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Fanteria e droni. Ecco i piani del Pentagono per i plotoni robotizzati

La Us Army vuole schierare dei plotoni composti principalmente da robot operati da remoto nelle loro brigate corazzate. Se questo piano verrà applicato nelle sue condizioni attuali verranno schierati sedici dei suddetti plotoni essendoci undici brigate corazzate all’interno della Us Army e cinque nella guardia nazionale

L’Esercito degli Stati Uniti vuole schierare nelle proprie brigate corazzate dei plotoni composti principalmente da robot operati da remoto, definiti Robotic and autonomous systems (Ras) platoon. L’obiettivo di Washington è quello di affiancare ai soldati in carne e ossa sistemi unmanned per aumentarne le capacità senza mettere a rischio la sicurezza delle truppe, secondo un trade off tra “perdita di vite con perdita d’acciaio”. Lo sviluppo di queste capacità terresti senza equipaggio, e soprattutto il loro impiego su larga scala, implicherebbe infatti un grande risparmio in vite umane per i soldati della fanteria che, ad oggi, rimangono quelli maggiormente a rischio negli scenari operativi contemporanei. Lo Us Army ha sperimentato una varietà di concetti per quanto riguarda i droni di terra concentrandosi, soprattutto, su robot artificieri per disinnescare gli ordigni improvvisati (Ied) e altri ordigni esplosivi.

Il piano

Qualora il progetto del Pentagono venisse attuato secondo le attuali direttive, l’obiettivo iniziale è schierare sedici plotoni Ras, suddivisi sulle undici brigate corazzate presenti attualmente nell’organigramma dello Us Army e nelle cinque della Guardia nazionale. I droni terrestri, però, sono ancora caratterizzati da limiti tecnici, avendo sofferto forse di una minore attenzione rispetto ai grandi sistemi unmanned aerei. I droni terrestri sono attualmente in grado di operare solo a una velocità massima di quaranta chilometri orari, limitazione dovuta al fatto che a velocità maggiori l’operatore umano non riceverebbe le informazioni in tempi sufficienti per interagire con l’ambiente operativo. Secondo il generale Glenn Dean, executive officer del programma: “Non c’è abbastanza spettro elettromagnetico allocato alle operazioni militari per come le facciamo oggi”, e di conseguenza i plotoni Ras rischiano di non avere banda sufficiente per garantire una piena autonomia ai mezzi. Per ovviare alla lentezza del flusso di informazioni, dunque, queste nuove unità saranno probabilmente composte da sistemi pilotati da operatori umani, non esistendo, ancora, i mezzi tecnici che permettano di sviluppare mezzi autonomi adatti a questi ruoli.

I due plotoni esistenti

Ad oggi solo due brigate sono dotate di un plotone Ras, uno nell’82° brigata aviotrasportata e un plotone sperimentale nell’Army’s maneuver center of excellence. Entrambi hanno dato prova della loro efficacia all’evento dimostrativo Project convergence. Nell’occasione i plotoni Ras hanno simulato uno scenario di guerra urbano compiendo prima manovre di scouting e poi muovendosi all’interno dell’ambiente urbano simulato pronti ad ingaggiare i possibili nemici. Nell’occasione sono stati impiegati droni sia d’attacco che ricognitori.

Le possibilità per l’Europa

Questi mezzi rientrano nel tentativo delle forze armate americane di modernizzarsi. Una delle più grandi lezioni che verranno tratte dalla guerra in ucraina sarà, infatti, la centralità dei veicoli unmanned. È chiaro che, affinché i Ras platoon rivoluzionino la Us Army, la loro adozione non potrà essere limitata alle sole brigate corazzate. I plotoni Ras offriranno anche ai Paesi europei la possibilità di analizzare i metodi di implementazione dei sistemi unmanned nella fanteria fornendo una soluzione, forse l’unica possibile, per evitare un massiccio aumento dell’organico delle loro Forze armate concentrandosi, invece, sullo sviluppo ed impiego di sistemi da remoto in tutti e tre i domini tradizionali (terra, aria e mare).

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