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Nascondere i fallimenti con l’over-regulation. Il caso del contrasto al tabagismo

Di Umberto Roccatti

Come rendere disponibili prodotti sicuri e certificati ai fumatori adulti che non riescono o non vogliono smettere di fumare, e allo stesso tempo tenere lontani i giovani dai prodotti da inalazione? Serve l’applicazione rigorosa delle normative esistenti, insieme a programmi strutturati e continui da parte delle istituzioni, in particolare delle scuole. L’intervento di Umberto Roccatti, presidente Anafe Confindustria

In Europa dilaga una bulimia regolamentare verso i prodotti di nuova generazione a rischio ridotto. La Commissione europea vieta l’utilizzo di aromi per i riscaldatori di tabacco, mentre la Francia vieta i vaporizzatori monouso e vuole normare la disponibilità di flavour. Così un lungo elenco di Paesi si accoda in propositi di proibizionismo. In Italia, poi, il via libera alla delega fiscale ha messo in ginocchio l’e-commerce delle e-cig. Il tutto, secondo la politica, per proteggere i minori e prevenire la commercializzazione di prodotti ritenuti attraenti per i giovanissimi.

Intanto, ciò che risulta più evidente è l’inefficacia delle politiche sanitarie: le campagne contro il fumo degli ultimi 20 anni hanno ottenuto risultati risibili in tutta Europa, e in Italia non è andata meglio con la percentuale dei fumatori rimasta stabile al 23%. Siamo lontanissimi dall’obiettivo posto dal Beating Cancer Plan dell’Ue, che mira a limitare al massimo al 5% la quota di fumatori a livello comunitario entro il 2040.

Al contrario l’industria offre, da 15 anni e dopo una lunga serie di ingenti investimenti in ricerca e sviluppo, un approccio pragmatico, non ideologico basato sul principio di riduzione del rischio. Si tratta di un principio già impiegato dalla scienza in altri ambiti, come ad esempio nel contrastare la dipendenza da sostanze stupefacenti, ma che incontra ostacoli nell’ottenere un consenso unanime dalle istituzioni sanitarie internazionali, le quali tendono spesso a adottare un approccio di massima precauzione. Quest’ultimo, oltre a dimostrarsi inefficace da un punto di vista puramente quantitativo, determina anche un paradosso: le istituzioni sanitarie internazionali stentano a fidarsi della ricerca scientifica indipendente. Ebbene, è proprio tale ricerca scientifica ad attestare che prodotti di nuova generazione come le sigarette elettroniche riducono la tossicità di almeno il 95% rispetto ai prodotti tradizionali; e questo in considerazione della totale assenza del processo di combustione, che è la principale causa delle malattie correlate al fumo. Inoltre, recenti pubblicazioni, come l’ultima revisione del network internazionale indipendente “Cochrane”, hanno sottolineato che nell’ambito del processo di cessazione da fumo, l’e-cig si sia dimostrata notevolmente più efficace rispetto a sostanze farmacologiche come la vareniclina e la citisina.

Si tratta quindi di un’alternativa realmente praticabile per milioni di fumatori adulti che non riescono o non vogliono smettere di fumare (91%, fonte Eurispes). Ad aver già ottenuto risultati nella lotta al tabagismo è la Gran Bretagna, dove l’agenzia del dipartimento del Ministero della Salute (MHRA) ha basato la propria strategia nazionale proprio sulle sigarette elettroniche. Tanto che, negli ultimi 10 anni, i fumatori sono calati dal 22% al 12%.
Le politiche fatte in nome della tutela dei minori già esistono, soprattutto in Italia, e sono severissime. Non solo è vietata la vendita ai minori, ma esiste persino un regime autorizzativo nella distribuzione al dettaglio che impedisce di fatto la diffusione del prodotto essendo vendibile solo in tabaccheria, farmacie e negozi specializzati. E i rivenditori sono perfettamente consapevoli ed edotti sulle sanzioni che rischiano in caso di mancato rispetto delle norme. Si parte dalla chiusura forzata dell’esercizio per 15 giorni, fino alla perdita della licenza in caso di recidiva. Senza considerare che esiste il divieto quasi totale di fare pubblicità a questi prodotti.

Con questo non vogliamo dire che il problema dello svapo tra i minori non esista. I produttori riuniti in Anafe affrontano il problema con azioni concrete per bandire con fermezza l’uso della sigaretta elettronica nei giovanissimi. Essi vanno sempre tenuti lontani da qualsiasi prodotto, che sia tradizionale o di nuova generazione, con e senza nicotina, sia per tutelare la loro salute, sia per non incentivare meccanismi di emulazione. È un approccio di massima tutela che l’Associazione ha tenuto a evidenziare anche nel proprio Manifesto, promosso anche dalla Liaf (Lega Italiana Antifumo) e dal Moige (Movimento Italiano Genitori). Inoltre, Anafe ha recentemente sottoscritto il “Codice di autoregolamentazione per la comunicazione e la vendita dei prodotti senza combustione”, promosso dall’Istituto Eurispes.

Come rendere disponibili prodotti sicuri e certificati ai fumatori adulti che non riescono o non vogliono smettere di fumare, e allo stesso tempo tenere lontani i giovani dai prodotti da inalazione? Serve l’applicazione rigorosa delle normative esistenti, insieme a programmi strutturati e continui da parte delle istituzioni, in particolare delle scuole. È altresì essenziale un enforcement delle forze dell’ordine per contrastare la distribuzione illegale, che avviene prettamente sui social network e non sui siti web autorizzati.

Infine. è necessario che le istituzioni sanitarie riconoscano il fallimento delle politiche tradizionali contro il tabagismo e si decidano a inserire i prodotti a rischio ridotto nei protocolli dei medici di base. Continuare a trattare i fumatori come semplici pazienti anziché come esseri umani non produrrà risultati.

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