Il tema è diventato il focus dell’iniziativa organizzata oggi alla Camera dall’associazione “Un filo per la vita onlus”, un convegno, nato per sensibilizzare i decision makers alla rapida categorizzazione di alcune patologie come malattie rare. Ecco chi c’era e cosa si è detto
Riconoscere l’insufficienza intestinale cronica benigna (IICB) e la sindrome dell’intestino corto (SBS) come malattie rare. A questo stanno lavorando associazioni e stakeholder istituzionali, con l’obiettivo di mettere a punto un sistema più strutturato e potenziato di contrasto a queste patologie, che oggi affliggono non poche persone. In particolare, pur essendo la più rara delle insufficienze d’organo, l’IICB non è riconosciuta come tale all’interno del Servizio sanitario nazionale. I dati epidemiologici evidenziano che il 40% di casi di IICB è rappresentato dalla complicanza di malattie già riconosciute dal Servizio sanitario nazionale, mentre il 60% dei casi è legato a patologie come la sindrome dell’intestino corto, che non possiedono alcun riconoscimento. Un tema diventato il focus dell’iniziativa organizzata oggi alla Camera dall’associazione “Un filo per la vita onlus”, un convegno, nato per sensibilizzare i decision makers alla rapida categorizzazione di queste patologie come malattie rare e per promuovere l’adozione di modelli di presa in carico territoriale dei pazienti affetti da IICB e dalla SBS.
La tematica ha chiamato a raccolta molti rappresentanti d’eccellenza delle istituzioni e del tessuto sanitario e farmaceutico. Tra questi Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera dei Deputati, che ha voluto sottolineare la rarità della patologia che ha un’incidenza di dieci pazienti su un milione: «Per eliminare la disparità nell’accesso alle cure e nel riconoscimento della patologia bisogna mettere a fattore comune i risultati finora ottenuti, dettare una timeline di impegni da discutere in parlamento e lavorare per una convergenza». Gli ha fatto eco Ugo Cappellacci, presidente della Commissione Affari Sociali della Camera, che ha sottolineato la necessità di tenere alta l’attenzione sulle patologie IICB e SBS: «Serve potenziare i percorsi di formazione degli operatori sanitari affinché là rarità della patologia non condizioni la riconoscibilità della stessa con conseguenti ritardi diagnostici e terapeutici».
A esprimere le richieste dell’Associazione “Un filo per la vita onlus” Margherita Gregori, segretario generale: «Nel nostro Paese si registrano una miriade di approcci terapeutici diversi per il trattamento della malattia, con evidente discontinuità e disomogeneità a livello regionale. Ed è proprio a livello regionale, in Toscana, Lombardia, ma anche in Lazio, Veneto e Sicilia, che ci stiamo muovendo per avere quello che a livello nazionale non siamo ancora riusciti ad ottenere. Alla classe politica chiediamo linee guida chiare per la presa in carico dei pazienti e quindi un impegno concreto, diretto ed esplicito sul tema».
Ad oggi, solo alcune Regioni virtuose, come il Piemonte e la Valle d’Aosta, hanno riconosciuto la IICB come malattia rara. In altre, come Toscana, Lazio, Veneto, Sicilia, Friuli Venezia Giulia e Liguria, si è aperto un dibattito in tal senso. Nel caso in particolare della Toscana, è intervenuto all’evento Paolo Lionetti, responsabile della SOC Gastroenterologia e Nutrizione Pediatrica dell’Ospedale Meyer di Firenze. «In Toscana siamo riusciti a costruire una rete regionale pediatrica attraverso cui riusciamo a curare malattie rare anche se non riconosciute dal SSN, tuttavia resta la necessità di un riconoscimento di queste tipologie di patologie per gli adulti in particolare, e in questo senso è stato molto apprezzato il passo fatto dalla Regione Toscana». Lo scorso giugno il consiglio regionale toscano ha approvato una mozione che impegna la regione all’inserimento della patologia dell’insufficienza intestinale cronica benigna (IICB) all’interno dell’elenco regionale delle malattie rare, attraverso l’identificazione dei provvedimenti terapeutici necessari per il suo trattamento nell’ambito dei livelli essenziali di assistenza (extra LEA).
Altro discorso invece per la Lombardia per cui è intervenuto Lorenzo Norsa, medico pediatra specialista in Gastroenterologia e Nutrizione. «In Lombardia a partire dal 2020 la situazione è molto migliorata. Anche grazie ad una rete di prescrizione per la nutrizione parenterale siamo riusciti a garantire servizi sia per adulti che per bambini. Per quanto riguarda le spese sanitarie legate a queste patologie invece la regione attinge al welfare, perché non sono riconosciute dal SSN. Rimane mandatorio, anche per questo motivo, riconoscere a livello nazionale IICB e SBS come malattie rare».
La politica su queste istanze appare unita e condivide trasversalmente una linea di condotta. Il lavoro del mondo sanitario è riuscito a farsi ascoltare. Questa l’impressione, ascoltando le parole degli esponenti di vari partiti intervenuti all’evento, come Francesco Ciancitto (FdI): «Riconoscere queste patologie come malattie rare è di cruciale importanza. Serve per migliorare le vite dei pazienti, dando loro un percorso di assistenza completa, ma anche solidarietà alle loro famiglie, facendo sentire loro maggiore supporto e vicinanza»; o come Gian Antonio Girelli (Pd): «La politica deve riconoscere queste patologie come malattie rare, per prevedere una serie di agevolazioni per molti pazienti che vivono difficoltà di salute che si affiancano a quelle burocratiche per la gestione delle cure». Fino ad Annarita Patriarca (FI): «Ritengo fondamentale riconoscerle come malattie rare perché questo segnerebbe un cambio di passo per i pazienti e per chi è loro accanto. Dobbiamo inserirle nei Livelli essenziali di assistenza per alleviare le sofferenze di chi ne è affetto per lo meno con i vantaggi di ordine fiscale e burocratico».