Vecchi schemi di controllo fiscale diventano obsoleti, e l’adozione di approcci più moderni diventa essenziale. La revisione del sistema sanzionatorio è strettamente connessa alla semplificazione del sistema tributario. Un sistema semplificato, con maggiore certezza normativa, promuove rapporti più positivi tra il fisco e i contribuenti. L’intervento di Giuseppe Mongiello, visiting professor all’Università Imperial College di Londra ed Equity Partner di Tonucci e Partners ed esperto di Diritto tributario
Che cosa hanno in comune Airbnb, Google, Amazon, Apple, Facebook ed altri colossi del web? Al netto della comune appartenenza al settore del digitale e della web-economy, tutte queste società hanno concluso accordi con il fisco italiano volti a sanare le loro condotte fiscalmente “non in linea” con la normativa domestica e ad evitare i conseguenti strascichi penali.
Tuttavia, si tratta di accordi particolarmente gravosi per le società (nella maggior parte dei casi di natura estera) che li hanno sottoscritti, in quanto il presupposto impositivo era stato ormai acclarato e le condotte considerate irregolari sotto il profilo fiscale erano già state ammesse (o quantomeno, anche per le società oggetto di controlli, le operazioni compiute presentavano aspetti non del tutto pacifici sotto il profilo del rispetto della normativa fiscale vigente ed hanno preferito pagare fior fiore di imposte sanzioni ed interessi pur di chiudere la partita).
Le nuove norme consentiranno di individuare nuove ed ancor più agevoli strade per evitare alle società ed ai contribuenti in generale di dover affrontare le conseguenze di operazioni la cui rilevanza fiscale viene spesso anche involontariamente non affrontata in maniera corretta. Sarà così possibile per le aziende e per i gruppi di imprese evitare, o almeno mitigare, l’incertezza normativa e le conseguenti sanzioni e addebiti per aver anche involontariamente adottato politiche fiscali che l’amministrazione successivamente disconosce in tutto o in parte.
Il rischio di elusione o evasione fiscale aumenta nei grandi gruppi con articolate strutture societarie distribuite globalmente. Le pratiche problematiche includono l’attribuzione di management fees, royalties e ritenute sui dividendi alle controllate dalla holding. Inoltre, la non conformità alle norme sui transfer price è comune. La situazione si complica ulteriormente quando l’amministrazione fiscale contesta la presenza di una stabile organizzazione estera in Italia o di una stabile organizzazione “nidificata”, dove le attività e il personale sono gestiti dalla società estera holding anziché dalla società italiana. Questa complessità rende difficile distinguere le attività tra diversi centri di costo e prevenire il calcolo del reddito presunto attribuito alla stabile organizzazione, con conseguenti implicazioni tributarie e penali. In Italia, l’incertezza normativa e interpretativa nel campo tributario ha causato gravi conseguenze economiche e finanziarie.
Tuttavia, recentemente è stata introdotta la cooperazione fiscale, basata sui principi dell’Ocse, al fine di superare queste sfide. Questa collaborazione stretta tra amministrazione e contribuente implica l’adozione di schemi di adempimento collaborativo per garantire la conformità fiscale delle aziende. Un nuovo approccio che offre un regime premiale unico nel suo genere, rappresentando un importante passo avanti per garantire al contempo entrate fiscali al governo e una maggiore serenità alle aziende. In particolare, i soggetti che adottano un modello di rilevazione, gestione e controllo del rischio fiscale (il cosiddetto Tcf o Tax Control Framework) possono godere di un regime di natura premiale che va a mitigare i principi sanzionatori amministrativi e penal-tributari. Con riferimento soprattutto agli aspetti penali, spesso aziende anche di grosse dimensioni e dotate di sistemi complessi di governance, si sono trovate nella condizione di non poter partecipare a gare pubbliche o a non poter contrattare con la Pubblica amministrazione.
Il reato correlato alla presunta evasione, veniva infatti a cadere solo con il pagamento delle imposte presuntivamente evase (quindi con pagamento del cosiddetto modello F24) oppure all’esito positivo del procedimento tributario (e non era nemmeno garantito in quanto la dottrina, al contrario della giurisprudenza, prevede il “doppio binario” per cui il contribuente “evasore” potrebbe far valere le proprie ragioni in sede di procedimento tributario avanti le commissioni e venire condannato in sede penale o viceversa). Ad oggi, non dobbiamo dimenticare che la “cooperative compliance” è stata introdotta nel nostro ordinamento tributario dal D.Lgs 128 del 2015, ma è stata potenziata e resa strumento cardine della recente riforma tributaria solo ora a seguito della legge delega per la riforma fiscale (L. 111 del 9 agosto 2023).
Di fatto la riforma mira principalmente a garantire che i comportamenti relativi alle operazioni straordinarie e le politiche di bilancio poste in essere dalle aziende vengano esaminate con un criterio volto ad aumentare il livello di certezza a favore del contribuente sulle questioni fiscali rilevanti attraverso una interlocuzione costante e preventiva del fisco con il contribuente stesso. Grazie alle novità normative i contribuenti sono fortemente incentivati ad aprirsi con il fisco, fornendo informazioni spontanee, complete, tempestive e ad assumere comportamenti ispirati alla trasparenza ed alla collaborazione. In cambio, l’amministrazione riconoscerà a questa categoria di contribuenti una serie di benefici, che vanno dalla riduzione dei termini di accertamento alla mancata o ridotta applicazione di sanzioni, e che vanno inoltre nella direzione di premiare quanto più possibile un sano rapporto fisco contribuente (attraverso il principio appunto del tax ruling).
Ma quali sono i 4 pilastri fondamentali del cosiddetto “Tax Control Framework” che ci auguriamo, da operatori del settore, possa diventare uno strumento sempre più diffuso a livello nazionale?
I 4 principi cardine sui quali si basa il Tax Control Framework ed il cui rispetto è richiesto ai vertici aziendali quale “condicio sine qua non” per il suo corretto utilizzo, sono i seguenti:
1. Una chiara evidenziazione a livello documentale della strategia fiscale e degli obiettivi degli amministratori e dei vertici aziendali in relazione alla fiscalità;
2. Una chiara “mappatura” del rischio fiscale attraverso un approccio di verifica delle procedure amministrative e del sistema di controllo interno che vada a rilevare, misurare e monitorare il rischio fiscale;
3. Una formalizzazione dei processi gestionali e soprattutto dei players aziendali con una attenta definizione di ruoli, compiti e conseguenti responsabilità dei dipendenti o degli amministratori coinvolti nelle procedure aventi ad oggetto la variabile fiscale;
4. Implementazione di procedure volte al costante monitoraggio e verifica del sistema del Tax Control Framework corredato da una relazione (almeno annuale) redatta da parte degli organi di gestione.
In un contesto sempre più complesso e regolamentato, il monitoraggio costante del sistema di controllo interno diventa quindi cruciale per garantire la mitigazione del rischio fiscale. Emergerà così una nuova figura professionale, il Tax Risk Officer, destinato a diventare il fulcro di questo percorso.
Il Tax Risk Officer, Tro, avrà il compito di costruire la matrice dei rischi e individuare i punti critici all’interno delle procedure aziendali. La sua indipendenza dalla funzione amministrativa e fiscale dell’azienda sarà fondamentale, e potrebbe essere un consulente esterno o dipendente funzionalmente legato all’internal audit.
La sua responsabilità principale sarà quella di proporre interventi mirati a mitigare i rischi fiscali, collaborando con i vertici aziendali per implementare o modificare il modello di governance. La preferenza, secondo l’esperienza, è che questa figura sia affiancata o ricoperta da un consulente esterno per garantire la massima terzietà. Il ruolo del Tax Risk Officer diventa essenziale nella costruzione di un sistema più trasparente e controllato. Attraverso il processo di “certificazione” del Tax Control Framework, si potrebbero introdurre ulteriori elementi di beneficio per le aziende che adottano questo modello.
Oggi, con la riforma fiscale, si mira a rendere più proporzionate le sanzioni, allineandole ai livelli europei e adottando il principio di proporzionalità. La Corte Costituzionale ha già sottolineato la necessità di rivedere le sanzioni, definendole “manifestamente sproporzionate”. La riforma mira a introdurre un nuovo schema nei rapporti tra Fisco e contribuente, semplificando il processo attraverso l’applicazione di indicatori sintetici di affidabilità fiscale. Per le aziende di dimensioni ridotte, l’adozione di tecnologie come archivi automatici, banche dati, fatture elettroniche e intelligenza artificiale consentirà di proporre forme di “adesione 4.0”. Chi si adegua correttamente vedrà in cambio semplificazioni, misure premiali e, soprattutto, certezze. La riforma si configura come un passo significativo verso una gestione fiscale più equa e moderna.
Il Tax Control Framework (Tcf) sarà al centro della rivoluzione nel controllo fiscale per le imprese di dimensioni maggiori. In questo nuovo sistema, il Tcf agirà come garante e “cinghia di trasmissione” nei rapporti tra il fisco e il contribuente. La certificazione del Tcf richiederà l’intervento di professionisti con esperienze adeguate, e un secondo professionista, altrettanto qualificato, potrà apporre il visto di conformità alla dichiarazione dei redditi. Questa procedura consentirà l’accesso a un sistema di premialità e certezza normativa elevato. Le risorse risparmiate grazie ai controlli automatici saranno di enorme beneficio per l’amministrazione, che potrà concentrarsi maggiormente sull’evasione fiscale più grave, come quella degli evasori totali o dei proventi derivanti da attività illegali.
La rivoluzione nel controllo fiscale riflette la necessità di adattarsi al cambiamento del mercato, specialmente considerando fenomeni commerciali basati su criptovalute e transazioni online. Vecchi schemi di controllo diventano obsoleti, e l’adozione di approcci più moderni diventa essenziale. La revisione del sistema sanzionatorio è strettamente connessa alla semplificazione del sistema tributario. Un sistema semplificato, con maggiore certezza normativa, promuove rapporti più positivi tra il fisco e i contribuenti. La cooperazione volontaria dei contribuenti diventa più probabile in un contesto equo e trasparente.
In conclusione, penso che si possa tranquillamente sostenere che è proprio il concetto di equità del sistema sanzionatorio che garantisce la sussistenza degli altri criteri: un contribuente spaventato dal rischio di sanzioni irragionevoli non è certamente un contribuente collaborativo o al quale si può chiedere di adeguarsi spontaneamente.