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Phisikk du role – Ha vinto la sinistra-sinistra. Ma è il voto in Sardegna, non un sondaggio politico

La candidata del centrosinistra si è affermata per una manciata di voti e il centrodestra ha i suoi problemi. Ma attenzione a non fare del voto di una regione l’aruspice del voto politico – in questo caso europeo – perché non è così. È il voto di un territorio, peraltro ridotto assai nella partecipazione degli elettori, con specifici attori, specifiche beghe tra partiti, specifici problemi locali. Punto e basta. La rubrica di Pino Pisicchio

Di rilevante in questo voto di fine febbraio in Sardegna, c’è l’esasperante lungaggine nello spoglio: dalla notte del 25 febbraio alle 19,30 del 26 solo sono state scrutinate 1200 sezioni su più di 1800, francamente un’esagerazione di olimpica flemma scrutatoria. Continuiamo a domandarci per quale arcana ragione l’Italia, almeno quella della burocrazia ministeriale, guardi ancora, nel 2024, al voto elettronico con l’atteggiamento del “vade retro satana”.

La seconda notizia è che saranno felici i bipolaristi: Truzzu, l’ex giovane Atreju scelto di persona personalmente da Meloni e Todde, la sfidante grillina candidata di sinistra, se la sono battuta con un consenso che supera il 45%, lasciando al resto del mondo (che poi è una specie di usato garantito di nome Soru) soltanto l’8,5%. La terza è una non notizia: si erode ancora il margine di prevalenza dei votanti rispetto agli astenuti: siamo al 52% e poco ci manca a diventare minoranza anche qui.

L’ultima notizia è l’esultanza della sinistra/sinistra, che celebra con la Todde una vittoria psicologica dopo un anno e mezzo di gramaglie e digiuni. Si capisce e ci sta, perché ravviva la dialettica che nutre la democrazia dei moderni e spezza il conformismo del bandwagoning, che è la malattia esantematica-come la varicella e il morbillo- degli italiani, ma dopo il brindisi di mezzanotte non esageriamo.

La destra non è invincibile e dentro la coalizione ha i guai suoi, che si chiamano conflitto piuttosto che competizione, ceto politico insufficiente, sindrome del “riscatto”, almeno per gli eredi del “polo escluso”, che spesso toglie la necessaria lucidità politica. Ma questo non significa che l’opposizione si presenti al cospetto elettorale come un blocco coeso in grado di giocarsela sul piano nazionale.

L’estraneità dei “centristi” di Calenda e Renzi, infatti, sposta la sinistra ancora più a sinistra nell’immaginario politico nazionale, in una stretta pericolosa nelle braccia di Conte, mentre la destra agli appuntamenti che contano storicamente si presenta unita.

Allora una modesta avvertenza che, come sempre, nessuno prenderà in considerazione se non a posteriori: attenzione a non fare del voto di una regione l’aruspice del voto politico-in questo caso europeo- perché non è così. Non è un sondaggio: è il voto di un territorio, peraltro ridotto assai nella partecipazione degli elettori, con specifici attori, specifiche beghe tra partiti, specifici problemi locali. Punto e basta. Ha vinto la candidata del centro-sinistra, e questo è irrefutabile, ma solo con un ciuffo di voti sul competitor di destra. Auguri alla presidente. Stiamo a vedere il prossimo giro abruzzese, però, prima di sancire che è in atto un cambio di rotta nel Paese.



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