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Cosa dice la scienza su Covid e lockdown. Lo studio Centai

Di Yamir Moreno e Marco Pangallo

A quattro anni dal lockdown si discute ancora degli effetti delle restrizioni sull’economia. Ma come sarebbe andata senza? L’intervento di Yamir Moreno, research director Centai institute e Marco Pangallo, research Centai institute

L’indagine pubblicata su Nature human behaviour rivela l’intreccio inedito tra gli aspetti epidemiologici e quelli economici nella gestione delle epidemie. Elaborando un modello di simulazione altamente dettagliato, lo studio confronta l’efficacia delle restrizioni governative rispetto alle scelte di auto-protezione comportamentale degli individui, mettendo in luce quale sia la strategia migliore da adottare nella gestione delle crisi sanitarie globali.

LOCKDOWN VS. APERTURA

Una serie di fattori epidemiologici caratteristici del Covid-19 ha fatto sì che, prima della disponibilità dei vaccini, l’unico strumento per rallentare la pandemia fosse la drastica riduzione dei contatti tra le persone. Stretta imposta dalle stesse autorità, che hanno vietato ai cittadini, per un determinato periodo, di uscire di casa se non per motivi definiti e specifici. Di fronte alle imposizioni, alcuni cittadini hanno manifestato la volontà che la scelta di evitare i contatti fosse lasciata alla discrezionalità individuale. I soggetti maggiormente a rischio per via dell’età o a causa di patologie pregresse avrebbero potuto decidere di isolarsi, mentre i giovani e le persone in buono stato di salute avrebbero continuato normalmente la propria vita, affrontando anche l’eventuale rischio di contrarre il virus e successivamente immunizzarsi. Questa proposta di (auto)gestione della pandemia sarà definita come “cambiamento comportamentale”.

SHOCK ECONOMICO

Insieme agli aspetti epidemiologici, il Covid-19 ha messo in luce altresì le ricadute economiche delle epidemie. Il Covid-19 ha causato uno shock sia dal lato dell’offerta che della domanda, che si è poi propagato a tutti i settori dell’economia, anche a quelli considerati essenziali e quindi meno colpiti dalle restrizioni. In considerazione del forte impatto sull’economia generato dalle restrizioni, i sostenitori del cambiamento comportamentale hanno ritenuto che lasciare agli individui la scelta discrezionale di evitare contatti a rischio avrebbe determinato ripercussioni economiche minori del lockdown. Secondo questa ipotesi, i giovani e le categorie meno a rischio avrebbero limitato la flessione dei consumi, sostenendo l’economia. Pertanto, affidarsi al cambiamento comportamentale invece che a misure restrittive avrebbe prodotto migliori risultati per l’economia.

LA PAROLA ALLA SCIENZA

A più di quattro anni dall’inizio della pandemia, il dibattito sull’efficacia delle restrizioni imposte dalle autorità rispetto al cambiamento comportamentale non ha ancora trovato risposte scientifiche. Il motivo principale è che sarebbero necessarie valutazioni quantitative sia in merito ai consumi specifici delle categorie meno a rischio, sia rispetto alla riduzione dei contatti delle persone più a rischio. Bisognerebbe poi inserire queste valutazioni quantitative in un modello matematico in grado di simulare i comportamenti epidemiologici ed economici degli individui. Il modello dovrebbe essere abbastanza dettagliato da tener conto dell’eterogeneità dei comportamenti di giovani e anziani, di soggetti a basso e ad alto reddito, lavoratori in settori essenziali o da remoto e lavoratori in settori non essenziali costretti ad andare sul posto di lavoro per svolgere le loro mansioni. Nell’inevitabile fretta imposta dalle dinamiche della pandemia, la comunità scientifica è riuscita solo in modo limitato a produrre modelli così dettagliati e basati su dati granulari.

IL MODELLO MATEMATICO SUL CONTAGIO

In un articolo appena pubblicato su Nature human behaviour dal titolo “The unequal effects of the health-economy trade-off during the Covid-19 pandemic”, abbiamo cercato di contribuire al dibattito elaborando un modello di simulazione altamente dettagliato, basato sui dati dell’area metropolitana di New York. Dal punto di vista epidemiologico, abbiamo utilizzato le informazioni ottenute, in forma anonima, dal Gps (Global positioning system) dei cellulari di circa 500mila persone, che hanno permesso di quantificare le probabilità di contatto in un totale di 375mila luoghi (scuole, luoghi di lavoro, famiglie e comunità). Sulla base poi dei dati relativi a età, reddito, struttura familiare, occupazione professionale, abitudini di consumo delle famiglie e struttura industriale dell’economia dell’area metropolitana di New York, il modello ha simulato le decisioni epidemiologiche ed economiche di ognuno dei 500mila soggetti coinvolti nonché delle imprese relative nei vari settori economici (ad esempio edilizia, manifattura, finanza, ristorazione, entertainment, eccetera).

INTERCONNESSIONE EPIDEMICA-ECONOMICA

Una caratteristica-chiave del modello in questione è che l’aspetto epidemiologico e quello economico erano strettamente correlati: ogni giorno, le decisioni economiche dipendevano dal quadro epidemiologico che era, a sua volta, influenzato da quello economico. Il principale collegamento tra le componenti epidemiologiche ed economiche del modello è rappresentato da un fattore che abbiamo definito “paura di contagiarsi”, che quantifica la portata del cambiamento comportamentale degli individui. Per esempio la paura di contagiarsi può essere bassa tra individui giovani e in buono stato di salute, e alta tra individui anziani o con problemi di salute. Questo ci consente di confrontare gli effetti delle restrizioni imposte dal governo con quelli del cambiamento comportamentale.

I RISULTATI

Analizzando una serie di scenari alternativi rispetto a quello che si è effettivamente verificato, abbiamo indagato in primo luogo l’effetto delle restrizioni. Il primo risultato mostra che l’adozione di misure restrittive provoca una tensione tra economia e salute. Restrizioni più stringenti, come la chiusura di tutte le attività economiche non essenziali, rispetto alla chiusura solo di alcune di esse, salvano vite ma aumentano la disoccupazione. Tensione accusata in particolar modo dalle persone a basso reddito, mentre è meno pronunciata tra le persone ad alto reddito. Questo perché è più improbabile che le persone a basso reddito possano lavorare da casa, e quindi in assenza di restrizioni è più facile che si contagino sul posto di lavoro; allo stesso tempo, però, in caso di restrizioni è più probabile che chi non può lavorare da casa perda il lavoro a causa della crisi economica generata dall’emergenza pandemica. Il nostro secondo risultato-chiave è che il cambiamento comportamentale non è una soluzione alla gestione di una pandemia dal momento che, rispetto alle misure restrittive, non produce risultati migliori né sul piano economico né su quello della salute. Un forte cambiamento comportamentale porta a un numero di vite salvate e a un aumento della disoccupazione quantitativamente simile a restrizioni più stringenti, anche rispetto alle persone a basso reddito. Allo stesso tempo, però, non è controllabile dai decisori pubblici; se il cambiamento comportamentale non fosse sufficiente, ci potrebbe essere un alto numero di morti. Viceversa, in caso di restrizioni i decisori pubblici possono decidere dove posizionarsi nella tensione tra salute ed economia.

LA NECESSITÀ DI MISURE RESTRITTIVE

Infine, i risultati della nostra ricerca rivelano come strutturare in modo efficace le restrizioni. Da un lato, si evidenzia che la chiusura di attività economiche come la manifattura e l’edilizia non contribuisca a diminuire i contagi mentre aumenta esponenzialmente la disoccupazione, a differenza di attività come la ristorazione e servizi di cura alla persona che contribuisce molto di più a ridurre i contagi. Dall’altro lato, si evince l’assoluta necessità di imporre le restrizioni con tempestività, in quanto l’attesa rischia di peggiorare il quadro epidemiologico senza giovare all’economia (in alcuni casi, anzi, peggiorando la situazione). Il che suggerisce un ulteriore vantaggio dell’adozione di misure restrittive rispetto al cambiamento comportamentale: le restrizioni possono essere imposte il prima possibile, mentre il cambiamento comportamentale ha solo effetto dopo che l’epidemia si è già diffusa in maniera considerevole. In conclusione, la nostra ricerca dimostra l’utilità dei modelli di simulazione basati su dati individuali per studiare scenari che permettano di capire le tensioni tra economia e salute, in modo da rispondere a una pandemia nella maniera più efficace possibile.

PROSPETTIVE FUTURE

Abbiamo limitato l’indagine all’area metropolitana di New York, anche se siamo convinti che le principali conclusioni qualitative del nostro studio si applichino ad altri Paesi sviluppati tra cui l’Italia. Ciononostante ci potrebbero essere differenze quantitative, per cui sarebbe interessante estendere lo studio alle principali aree metropolitane italiane. Questo richiede, tuttavia, una collaborazione tra ricercatori, autorità di salute pubblica ed enti locali, in primis per poter accedere a dati dettagliati che spesso in Italia, anche se esistono, sono difficili da ottenere. In generale, sarebbe opportuno che la preparazione a nuovi eventi pandemici coinvolgesse competenze sia epidemiologiche che economiche con un approccio interdisciplinare.

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