Quattro deputati sono stati bersaglio di una serie di attacchi informatici da parte di hacker legati al governo di Pechino. Colpita anche la Commissione elettorale nel 2021. Per il governo di Londra, che annuncia sanzioni, la sfida è tra sicurezza nazionale e opportunità economiche (con un pensiero alle elezioni). I parlamentari colpiti hanno un messaggio per il ministro Cameron: “Dobbiamo affrontare il Pcc per quello che è, non per quello che speravamo diventasse”
Quattro deputati britannici – tre membri della Camera dei Comuni (l’ex leader tory Iain Duncan Smith, l’ex sottosegretario Tim Loughton, anche lui tory, e l’ex portavoce della difesa del Partito nazionale scozzese Stewart McDonald) e uno di quella dei Lord (il liberale David Alton) – sono stati il bersaglio di una serie di attacchi informatici da parte di hacker legati al governo cinese tra il 2021 e il 2022. Tutti sono membri dell’Inter-Parliamentary Alliance on China, un gruppo transnazionale di parlamentari impegnati sulla linea dura nei confronti di Pechino su diversi fronti (diritti umani e tecnologia, tra gli altri).
L’attacco alla Commissione elettorale nel 2021
Inoltre, Londra accusa Pechino degli attacchi alla Commissione elettorale britannica, avvenuti nell’agosto 2021, che avevano compromesso le informazioni di 40 milioni di britannici. La Commissione elettorale aveva spiegato che “attori ostili” non specificati hanno avuto accesso a copie delle liste elettorali e sono entrati nelle sue e-mail e nei “sistemi di controllo”, ma aveva aggiunto che ciò non ha avuto alcun impatto sulle elezioni né sulla registrazione di nessuno cittadino.
L’intervento di Dowden ai Comuni
I quattro hanno avuto un incontro Alison Giles, direttore della sicurezza del Parlamento, sugli sforzi cinesi per hackerare i loro dispositivi. Il vicepremier Oliver Dowden ai Comuni ha dichiarato che l’attacco “non ha influito sulla sicurezza delle elezioni” e la compromissione di queste informazioni “di solito non crea un rischio per le persone colpite”. Secondo il National Cyber Security Centre dietro gli attacchi c’è il gruppo etichettato come APT31 (conosciuto anche come Zirconium o Judgment Panda), legato al ministero della Sicurezza di Stato cinese. Dowden ha annunciato nuove sanzioni su due persone e un’entità affiliate alla Cina (un po’ poco considerata l’entità dell’attacco e il miliardo e 400.000 persone nel gigante asiatico?), oltre alla convocazione dell’ambasciatore cinese a Londra da parte del Foreign Office.
La mossa Usa
Diversi partner del Regno Unito, tra cui gli Stati Uniti, hanno deciso di diffondere oggi dichiarazioni simili per esporre queste attività e chiedere conto alla Cina delle sue attività malevoli, ha spiegato Dowden. Infatti, poco dopo il suo discorso, il dipartimento del Tesoro americano ha accusato ufficialmente sette cittadini cinesi di spionaggio, di aver hackerato gli account di politici, accademici e giornalisti americani. Nascosti dietro la copertura di una normale società cinese, i sette avrebbero compromesso email e cloud di “milioni di americani”.
La risposta di Pechino
Prima dell’intervento del vicepremier ai Comuni, da Pechino, Lin Jian, portavoce della diplomazia cinese, ha invitato tutte le parti a “smettere di diffondere false informazioni e ad assumere un atteggiamento responsabile per mantenere congiuntamente la pace e la sicurezza nel cyberspazio”. Mentre Dowden parlava, l’ambasciata cinese a Londra ha diffuso una nota sostengo che “i cosiddetti attacchi informatici della Cina contro il Regno Unito sono calunnie completamente inventate e malevole”. “Ci opponiamo fermamente a tali accuse”, ha spiegato il portavoce, che ha accusato il Regno Unito di “politicizzare le questioni di sicurezza informatica e di denigrare senza fondamento altri Paesi senza prove concrete”.
Le polemiche dei giorni scorsi
L’annuncio del governo britannico arriva pochi giorni dopo le recenti polemiche sulla posizione più morbida adottata dal Foreign Office da quando si è insediato David Cameron, diventato intanto Lord Cameron di Chipping Norton, che da premier fu regista della cosiddetta “golden era” delle relazioni tra Regno Unito e Cina. A lui il compito di aggiornare, dopo l’intervento di Downden ai Comuni, il “1922 committee”, ovvero i parlamentari del Partito conservatore, sui cyber-attacchi, sulla Cina e su altre minacce alla sicurezza nazionale.
Il momento cruciale per il governo
Per Rishi Sunak il momento è cruciale. Oggi il premier ha definito oggi la Cina “una minaccia economica per la nostra sicurezza e una sfida epocale”. Parole non nuove. Così come non è una novità che non abbia voluto bollare la Cina come una “minaccia”, come da tempo chiede una fetta importante del suo partito. Il governo va ripetendo di avere gli occhi aperti. Ma non mancano le critiche, come quelle di Iain Duncan Smith, convinto che l’esecutivo non stia facendo abbastanza. Serve una strategia sulla Cina per evitare “lacune” che possono rendere il Paese “vulnerabile”, ha detto la tory Alicia Kearns, presidente della commissione Esteri.
Il tentativo di allentare le tensioni
Da mesi, però, Sunak sta cercando di allentare le tensioni con la Cina. L’anno scorso ha inviato James Cleverly a Pechino per cercare di stimolare gli investimenti nel Regno Unito. L’allora segretario agli Esteri (oggi all’Interno) aveva definito il suo Paese “aperta agli affari” per le aziende cinesi, se non in settori di vitale importanza per la sicurezza nazionale. Il Sunday Times ha rivelato che il produttore cinese di batterie per veicoli elettrici EVE Energy è pronto a investire miliardi di sterline per costruire la più grande gigafactory del Regno Unito. Inevitabilmente, l’anticipazione ha scatenato la reazione di chi vede in una simile operazione il rischio di regalare al Partito comunista cinese una nuova leva geopolitica.
L’orizzonte elettorale
Le elezioni che dovrebbero tenersi entro fine anno, anche se qualcuno ipotizza già a giugno, rappresentano una sfida per il governo britannico, con il Partito conservatore costretto a ricorrere il Partito laburista nei sondaggi. E pensando alla Cina, da una parte c’è la necessità di rilanciare l’economia, dall’altra c’è il rischio di nuove interferenze. Tuttavia, puntare il dito pubblicamente contro gli aggressori, gettando le basi per potenziali azioni legali e politiche come sanzioni o proteste diplomatiche, rappresenta un ulteriore passo per allontanarsi dalla “golden era”.
La Cina di oggi per com’è, non per come la vorremmo
“Dobbiamo ora entrare in una nuova era di relazioni con la Cina, affrontando il Partito comunista cinese di oggi per quello che è realmente, non per quello che speravamo diventasse”, hanno dichiarato i tre membri dei Comuni colpiti dagli attacchi informatici, che oggi in conferenza stampa hanno scelto la linea dura paragonando l’attuale politica britannica verso la Cina all’appeasement britannico verso la Germania nazista negli anni Trenta. L’annuncio di oggi, hanno aggiunto, “dovrebbe segnare un momento di svolta in cui il Regno Unito prende posizione a favore dei valori, dei diritti umani e del sistema internazionale basato sulle regole, da cui tutti dipendiamo”