Le relazioni dell’intelligence italiana diffuse prima del 2022, l’anno dell’invasione militare totale russa dell’Ucraina, non segnalarono l’esistenza di una minaccia ibrida da parte di Mosca. Perché? L’analisi Luigi Sergio Germani, direttore dell’Istituto Gino Germani di Scienze Sociali e Studi Strategici
Ogni anno il governo italiano, in ottemperanza alla legge numero 124 del 3 agosto 2007 (la legge che ha riformato la struttura e l’organizzazione dei servizi segreti italiani), trasmette al Parlamento una relazione non-classificata sulla politica dell’informazione per la sicurezza e sui risultati ottenuti. La relazione, curata dal comparto intelligence (e in particolare dal Dipartimento delle informazioni per la Sicurezza), comunica al Parlamento e ai cittadini quali sono le minacce alla sicurezza nazionale che l’intelligence considera prioritarie, nonché le principali direttrici di intervento dei servizi segreti per monitorare e contrastare tali minacce.
La relazione relativa al 2023 – presentata pubblicamente il 28 febbraio scorso dal sottosegretario Alfredo Mantovano con il presidente del Copasir, Lorenzo Guerini, e i vertici dell’intelligence (Dis, Aise e Aisi) – ha suscitato notevole interesse da parte dei media nazionali perché individua nella minaccia ibrida di matrice russa (ossia la presenza di molteplici attività di influenza, ingerenza e disinformazione nei confronti del nostro Paese, prevalentemente attuate e/o coordinate dai servizi segreti di Mosca) una delle principali minacce alla sicurezza nazionale.
La Russia, oltre alla Cina, viene esplicitamente segnalata come attore della minaccia ibrida ai danni dell’Italia, e di tutte le democrazie occidentali, per la prima volta nella relazione relativa al 2022, che affermava: “Mosca non smetterà di interferire nelle dinamiche politiche e nei processi decisionali interni ai Paesi Nato, ricorrendo ancor più che in passato a metodi coercitivi e manipolativi, quali attacchi cyber, disinformazione, ricatti e utilizzo di leve come quella migratoria ed energetica”. Inoltre, “fra i domini delle campagne ibride russe è stato cruciale quello cognitivo, ossia quello della manipolazione delle percezioni”.
Sorge tuttavia la domanda: perché le relazioni annuali intelligence degli anni precedenti al 2022, l’anno dell’invasione militare totale russa dell’Ucraina, non segnalarono l’esistenza di una minaccia ibrida di matrice statale russa alla sicurezza dell’Italia? Eppure le agenzie di intelligence italiane, almeno dal 2015, erano impegnate in attività di monitoraggio e contrasto alla minaccia ibrida russa, spesso in stretta collaborazione con servizi d’intelligence “collegati”. Inoltre, il contrasto alla tradizionale minaccia spionistica russa (e in precedenza sovietica) è sempre stata una priorità del controspionaggio italiano. Ricordiamo che, dopo la riforma del 2007, il compito di individuare e contrastare le attività ostili di servizi segreti esteri all’interno del territorio nazionale spetta all’Aisi, che comprende una divisione controspionaggio e controingerenza, mentre la counter-intelligence all’estero spetta all’Aise.
La maggior parte dei governi e dei servizi d’intelligence di Paesi dell’area euro-atlantica (tra cui anche Germania e Francia) hanno comunicato chiaramente ai loro cittadini l’esistenza della minaccia ibrida russa nel periodo immediatamente successivo alla aggressione di Mosca contro l’Ucraina del 2014, quando Mosca radicalizzava la sua sfida all’Occidente e iniziava ad attuare una strategia di guerra ibrida mirante a destabilizzare le democrazie occidentali dall’interno. Il concetto di “guerra ibrida” (che alcuni analisti preferiscono chiamare “guerra non-lineare”) in quel periodo diventò sempre più centrale nei dibattiti sulla sicurezza in ambito Nato e Unione europea.
A partire dal 2015 i servizi d’intelligence russi (SVR, GRU e FSB) vengono sempre più attenzionati dalle agenzie di intelligence e sicurezza occidentali, comprese quelle italiane, non solo a causa della crescente intensità delle attività spionistiche russe – sia di cyber-espionage sia human intelligence – ma anche per le molteplici azioni di guerra ibrida che l’intelligence di Mosca stava realizzando o facilitando in diversi Paesi europei: campagne di disinformazione e propaganda occulte e palesi; attacchi cibernetici contro istituzioni governative, banche e imprese; sostegno a partiti politici “anti-establishment” (partiti populisti e sovranisti) e forze anti-sistema estremiste; interferenze elettorali; cooptazione di esponenti delle élite politiche ed economiche tramite corruzione e rapporti di affari; pressioni energetiche; uso di flussi immigratori irregolari con finalità di destabilizzazione; assassini di dissidenti e oppositori del regime putiniano con armi chimiche e biologiche e materiali radioattivi.
A partire dal 2015-2016 le agenzie intelligence occidentali elevano la minaccia di guerra ibrida russa a un livello pari a quello della minaccia terroristica di matrice jihadista. Il contrasto alla minaccia ibrida russa diventa una priorità per gli organismi di intelligence e counter-intelligence dei Paesi euro-atlantici, comprese le agenzie italiane.
Per esempio, viene attenzionata e monitorata da vari servizi d’intelligence europei l’Unità 29155 del GRU (Glavnoe Razvedyvatel’noe Upravlenije, l’intelligence militare russa) specializzata nell’esecuzione di assassini e attività di sovversione e sabotaggio in Europa e in cyber-attacchi. Numerose azioni di guerra ibrida sono state attribuite all’Unità 29155: il tentativo di colpo di Stato in Montenegro, poi fallito, che prevedeva anche l’assassinio del presidente Milo Djukanovic (2016); attacchi cibernetici tesi a influenzare le elezioni presidenziali francesi (2017); l’avvelenamento nel Regno Unito di Sergej Skripal (ex ufficiale GRU) e la figlia Julia con l’aggressivo chimico Novichok (2018); attacchi cibernetici contro l’Organizzazione per la prevenzione delle armi chimiche (2018). Peraltro, diversi operativi dell’Unità 29155 hanno transitato ripetutamente in Italia in questi anni, sia dagli aeroporti di Roma che di Milano, come ha rivelato qualche anno fa Jacopo Iacoboni.
Secondo alcuni esperti del settore bene informati, nella fase dei governi Conte I e II (2018-inizi 2021) i rapporti intelligence dei servizi segreti italiani circa le attività ostili russe e cinesi in Italia, ovviamente segretati e destinati al presidente del Consiglio e ad altri membri-chiave del Governo, avrebbero suscitato poco interesse e scarso gradimento presso i decisori politici. La conseguenza potrebbe essere stata un certo depotenziamento, in quel periodo, del contrasto alla minaccia ibrida di matrice russa e cinese.
Con l’arrivo di Mario Draghi a Palazzo Chigi nel febbraio del 2021 il nuovo governo si muove per riaffermare l’orientamento atlantista ed europeista dell’Italia, rafforzando le misure di prevenzione e contrasto alla minaccia ibrida russa. Come hanno riferito Iacoboni e Gianluca Paolucci nel libro “Oligarchi. Come gli amici di Putin stanno comprando l’Italia” (Laterza), Draghi, dopo un Consiglio europeo del maggio 2021, ha dichiarato: “il livello di interferenza [della Russia], sia con le spie che abbiamo visto di recente, sia sul web è veramente diventato allarmante”.
Come, e in quale misura, è stata rappresentata la minaccia ibrida russa alla sicurezza nazionale italiana nelle Relazioni sulla politica informativa per la sicurezza del periodo 2014-2021?
La relazione 2014 contiene appena alcune righe sulla guerra ibrida all’interno del capitolo dedicato alla minaccia cibernetica: “Dell’ampia gamma di eventi cyber occorsi nell’arco del 2014 ciò che ha catturato l’attenzione dell’intelligence, in misura maggiore rispetto al passato, è stato il massiccio utilizzo dello spazio cibernetico in contesti di confronto militare, circostanza, questa, che ha contribuito a connotare la natura ‘ibrida’ di alcuni conflitti”. Tuttavia, non viene menzionata l’esistenza di attacchi cyber e ibridi ai danni dell’Italia, né tantomeno il ruolo di Mosca in tali azioni.
Nella relazione 2015 non compare il concetto di “guerra ibrida” né quello di “minaccia ibrida”. Vi è un paragrafo in cui si afferma genericamente che le tre minacce prioritarie per l’intelligence italiana – il terrorismo internazionale, la cyber-threat e i rischi per la sicurezza economico-finanziaria – hanno un “carattere ibrido”, senza una spiegazione chiara di cosa si intende per “carattere ibrido”. Nella relazione non viene esplicitata l’esistenza della minaccia ibrida alla sicurezza nazionale e la Russia non viene indicata come fonte di minaccia per l’Italia.
Anche nella relazione 2016 non vengono menzionati i fenomeni di guerra ibrida, di minaccia ibrida e di disinformazione, né le attività di ingerenza e influenza russe nel nostro Paese e in altri Paesi occidentali, che in quell’anno erano particolarmente intense (nel 2016 vi fu il caso più grave ed eclatante di attacco ibrido russo alle democrazie occidentali: l’interferenza nelle elezioni presidenziali americane).
Per la prima volta, la relazione 2017 contiene un riferimento alla minaccia ibrida (campagne di influenza, attacchi cyber e interferenze elettorali) , ma è molto breve , generico e non viene indicata la matrice russa della minaccia: “Altro filone d’interesse è quello connesso con la minaccia ibrida, che si traduce in campagne di influenza che, prendendo avvio con la diffusione online di informazioni trafugate mediante attacchi cyber, mirano a condizionare l’orientamento ed il sentiment delle opinioni pubbliche, specie allorquando queste ultime sono chiamate alle urne”.
Nella relazione 2018, dentro il capitolo dedicato alla minaccia cibernetica, ci sono alcuni riferimenti alla minaccia ibrida e alla disinformazione. Per la prima volta viene definito il concetto di “minaccia ibrida” ma senza collegarlo al ruolo della Russia: “Sono nettamente cresciute le preoccupazioni per la minaccia ibrida, vale a dire l’uso, sinergico e combinato, di strumenti convenzionali e non – comprese le manovre di ingerenza e influenza – volto a condizionare processi decisionali, corretta informazione e formazione delle pubbliche opinioni dei Paesi target e in ultima istanza, a comprimere la sovranità dell’avversario”. L’intelligence italiana riferisce la relazione, nei primi mesi del 2018 svolse una attività di monitoraggio teso a individuare indizi di “influenza, interferenza o condizionamento” delle elezioni politiche del 4 marzo 2018. Questa relazione e quelle successive dedicano una maggiore attenzione alla strategia geopolitica di Mosca in diverse regioni del mondo, ma non vengono evidenziati gli strumenti di guerra ibrida che rappresentano una caratteristica cruciale di tale strategia.
Nella relazione 2019 la minaccia ibrida viene brevemente trattata all’interno del capitolo sulla minaccia cibernetica. Si evidenzia in modo chiaro la finalità degli attacchi ibridi – la destabilizzazione delle democrazie – ma sempre omettendo qualsiasi riferimento alla matrice russa di questa minaccia: “Sul fronte della minaccia ibrida – caratterizzatasi, anche nel 2019, per il prevalente impiego di strumenti cyber per indebolire la tenuta dei sistemi democratici occidentali – è proseguita l’azione di coordinamento del Comparto. (…) Il Comparto ha riattivato, in concomitanza con le operazioni di voto per il rinnovo del Parlamento europeo del 26 maggio il monitoraggio dei possibili canali di propagazione della minaccia”.
La relazione 2020 per la prima volta dedica un capitolo autonomo alla minaccia ibrida (nei rapporti precedenti essa veniva discussa all’interno del capitolo sulla cyber-minaccia). Il capitolo si sofferma sulle campagne di influenza e disinformazione condotte da “attori statali ostili” per sfruttare la crisi del Covid-19 nel 2020, senza tuttavia chiarire che tali attori erano la Federazione Russa e la Cina: “mirata e coordinata azione intelligence è stata riservata alla cd. minaccia ibrida – per definizione veicolata su diversi domini (quello diplomatico, militare, economico/finanziario, intelligence, etc.) – che, in concomitanza con il dispiegarsi dell’emergenza sanitaria, è stata caratterizzata da costanti tentativi di intossicazione del dibattito pubblico attraverso attività di disinformazione e/o di influenza”.
Nella relazione 2021 alla minaccia ibrida viene dedicato uno spazio maggiore rispetto alle relazioni precedenti, ma Russia e Cina (e i loro servizi segreti) ancora non vengono indicati come attori della minaccia. Si riferisce che l’intelligence italiana “ha continuato a promuovere attività volte alla messa a sistema delle capacità nazionali per individuare, prevenire e contrastare tale minaccia” in raccordo con le principali amministrazioni interessate (Presidenza del Consiglio, Esteri, Interno e Difesa). Inoltre, che il Comparto ha partecipato a esercitazioni in ambito Nato e Unione europea nel settore del contrasto alla minaccia. La Relazione descrive in modo più preciso le caratteristiche della minaccia ibrida, senza tuttavia indicare gli Stati ostili dai quali proviene tale minaccia: “L’impiego combinato di tutti gli strumenti di cui dispone uno Stato sovrano (Diplomatico, Militare, Economico, Finanziario, Intelligence e Law Enforcement); il permanere dell’attaccante al di sotto di una soglia (rilevabile) di responsabilità, così da rendere difficoltosa sia l’attribuzione della condotta ostile, sia la predisposizione di un’eventuale risposta, e lo sfruttamento delle vulnerabilità sistemiche del target per tentare di condizionarne i processi strategici (decision making, esercizio del voto, libertà di espressione, etc.) ponendo in essere, anche attraverso il dominio cibernetico, operazioni di influenza e interferenza”.
Come già evidenziato, nelle relazioni 2022 e 2023, cioè dopo l’invasione totale dell’Ucraina da parte della Russia di Vladimir Putin, la matrice statale russa della minaccia ibrida finalmente viene esplicitata con chiarezza. Dopo l’invasione, evidentemente, non era più ammissibile continuare a parlare genericamente, nelle relazioni annuali, di minaccia ibrida omettendo ogni riferimento alla Russia.
Torniamo alla domanda centrale che pone questo articolo: perché le relazioni annuali dell’intelligence italiana iniziano a indicare la Russia come attore della minaccia ibrida solo nel 2022, e non sette anni prima (nel 2014-2015), quando prese corpo la strategia di Mosca tesa a destabilizzare le democrazie occidentali (Italia compresa) tramite strumenti di guerra ibrida?
A nostro avviso ci sono tre possibili risposte. Prima: il comparto intelligenza non ha indicato la Russia come fonte della minaccia ibrida perché temeva di essere accusato di voler delegittimare i partiti populisti-sovranisti filorussi (Lega e Movimento 5 Stelle), che in quegli anni erano in ascesa e hanno successivamente vinto le elezioni politiche del 2018. L’intelligence riteneva che caratterizzare la Russia di Putin come minaccia alla sicurezza nazionale avrebbe potuto suscitare reazioni negative da parte di ampi settori della politica, del mondo economico e dell’opinione pubblica che all’epoca consideravano il presidente russo un grande leader e la Russia una potenza responsabile e un potenziale alleato anziché un avversario. Ampie aree dello “Stato profondo” italiano (alte burocrazie civili e militari, magistrature, grandi manager di Stato o di sindacato) non avrebbero gradito la segnalazione della Russia come attore della minaccia, perché desideravano mantenere buoni rapporti con Mosca, anche in fasi di forti tensioni tra Occidente e Russia, per motivi di realpolitik e in alcuni casi per affinità ideologiche con la Russia di Putin.
Non possiamo sapere con certezza quali siano state le motivazioni di fondo che hanno indotto i vertici dell’intelligence italiana e Palazzo Chigi ad adottare un approccio timido e riluttante alla comunicazione relativa alla minaccia ibrida, allo spionaggio, all’ingerenza, all’influenza e alla disinformazione a opera di potenze straniere. In ogni caso, questo approccio non ha contribuito ad accrescere la consapevolezza della minaccia ibrida presso l’opinione pubblica, i media e il mondo politico e quello economico. Tale consapevolezza sarà sempre più necessaria per poter fronteggiare gli attacchi spionistici e di guerra ibrida provenienti dalla Russia, dalla Cina o da altre potenze autocratiche, che mirano ad aggredire su più fronti la stabilità e la coesione socio-politica del nostro Paese.