Le sfide e le opportunità di una “Unione europea della salute” al centro dell’evento organizzato da Eli Lilly. Presentato il “manifesto per l’Europa” alla vigilia delle elezioni europee
Le prossime elezioni europee rappresentano una tappa decisiva per la salute e le scienze della vita. Strategia farmaceutica europea, accesso tempestivo a farmaci innovativi, gestione dei dati sanitari e regolamentazione Hta. È quanto occorre per completare il disegno di una “Unione europea della salute”. Temi, questi, al centro dell’incontro “Europa in salute. Sfide e opportunità per il futuro”, promosso da Eli Lilly, multinazionale farmaceutica americana con una solida presenza in Europa e da oltre 65 anni in Italia, che ha presentato il “Manifesto per l’Europa” in vista dell’elezione del nuovo Parlamento europeo. L’evento, con il patrocinio di Farmindustria, Commissione europea e Società italiana di farmacologia (Sif), si è svolto ieri, 6 marzo, presso lo Spazio Europa, nel cuore della Rappresentanza europea a Roma. Un’occasione di incontro e riflessione tra istituzioni nazionali ed europee, società scientifiche, autorità regolatorie e associazioni dei pazienti per fare il punto sulle future riforme strategiche europee.
UN HUB EUROPEO
Dopo le sfide imposte dalla pandemia, l’Europa ha bisogno di incrementare la sua capacità di attrarre investimenti in ricerca, sviluppo e produzione in ambito farmaceutico. “È fondamentale accogliere con favore l’innovazione attraverso un’unica strategia che coniughi la politica industriale per la crescita e riconosca il valore delle terapie per l’economia europea e per i suoi cittadini”. Ha esordito così Ilya Yuffa, presidente Lilly international, evidenziando l’importanza di facilitare l’accesso ai farmaci innovativi in tutta Europa e garantire la sostenibilità del sistema sanitario. “Dobbiamo fare dell’Europa un hub competitivo a livello globale per la ricerca, lo sviluppo e la produzione biofarmaceutica supportando il principio indiscutibile della proprietà intellettuale, elemento necessario per continuare ad investire nello sviluppo di nuove cure”, ha aggiunto.
AUTONOMIA STRATEGICA
“L’emergenza sanitaria del Covid-19 ha ridefinito i valori della nostra economia mettendo i temi sanitari al centro delle politiche strategiche europee”, ha commentato Giorgio Silli, sottosegretario al ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Un cambio di paradigma importante che ha inciso sulle strategie di competitività internazionali e che ha dato nuova linfa al dibattito sull’autonomia strategica europea. Punto sottolineato anche da Alessandro Giglio Vigna, presidente della commissione Politiche europee della Camera dei deputati, secondo cui l’Italia e l’Europa devono acquisire un’autonomia strategica anche dal punto di vista sanitario e farmaceutico all’interno di un sistema ibrido pubblico-privato.
QUALE STRATEGIA FARMACEUTICA EUROPEA?
La strategia farmaceutica europea apre un nuovo capitolo per l’Europa e, soprattutto, per la sua capacità di attrarre R&S e produzione di nuovi farmaci. Sul tavolo la revisione della legislazione farmaceutica, con alcune disposizioni che destano perplessità in quanto rischiano di disincentivare gli investimenti nel lungo termine. Secondo Guido Rasi, già Dg Ema e nell’advisory board di Healthcare Policy, “l’attuale legge europea nasce nel contesto di una generazione di farmaci diversa e datata, che in quanto tale mal si presta ai nuovi farmaci”. “Perché l’Europa diventi veramente competitiva – ha continuato – nell’attuale proposta di riforma manca un forte parte di venture capital, un diverso impianto premiale della proprietà intellettuale e un ecosistema favorevole pubblico-privato. A fargli eco Alessandra Moretti, europarlamentare e membro della commissione per l’Ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare (Envi), secondo cui sarebbe necessario “creare un’infrastruttura pubblica di ricerca che sia in grado di stimolare la R&S e di intervenire nelle aree più critiche, svolgendo un lavoro lungo tutta la catena produttiva”.
INDUSTRIA FARMACEUTICA D’ECCELLENZA
Fondamentale il dialogo con l’industria per definire un ecosistema normativo che supporti innovazione, ricerca e sviluppo di nuove terapie secondo il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato. Il quale sottolinea come l’industria farmaceutica italiana sia “un’eccellenza – dal valore di 50 miliardi di euro circa – che va difesa oltre che implementata”. Una realtà che dà un apporto significativo anche al Pil (2%), come ha aggiunto Ugo Cappellacci, presidente della commissione Affari sociali della Camera dei deputati. A questo proposito “c’è un aspetto sociale e civico, relativo all’accessibilità e ai prezzi dei farmaci, che l’industria farmaceutica deve tenere presente” ha dichiarato Beatrice Covassi, europarlamentare e membro dell’Envi. Negli ultimi vent’anni l’Europa ha perso il 25% degli investimenti sul piano globale a beneficio di Paesi terzi a causa della lunghezza dei processi autorizzativi per l’immissione di nuovi farmaci sul mercato. Per aumentare l’attrattività degli investimenti privati nel settore farmaceutico secondo Susanna Ceccardi, europarlamentare e membro della commissione per gli Affari esteri (Afet), “la risposta è più innovazione e più tecnologia”. Occorrono “regole chiare per quello che è, ad oggi, il settore più regolamentato in assoluto e investimenti nell’hi-tech”, ha concluso Enrica Giorgetti, direttrice generale di Farmindustria.
BIG DATA IN SANITÀ: QUALE FUTURO?
La prima sfida da affrontare a livello europeo riguarda la gestione dei big data in sanità. “I dati sono il nostro petrolio – ha dichiarato Beatrice Lorenzin, già ministra della Salute – senza questi non esiste una programmazione sanitaria”. Una soluzione operativa in vista di un nuovo regolamento europeo sulla privacy, secondo Lorenzin, consiste nel prendere come riferimento la norma sui sand box dei dati finanziari anche per quelli sanitari, utilizzandoli per un tempo determinato e in uno spazio controllato per fare sperimentazione. Per Simona Loizzo, presidente dell’intergruppo parlamentare Sanità digitale della Camera, “il problema è il sistema consenso-centrico per cui i dati raccolti originariamente per attività di cura necessitano di un ulteriore consenso da parte del paziente per poter essere utilizzati per attività di ricerca”. Ma, come dichiarato da Carlo Riccini, vicedirettore generale di Farmindustria, “questi dati sono il più grande vantaggio competitivo che ha l’Europa rispetto al resto del mondo”.
REGOLAMENTO HTA
La seconda sfida regolatoria a livello europeo riguarda l’attuazione del nuovo regolamento Hta per accelerare e armonizzare il risultato della valutazione tecnico-scientifica delle terapie farmaceutiche. Secondo il presidente eletto di Ispor Italy – Rome chapter, Andrea Marcellusi, “il nuovo regolamento Hta europeo segnerà uno spartiacque tra il prima e il dopo.” Ma “più che parlare del valore del farmaco – ha chiarito Giuseppe Cirino, presidente della società italiana di farmacologia (Sif) – dove appare chiara una negoziazione di prezzo, c’è bisogno di parlare del valore della salute”. Per Federico Villa, associate vice president corporate affairs & patient access di Eli Lilly Italia, occorre “un sistema sempre più rapido in termini di valutazione, di definizione di prezzo, di rimborsabilità e, come punto finale, l’arrivo delle innovazioni terapeutiche ai pazienti che ne hanno più bisogno, migliorando così la qualità della loro vita”.
PANDEMIA DELLE CRONICITÀ
Quale strategia europea, invece, per le patologie croniche? “Affrontare le cronicità è un tema anche di politica economica”, ha dichiarato Antonio Misiani, senatore e responsabile del dipartimento di economia del Partito democratico. Che ha aggiunto: “Garantire la salute nel senso evocato dall’art. 32 della Costituzione non può e non deve essere considerato un costo per un Paese, bensì un investimento di grande valore economico e sociale”. Un pensiero comune a tutti i relatori riguarda la necessità di “un approccio multidimensionale che metta al centro la persona” perché la cronicità non intacca solo il singolo che ne è colpito ma l’intero nucleo familiare”. Come suggerisce Elena Murelli, senatrice e presidente dell’intergruppo parlamentare per le Malattie cardio, cerebro e vascolari “occorre ripensare il nostro sistema sanitario”, avviando un processo di alfabetizzazione sanitaria e di aderenza terapeutica, garantendo l’accesso equo a cure e trattamenti nonché il supporto alla ricerca e all’innovazione. “La vera sfida che la classe politica deve raccogliere oggi – ha dichiarato Annarita Patriarca, presidente dell’intergruppo parlamentare Alzheimer e neuroscienze – è garantire l’omogeneità nella prevenzione, cure di qualità e cure domiciliari adatte al tipo di patologia che coinvolge il paziente”. Nella lotta contro la nuova “pandemia delle cronicità” i tempi sono ormai maturi per rilanciare una strategia europea coordinata che integri diagnosi, trattamento, identificazione e soprattutto prevenzione del paziente.