A pochi giorni dal business forum con Tajani e Wang, il Global Times torna a invitare l’Europa a rafforzare la cooperazione e ripudiare il de-risking. Peccato che proprio Pechino lo sta facendo da anni, chiamandolo “xinchuang”
Il Global Times, megafono in lingua inglese della propaganda del Partito comunista cinese, torna a proporre la terza via all’Unione europea.
Lo fa in un momento denso di incontri tra leader cinesi ed europei. Wang Wentao, ministro del Commercio cinese, è in Francia e nei prossimi giorni sarà in Italia per partecipare con Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, a una serie di eventi bilaterali per segnare la fase bilaterale post Belt and Road Initiative (la cosiddetta Via della Seta), tra cui un business forum a Verona dedicato con focus su quattro settori strategici (agritech; e-commerce; investimenti; farmaceutico e biomedicale). Inoltre, Stéphane Séjourné, ministro degli Esteri francese, è stato di recente a Pechino dov’è atteso presto Olaf Scholz, cancelliere tedesco, accompagnato da un’ampia delegazione industriale dalla Germania.
L’obiettivo cinese, si legge, è “quello di espandere la cooperazione tra Cina ed Europa, che non è rivolta a terzi. Allo stesso tempo, ci si sforza di affrontare le differenze tra le due parti con il dialogo e la comunicazione. La Cina non ha mai chiesto all’Europa di ‘inserire gli Stati Uniti nel testo ogni due frasi’”, continua il Global Times con riferimento alle indiscrezioni di Politico sulle richieste dei diplomatici americani durante il recente Consiglio commerciale e tecnologia tra Stati Uniti e Unione europea.
L’articolo continua così: tra la Cina e l’Europa “esiste un rapporto di rispetto reciproco e di uguaglianza”, “c’è competizione, ma la cooperazione supera di gran lunga la competizione”; la Cina “non permetterà all’Europa di sentirsi ‘presa in mezzo’”; gli Stati Uniti, invece, “ipocritamente” parlando dell’Europa come di un alleato e della Cina come un avversario comune, “con l’obiettivo finale di fare dell’Europa un trampolino di lancio nella sua strategia verso la Cina”. Il Global Times tocca poi le corde dell’antiamericanismo e del sovranismo europeo. “Washington ha mai trattato l’Europa come un vero alleato? Prima c’è stata la guerra commerciale avviata dall’amministrazione di Donald Trump contro l’Europa, ora c’è l’Inflation Reduction Act dell’amministrazione Biden. L’Europa non ha sofferto abbastanza a causa degli Stati Uniti?”. E ancora: “Sono gli Stati Uniti a spingere l’Europa a diventare un concorrente strategico della Cina, perché sono i meno interessati all’autonomia strategica dell’Europa”. Infine: “Se il de-risking perseguito dagli Stati Uniti e dall’Europa mira alla parte della cooperazione Cina-Europa e al mutuo beneficio, allora la Cina ha certamente motivo di opporsi”.
Pechino, dunque, continua a corteggiare l’Europa, i suoi investimenti e le sue imprese. Recentemente la leadership ha promesso una maggiore apertura del mercato. Chissà se si tratta di una “concessione” reale o simulata, cioè utile soltanto a offrire una sponda a chi in Occidente si batte contro il derisking occidentale dalla Cina per mettere pressione sui governi, ottenere l’allentamento della pressione e poi rimangiarsi la promessa.
Ma mentre critica il de-risking occidentale, il governo cinese pratica da almeno un decennio quello che viene chiamato xinchuang, o innovazione delle applicazioni informatiche, una sorta di autarchia tecnologica. Rientra in questi sforzi la recente decisione di rimuovere i microprocessori di Intel e Amd, società americane, da computer e server governativi per sostituirli con tecnologica.