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Lo spionaggio russo in Europa fa ancora base a Vienna

Il governo austriaco espelle due diplomatici russi che avrebbero agito “in modo incompatibile con il loro status”. Ma è solo la punta dell’iceberg

Mercoledì, poche ore prima che il segretario di Stato americano Antony Blinken arrivasse a Viena, il governo austriaco ha espulso due diplomatici russi. Avrebbero agito “in modo incompatibile con il loro status diplomatico”, ha affermato il ministero degli Esteri austriaco senza fornire ulteriori dettagli e dando ai due tempo fino al 19 marzo per lasciare il Paese. La decisone è stata assunta nel contesto delle tensioni in corso sull’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, che ha comportato pesanti sanzioni da parte dei governi occidentali.

Prima che il leader russo Vladimir Putin decidesse di attaccare l’Ucraina, le espulsioni diplomatiche erano rare in tutta Europa, in particolare in un Paese neutrale come l’Austria, che aveva stretti rapporti con la Russia. Vienna aveva già espulso quattro diplomatici russi nel febbraio 2023, di cui due accreditati presso le Nazioni Unite nella capitale. Una mossa a cui Mosca aveva reagito espellendo quattro diplomatici austriaci. L’Austria, in cui la Russia può contare su molti amici, in particolare nell’estrema destra (tra cui “I viennesi di Putin”, come racconta la copertina del settimanale Falter), aveva anche espulso quattro diplomatici russi nell’aprile 2022 come parte di una reazione coordinata dell’Unione europea dopo la scoperta di presunte uccisioni di civili ucraini da parte delle truppe russe nel sobborgo di Bucha a Kyiv. In quell’occasione l’Italia aveva espulso 30 diplomatici russi per motivi di sicurezza nazionale all’inizio di aprile di due anni fa, poche settimane dopo l’inizio dell’aggressione.

La mossa di questa settimana sembra però essere soltanto la punta dell’iceberg, considerato che la Russia ha 400 diplomatici a Vienna, dove hanno sede le Nazioni Unite, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa e molte altre organizzazioni internazionali che hanno reso la capitale austriaca, con i suoi teatri, caffè e tunnel, il luogo ideale per lo spionaggio russo (ma non soltanto).

L’intelligence russa si sta riorganizzando con nuovi metodi per far fronte alla levata di scudi occidentale dopo l’invasione dell’Ucraina. Basti pensare al caso di Artem Uss, cittadino russo, figlio di un ex governatore vicino a Putin, ricercato dagli Stati Uniti ed esfiltrato da una banda serba mentre si trovava ai domiciliari nel Milanese in attesa di estradizione verso gli Stati Uniti. Ma il vecchio modello sembra ancora valido in Paesi tradizionalmente neutrali come l’Austria e la Svizzera. Lo ha scritto alcuni giorno da il Financial Times citando funzionari della sicurezza di entrambi i Paesi, secondo cui ci sono circa 150 spie russe note che operano sotto copertura diplomatica. Un altro funzionario dell’intelligence di un altro Paese ha stimato che quasi un terzo delle operazioni di intelligence russe nel continente sono ora gestite dai “centri sicuri” di Vienna e Ginevra.

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