste pagine, che raccontano come la distanza tra la diplomazia russa e un’ideologia russa che fa perno su presunte radici storiche si stia fortemente riducendo: una quasi sovrapposizione possibile solo in sistemi totalitari.

Come ricordato anche ieri da Elisabetta Belloni, direttore generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, durante la presentazione della relazione annuale, nel 2024 il 51% della popolazione mondiale è stata o sarà chiamata a votare. Davanti a ciò “è intuitivo” parlare dei “rischi di interferenze e condizionamenti dei processi elettorali attraverso la minaccia ibrida”, ha spiegato Belloni.

Secondo gli analisti dell’Atlantic Council questa è l’occasione in cui “la Russia potrebbe cercare di intromettersi nel tentativo di spingere il sostegno verso i suoi alleati o, come minimo, lontano dai partiti filo-ucraini”. Nei Paesi meno amici, “continuerà probabilmente a spingere l’idea – attraverso mezzi più occulti – che gli aiuti all’Ucraina siano una perdita netta” per i cittadini. Sforzi che a qualche risultato hanno portato considerati i ritardi nella consegna di forniture militari a Kyiv. In questo scenario, i governi di tutto il mondo, in particolare le democrazie, “devono considerare l’impatto potenziale delle loro decisioni sull’Ucraina come se fossero in ultima analisi globali”, raccomandano gli esperti. “Più assistenza e aiuti all’Ucraina rafforzeranno la democrazia globale, mentre una riduzione degli stessi minerà non solo l’Ucraina, ma la democrazia nel suo complesso”, concludono.


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