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Anche i parlamentari italiani colpiti dagli hacker cinesi?

L’atto di accusa del dipartimento Usa di Giustizia fa riferimento a tutti i membri Ue dell’Ipac. Tra questi, anche Borghi e Giachetti (Italia Viva) che hanno già informato il Copasir e depositato due interrogazioni, rivolgendosi al sottosegretario Mantovano

“Gli obiettivi comprendevano tutti i deputati membri dell’Inter-Parliamentary Alliance on China nell’Unione europea, e 43 parlamentari del Regno Unito, la maggior parte dei quali era membro dell’Inter-Parliamentary Alliance on China o si era espressa su temi riguardanti il governo della Repubblica popolare cinese”. Questa frase nell’atto di accusa contro sette hacker del gruppo APT31, legato al governo cinese, pubblicato ieri dal dipartimento americano di Giustizia in una mossa di concerto con gli alleati (tutto nasce dal Regno Unito) ha fatto sobbalzare molti dalla sedia in Italia. Perché tra membri di quell’organismo inter-parlamentare, che raccoglie oltre 300 membri in 35 Paesi e chiede all’Occidente una strategia più severa nei confronti della Cina, ci sono diversi eletti italiani.

Tra questi, Enrico Borghi, senatore di Italia Viva e membro del Copasir, e Roberto Giachetti, deputato dello stesso partito. L’eventualità di essere stati bersagli di queste attività ostili, “qualora fosse reale e confermata”, sarebbe “estremamente lesiva delle prerogative e della libertà dei parlamentari italiani”, hanno dichiarato i due in una nota sottolineando di aver già informato della questione il presidente del Copasir, Lorenzo Guerini (Partito democratico), “per il seguito di competenza”. Inoltre, hanno annunciato di volersi rivolgere al sottosegretario Alfredo Mantovano, Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, per “delucidazioni in merito, anche alla luce della autorevolezza della fonte”, e hanno presentato due interrogazioni parlamentari.

I sette hacker sono accusati di aiutare gli sforzi del ministero cinese della Sicurezza di Stato nella repressione transnazionale, nello spionaggio economico e nell’intelligence all’estero. “Oltre 10.000 email infette” hanno colpito “migliaia di vittime in diversi continenti”, ha dichiarato Lisa Monaco, viceprocuratrice generale. “Questa prolifica operazione di hacking globale, sostenuta dal governo cinese, ha preso di mira giornalisti, funzionari politici e aziende per reprimere i critici del regime cinese, compromettere le istituzioni governative e rubare segreti commerciali”, ha aggiunto.

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