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Così la lotta ai narcotici unisce Usa e Cina

Di Gabriele Carrer ed Emanuele Rossi

Uno dei primi risultati dell’incontro di novembre tra Biden e Xi: le delegazioni si sono incontrate per fare il punto sul traffico di droghe sintetiche, una piaga in molti Paesi. Il clima è positivo ma c’è un’altra faccia della medaglia: i sistemi di banche clandestine

Martedì e mercoledì, a Pechino, Stati Uniti e Cina hanno avviato le attività del Gruppo di lavoro bilaterale anti-narcotici, un meccanismo per coordinare gli sforzi bilaterali per contrastare la produzione globale e il traffico di droghe sintetiche illecite, compreso il fentanyl. Si tratta di uno dei risultati più tangibili dell’incontro tra i presidenti Joe Biden e Xi Jinping in California a novembre. Dell’avvio del gruppo di lavoro avevano parlato anche il consigliere per la Sicurezza nazionale statunitense, Jake Sullivan, e il capo della diplomazia cinese, Wang Yi, nel loro recente faccia a faccia a Bangkok.

Passi avanti nei colloqui 

Sono stati colloqui “concreti” ma serve fare “molto di più”, ha spiegato Jen Daskal, vice assistente del presidente Biden e vice consigliere per la Sicurezza interna. “C’è un rinnovato spirito di impegno a cooperare”, ha aggiunto parlando a Reuters al termine della due giorni di incontri che l’ha vista guidare la delegazione americana. Daskal ha “lodato” la Cina per aver intrapreso una serie di passi concreti dopo il vertice di novembre e prima ancora dell’avvio del gruppo ma ha anche sollecitato ulteriori azioni. Anche le aziende “possono fare molto”, ha aggiunto.

Di colloqui “approfonditi e pragmatici” ha parlato la delegazione cinese, esprimendo il desiderio che le due parti possano accogliere le reciproche preoccupazioni e “migliorare ed espandere la cooperazione per fornire più energia positiva” per relazioni che siano “stabili, solide e sostenibili”. Il prossimo appuntamento è fissato per l’estate a Washington.

Gli Stati Uniti sperano di convincere la Cina a collaborare più attivamente: dopo il vertice fra Xi e Biden a margine dell’Apec in California, Pechino, come segnale di attenzione, bloccò alcuni pagamenti internazionali, riprendendo a condividere dati e informazioni sulle spedizioni e sui traffici. L’intento è quello di reprimere i relativi canali di finanziamento e i traffici dato che la Cina è il primo produttore al mondo delle sostanze di base del fentanyl (precursori chimici), responsabile al centro di un’epidemia di dipendenza che erode da anni gli Stati Uniti, con pesanti conseguenze sociali: 100.000 morti per overdose all’anno e principale causa di morte tra le persone di età compresa tra i 18 e i 49 anni.

La crisi americana

Il tema è tra quelli di politica estera che tocca più da vicino l’elettorato statunitense. Fattore da non sottovalutare per un’amministrazione che cerca la rielezione. Come quella di Joe Biden che dovrà scontrarsi a novembre con Repubblicani che hanno già fatto nell’amministrazione precedente grandi promesse sulla lotta al fentanyl — e continuano a farne calcando sull’inefficacia di Biden, sulla debolezza con la Cina per non aver affrontato adeguatamente la situazione, e sul controllo delle frontiere col Messico (addirittura arrivando a supporre bombardamenti per bloccare gli spalloni che portano negli Usa le dosi prodotte dai cartelli con precursori cinesi).

Un esempio di come la crisi degli oppiodi (di cui il fantanyl è in cima alla lista) continui a pesare sulle politiche interne arriva anche dalle notizie delle ultime ore, con la decisione di Portland, città più importante dell’Oregon, di dichiarare 90 giorni di stato d’emergenza per contrastare l’aumento dei casi di overdose. La governatrice democratica Tina Kotek ha annunciato misure straordinarie: “Il nostro paese e il nostro stato non hanno mai visto una droga così mortale e coinvolgente, e tutti sono alle prese con come rispondere”.

Oltre Pechino

Ma il dossier non è esclusiva delle due superpotenze. Gli Stati Uniti, infatti, hanno sottolineato l’importanza della cooperazione multilaterale e hanno elevato la lotta al narcotraffico a vettore di politica internazionale. Per questo, alcuni mesi fa Washington ha lanciato la Coalizione globale contro la minaccia delle droghe sintetiche. Il dossier tocca anche l’Italia, che nel 2021 era quarto al mondo per consumo di fentanyl con il 6,3%, dietro agli Stati Uniti (19,3%), alla Germania (14,5%) e alla Spagna (11,8%), secondo i dati dell’Organo internazionale per il controllo degli stupefacenti delle Nazioni Unite.

Tuttavia, il narcotraffico ha anche un’altra faccia della medaglia. Va, infatti, sempre più a braccetto con meccanismi sofisticati di riciclaggio di denaro, come il cosiddetto underground banking, le banche clandestine al centro di sempre più indagini da parte della Guarda di Finanza sulle organizzazioni criminali cinesi attive in Italia.

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