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Le minacce di Cina e Russia viste dal capo del controspionaggio Usa

Mosca punta ai segreti militari, Pechino a quelli industriali, ha spiegato Mike Casey, capo del Ncsc. Negli ultimi anni le discussioni con aziende e università sui rischi cinesi è cambiata, ha aggiunto: non si chiedono più se sia reale bensì che cosa fare per fronteggiarla

“Ormai non si tratta più soltanto dei russi che rubano informazioni riservate dal Dipartimento di Stato”. È così che ha fotografato la situazione dello spionaggio attuale Mike Casey, che da settembre è il direttore del National Counterintelligence and Security Center, la struttura che si occupa del controspionaggio nella comunità d’intelligence degli Stati Uniti. “Tutti cercano di rubare ogni tipo di proprietà intellettuale e di colpire le infrastrutture critiche. La lista è lunga”, ha aggiunto intervistato da Npr. “Fortunatamente per me, e probabilmente sfortunatamente per tutti gli altri, il controspionaggio è un’attività in crescita”, ha ironizzato, spiegando poi come agli Stati ostili – come Cina, Russia, Iran e Corea del Nord – si siano aggiunti attori privati e gruppo della criminalità informatica.

Due i principali attori individuati da Casey. E non stupiscono affatto. Sono Cina e Russia. Con una differenza importante: Mosca non prende di mira i segreti economici degli Stati Uniti come fa Pechino. “Certamente non nella stessa misura. Insomma, sono ancora molto più legati al modello classico dei segreti governativi e militari”, ha spiegato.

In particolare, la Cina è decisa a soppiantare gli Stati Uniti e le tecnologie chiave oltre a scardinare l’ordine internazionale, per diventare “l’attore principale nell’arena internazionale”, ha proseguito. E questo, secondo lui, ha influenzato il modo in cui i servizi segreti cinesi operano e il tipo di obiettivi che perseguono negli Stati Uniti. “Non c’è un tizio con un cappello nero che entra nello stabilimento e ruba la corazza del carro armato dal retro. È molto più spesso un’operazione di hacking o il reclutamento di uno scienziato”.

Come nel caso di Linwei Ding, ingegnere di Google, incriminato per aver ceduto informazioni riservate sull’intelligenza artificiale alla Cina. Aveva cercato di truffare il colosso americano, rubando dati relativi ai chip per poi fondare una sua startup. Negli ultimi anni i parlamentari e i funzionari statunitensi hanno trascorso molto tempo a incontrare le imprese e le università americane con l’obiettivo di informarle sulle intenzioni del governo cinese. Il concetto di “sicurezza della ricerca” che si è diffuso anche in Europa nasce da qui. Casey ha spiegato che le discussioni con questi attori siano cambiate molto negli ultimi cinque anni. “La domanda che ci si poneva allora era: ‘Davvero? Quanto è grave? Non sono sicuro di crederti. Ora la domanda è: ‘Cosa faccio?’. E questo è un cambiamento fondamentale”.

In chiusura dell’intervista, l’alto funzionario si è soffermato sul caso di Victor Manuel Rocha, ex ambasciatore, dichiaratosi colpevole di spionaggio a favore di Cuba, scoperto dopo quasi 40 anni. “Ovviamente non è stata una failure di poco conto, ma non sappiamo ancora quanto sia stato grande finché non avremo valutato i danni”, ha spiegato. Ma questo caso è un promemoria di una considerazione che Casey fa sull’attività di spionaggio: mai dare per scontato di sapere tutto e di avere tutto sotto controllo. Siamo del controspionaggio, dice. La paranoia è il nostro mestiere.



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