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Tutti i numeri del settore agricolo italiano (e perché è importante)

Di Domenico Caligiuri

L’attenzione politica sul settore agroalimentare italiano si colloca in un quadro di interessi strategici volti a garantire la tutela della filiera sia sotto l’aspetto economico che sovranista. L’analisi di Domenico Caligiuri

L’unico Nobel per le scienze economiche italiano Franco Modigliani ebbe a dire: “Le capacità imprenditoriali degli italiani sono uniche al mondo”. Dovremmo tenere in considerazione queste parole nel periodo che ci si prospetta avanti dove occorre fare passi da giganti per non perdere competitività anche in vista della maggiore connessione tecnologico/industriale?

Durante i tempi di emergenza affiora l’attenzione verso settori utili alla sopravvivenza della cittadinanza e dell’economia degli Stati. Le politiche attuate negli anni antecedenti in questi periodi maturano i frutti delle scelte dei decisori manifestando all’opinione pubblica il lavoro che si è reso.

Le ultime due crisi emergenziali, ossia quella della pandemia da Covid-19 e la fase di emergenza che si è creata con la destabilizzazione del sistema diplomatico globale, figlia delle guerre in atto, hanno messo in risalto l’importanza di settori imprescindibili per la tenuta del sistema sociale come la filiera agroalimentare.

L’era che ci accingiamo a vivere è definita da molti de-globalizzazione o nuova globalizzazione, caratteristica che la contraddistingue dal precedente periodo sono il restrizionismo degli scambi commerciali, azioni normative volte alla protezione sovranista, e un richiamato spirito nazionalista. Questi accadimenti hanno reso impraticabile la politica economica del libero mercato richiamando i governi nazionali a intraprendere scelte strategiche per tutelare i propri interessi nazionali.

Durante l’ultima crisi economica le imprese erano già deboli per via di accordi per la delocalizzazione di produzioni nazionali in regioni a basso costo della manodopera causate dall’adozione del mercato unico, in quella situazione l’Unione europea aveva implicitamente portato ad adottare scelte economiche restrittive favorendo delocalizzazione, politiche anti-sovraniste, portanti danni a intere filiere produttive. La Bce per rifinanziare il debito pubblico, con una minore spinta verso gli aiuti alle imprese dalle banche e le campagne di svendita delle partecipazioni pubbliche aveva tacitamente consentito perdite in termini di capacità intellettuale.

A differenza del 2008, però, oggi invece l’Unione si è messa a lavoro con politiche incisive per tutelare il mercato, attuando scelte sia sul piano legislativo che economico volte a tutelare interi settori produttivi. Il Next Generation Eu e il regolamento 2019/452 ne sono una lucida scelta di politica economica.

Gli indici dell’Ismea del Rapporto sull’agroalimentare italiano 2023. Economia del settore agroalimentare Italiano

L’economia di un Paese si analizza sia macro-economicamente che micro-economicamente, un’azienda-stato che funzioni valuta una programmazione in questo senso. La struttura del nostro Pil ad esempio si compone, in maggioranza di imprese di medio-piccole dimensioni e tra queste una buona fetta della torta, spetta alla filiera agroalimentare nel suo complesso.

La filiera agroalimentare italiana è maggiormente frammentata rispetto al resto dell’Ue e l’incidenza sull’economia nazionale considera specie il suo forte indotto che va dall’intermediazione, alla logistica, alla distribuzione e alla ristorazione e alle strutture ricettive.

L’importanza del settore è data dalla crescita che pone all’economia italiana con circa 60 miliardi di euro di valore aggiunto annui, di questi la parte più consistente, 40 miliardi circa si deve al settore primario quale agricoltura, silvicoltura e pesca, mentre i restanti 20 miliardi circa dell’industria alimentare, con i magazzini di scorte e la grande e piccola distribuzione dei supermercati.

In termini assoluti sull’intera economia il settore agroalimentare rappresenta il 2,3% del Pil, che è ben più produttivo rispetto alla media Ue, dove il dato medio è del 1,9%. Sono invece 124 miliardi di valore aggiunto se lo allarghiamo alla distribuzione e alla ristorazione contribuendo così al 8% del Pil. Se invece sommiamo anche i servizi di logistica e trasporto arriviamo a circa 250 miliardi di euro per il 15% dell’economia nazionale, circa dieci manovre finanziarie.

Il settore agricolo italiano

Il settore agricolo nell’ultimo decennio ha mostrato ottimi trend di crescita, nonostante l’agricoltura ha vissuto numerose annate sfavorevoli, soprattutto a causa dei cambiamenti climatici.

Le colture mediterranee sono le più diffuse con produzioni di vini di qualità, al settore orticolo, alla frutta e all’olio di oliva. Si conferma la peculiarità per l’alto peso delle attività secondarie come l’agriturismo, attività ricreative e sociali, fattorie didattiche, artigianato, trasformazione dei prodotti aziendali, produzione di energia rinnovabile. Le attività secondarie coprono l’8,7% del valore totale della produzione agricola italiana.

La peculiarità dell’Italia si conferma anche per alcune produzioni di origine vegetale in cui il nostro Paese è specializzato. La quota in valore sulla produzione totale europea, per queste produzioni è ben superiore a quella che il Paese riveste per la media del settore agricolo. Si tratta soprattutto del vino, di cui l’Italia crea il 40% del valore complessivo dell’UE, una percentuale seconda solo alla Francia, e dell’olio, con il 33% del valore dell’UE, dopo la Spagna che possiede il primato.

L’orientamento verso la qualità consente all’agricoltura italiana di distinguersi nel panorama europeo e internazionale. Con riferimento alle Indicazioni geografiche (IG), l’Italia detiene il primato mondiale del numero di certificazioni, con 845 riconoscimenti (526 nel vino e 319 nel cibo) che complessivamente coprono oltre un quinto del valore totale della produzione agroalimentare (Ismea-Qualivita, 2022). Nel complesso si tratta di oltre 19 miliardi di euro di valore della produzione all’origine, 11 miliardi di euro rappresentati da vini di qualità, i restanti 8 miliardi da cibi certificati.  L’indotto conta 900 mila occupati agricoli che rappresentano il 3,5% degli occupati totali del nostro Paese.

Il settore Alimentare Italiano

Il settore alimentare è al terzo posto nella graduatoria europea. L’Italia, al netto delle sue specializzazioni nell’industria lattiero-casearia nonché in quella vitivinicola, quella degli elaborati di carne e quel la ortofrutticola è un sistema produttivo sufficientemente diversificato, analogamente a quanto osservato per l’agricoltura.

La rilevanza dell’Italia su alcuni comparti dell’industria alimentare europea, alimentata anche dal buon andamento delle vendite all’estero, traina strutturalmente le importazioni di materie prime agricole e semilavorati. In particolare, pasta e altri derivati dei cereali, lattiero-caseario, dolciaria, elaborati di carne e olio sono comparti che muovono flussi di materie prime di origine estera.

L’esame del grado di autoapprovvigionamento, dato dal rapporto tra i volumi della produzione e dei consumi delle principali produzioni italiane, evidenzia che soltanto vino, ortofrutta e carni avicole riescono a garantire l’autosufficienza al sistema agricolo nazionale.

Tra i settori maggiormente dipendenti dall’estero vanno menzionati la mangimistica, i derivati dei cereali le carni bovine e suine e l’olio d’oliva.

Anche la pasta, prodotto simbolo del made in Italy, sia per soddisfare la domanda interna che per alimentare flussi importanti di esportazione, dipende fortemente dall’estero per l’approvvigionamento di frumento duro. A una fase agricola caratterizzata da un’offerta di frumento duro polverizzata e di livello non costante in termini di qualità e quantità, si contrappone la prima e seconda trasformazione, in questo contesto, la produzione nazionale di materia prima è pari a due/terzi mentre circa la metà della produzione nazionale di pasta è diretta all’esportazione.

Nel settore della sostenibilità dell’economia circolare siamo anche tra i primi in Europa, ne è un esempio il ruolo del packaging. 

Italian Sounding e l’importanza dell’azione del Mimit

Quando parliamo di IS Italian Sounding ci riferiamo alla pratica di associare a prodotti agroalimentari nomi, immagini, combinazioni cromatiche, riferimenti geografici che evocano l’Italia ai fini di commercializzazione ingannevole. Considerata l’importanza dei prodotti IG per la nostra economia, la tutela in ambito internazionale è uno strumento imprescindibile per aumentare la competitività di una componente del sistema agroalimentare italiano che, anche in un contesto complesso e incerto come quello dell’ultimo triennio, ha reagito in maniera positiva. Tra i prodotti più evocati risultano soprattutto quelli che in Italia sono contraddistinti da Dop, come Parmigiano Reggiano, Mozzarella di bufala Campana, Prosecco, Pecorino Romano, Gorgonzola, Grana Padano, Prosciutto San Daniele, Asiago, Chianti.

Il fenomeno dell’Italian sounding per i prodotti vale circa 11 miliardi.  La scarsa conoscenza e consapevolezza delle valenze distintive del made in Italy agroalimentare da parte del consumatore straniero, le barriere all’accesso di alcuni mercati, la limitata proiezione internazionale e conoscenza specifica dei mercati di riferimento da parte delle piccole imprese agroalimentari italiane, e le barriere di comunicazione tra i produttori italiani e i consumatori stranieri determinano una competizione al ribasso dell’Italian sounding.

L’attenzione politica del settore si focalizza anche con prerogative di incidenza istituzionale per tutelare la concorrenza, difatti il governo già nel novembre del 2022 aveva scelto di rafforzare le competenze del ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit), per dare una risposta organizzata secondo macro-obiettivi generali e aree di intervento, rispetto alle sfide economiche-sociali che si intendono affrontare con il Pnrr. Le Missioni del Piano rappresentano aree “tematiche” strutturali di intervento in digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura, rivoluzione verde e transizione ecologica, infrastrutture per una mobilità sostenibile, Istruzione e ricerca, Inclusione e coesione. In ultimo la riorganizzazione presentata dal ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, per rendere maggiormente efficiente il ministero pone la suddivisione dipartimentale in: dipartimento per le politiche per le imprese, il dipartimento per il digitale, la connettività e le nuove tecnologie, il dipartimento mercato e tutela, il dipartimento per i servizi interni, finanziari, territoriali e di vigilanza.

Politica agricola comune 2023-2027

Il Piano Strategico Nazionale della PAC 2023-27 voluto dalla Commissione europea prevede una spesa pubblica programmata di oltre 4 miliardi per il sostegno agli investimenti a valere sullo sviluppo rurale. In particolare, circa 1,8 miliardi di euro saranno destinati agli investimenti produttivi per rafforzare la competitività delle aziende agricole e oltre un miliardo a quelli finalizzati alla trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli e alla diversificazione in attività extra-agricole come: agriturismo, fattorie didattiche e sociali.

Il Piano Nazionale Ripresa e Resilienza (Pnrr), adottato in coerenza con il programma europeo Next Generation Eu, prevede la disponibilità di ingenti risorse finalizzate al sostegno degli investimenti nel settore agroalimentare italiano, con particolare attenzione agli aspetti connessi ad ambiente e clima e alla transizione digitale. Tra le voci principali, quelle relative allo sviluppo della produzione di energie da fonti rinnovabili, da realizzare sia attraverso il Parchi agrisolare che mediante lo sviluppo del biometano. Una specifica misura punta poi a ridurre l’inefficienza del settore logistico, che ha un notevole impatto negativo anche sull’agricoltura, incoraggiando l’utilizzo di veicoli elettrici e promuovendo la digitalizzazione, misure volte all’innovazione e processi di sviluppo tecnologico che interessano il settore agro alimentare, si pensi ad esempio all’utilizzo di impianti di illuminazione a led, alla scoperta di sementi resistenti alle condizioni dei terreni già poco produttivi per via degli impatti dei cambiamenti climatici, o alla mappatura della fertilità delle coltivazioni con studi che utilizzano le bande dei satelliti.

Capacità intellettuali

Nell’intero settore agroalimentare italiano si contano oltre di 5.000 brevetti di cui 4.000 circa solo nel settore agricolo. Nel solo 2023 sono state presentate 9.000 domande di brevetti per invenzioni industriali con un aumento del 4.5% rispetto al 2022. L’economia italiana rappresenta il 2.5% dell’attività intellettuale mondiale rispetto al 2.2% del suo PIL rappresentando la 9^economia mondiale.

L’esercizio del Golden Power nella filiera agroalimentare

La sicurezza alimentare, che riguarda la protezione delle infrastrutture e delle attività produttive nel settore alimentare è una sfida di primaria importanza per l’economia di uno Stato. In questo contesto l’importanza del ruolo degli Stati diventa evidente poiché devono affrontare questa nuova sfida che coinvolge la tutela della sicurezza nazionale e la promozione dell’ordine pubblico per salvaguardare valori fondamentali come la democrazia e la libertà, includendo la salvaguardia delle risorse, della tecnologia e delle attività imprenditoriali. L’armonizzazione normativa a livello europeo col regolamento (UE) n. 2019/452 e successive modifiche si è introdotto un quadro legislativo per monitorare gli investimenti esteri che potrebbero rappresentare una minaccia per la sicurezza nazionale, compreso il settore agroalimentare, al fine di garantire la sicurezza degli approvvigionamenti alimentari.

L’esercizio dei poteri speciali, specialmente nei settori considerati strategici, comporta un’attività amministrativa soggetta al principio di proporzionalità, pur lasciando spazio a discrezionalità. La sicurezza alimentare emerge come un bene pubblico che richiede interventi statali per proteggere il sistema produttivo nazionale, le sue infrastrutture e le sue risorse, limitando l’autonomia contrattuale e l’iniziativa economica. Questo settore viene considerato strategico non solo per garantire la sicurezza alimentare, ma anche per preservare le risorse naturali e sostenere un’economia strettamente interconnessa con il territorio e la filiera agroalimentare. Questo coinvolge non solo interessi individuali, ma anche collettivi, data l’importanza cruciale del settore alimentare per l’economia nazionale.

Tutelare la nostra economia è una delle maggiori prerogative politiche in un contesto di instabilità, dovremmo perciò essere maggiormente propositivi verso il sacrificio e l’autosufficienza che non vuol dire isolazionisti. Poiché il progresso non può essere sempre lineare dobbiamo abituarci a ciclici periodi di crisi di natura: politica, economica, climatica, sociale. Una cultura che massimizzi il nostro settore produttivo penso possa essere una buona strada da perseguire rispettando l’habitat e l’ecosistema. Se morfologicamente e intellettualmente siamo una nazione ricca perché non rafforzare un tessuto aziendale e produttivo trainante dove il sistema Paese investa conoscenza e nel rispetto dell’ambiente, quindi dell’homo, ritrovi il contatto con il cittadino? Forse Modigliani aveva ragione, chi può saperlo se non noi.



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