Il Senior director dello Europe center dell’Atlantic Council evidenzia la centralità della collaborazione tra le due sponde dell’Atlantico nel settore tecnologico, oggi più importante che mai. Lanciando anche un monito sul non perdere tempo, poiché “la Cina non starà ferma ad aspettare”
Le elezioni di novembre, che si terranno in un momento di particolare incertezza generale nello scenario internazionale, rappresentano un bivio nei rapporti tra Europa e Stati Uniti. Se Donald Trump, in caso di vittoria, dovesse effettivamente realizzare quanto promesso in campagna elettorale, l’Europa potrebbe trovarsi abbandonata dal suo alleato storico, e le fondamenta della collaborazione euro-atlantica verrebbero minate nel profondo. Una dinamica che avrebbe delle conseguenze anche sul punto di vista tecnologico. Formiche.net ha affrontato la questione con Jörn Fleck, Senior Director dello Europe center dell’Atlantic Council.
Come procede la collaborazione euro-atlantica nell’ambito dello sviluppo tecnologico?
Sempre più integrata. Abbiamo appena tenuto il sesto incontro del Consiglio per il Commercio e la Tecnologia (Ttc) all’inizio di aprile in Belgio. Penso che abbiamo assistito a uno sforzo per definire davvero un processo continuo di cooperazione tra gli Stati Uniti e l’Unione Europea. Allo stesso tempo, è emersa la consapevolezza che la conversazione a livello politico sui temi del commercio e della tecnologia sarebbe stata messa in pausa per tutta la durata di questo ciclo elettorale fino alla fine dell’anno, sia in Europa con le elezioni europee e il rinnovo della commissione e poi, ovviamente, con le elezioni americane di novembre. Penso che ci siano buone ragioni per assicurarsi che il Ttc continui ad esistere. Si stanno avendo altre conversazioni su come strutturare i regolamenti e la terminologia. Ci sono stati dialoghi sul quantum computing e sulle lezioni apprese riguardo i semiconduttori. Entrambi i lati hanno regolamentato i chip e ci sono nuovi lavori sull’energia solare e sulle biotecnologie. Si ha una chiara conferma che la collaborazione funziona e deve continuare, che ci sono molte aree tecnologiche dove Europa e Stati Uniti devono lavorare insieme.
L’esito delle elezioni americane avrà un impatto su questo processo?
Credo che questa sia la domanda da un milione di dollari. Si vedrà cosa succederà all’indomani delle elezioni: se ci sarà un secondo governo Biden dopo le elezioni di novembre, allora tutto continuerà come prima, compresa la Ttc; dovesse invece arrivare un’amministrazione Trump, ci saranno molti più punti interrogativi. Credo però che anche un’amministrazione Trump arriverebbe alla conclusione che si deve lavorare con l’Europa. L’incognita è il tempo che ci metterebbe per realizzarlo, se succederà all’inizio della presidenza o verso la fine, come nel caso del primo mandato. Purtroppo, le amministrazioni non amano continuare i progetti dei loro predecessori. Rischieremmo di ritrovarci con un acronimo diverso che avrebbe la stessa funzione della Tcc, e non possiamo permetterci di sprecare questi due anni. La Cina non starà ferma ad aspettare che risolviamo i nostri problemi.
Cosa succederà invece alla legge sui dati?
Non amo fare previsioni su quello che succederà al congresso. Da un punto di vista di filosofia normativa gli Stati Uniti sono generalmente più riluttanti a legiferare nelle prime fasi di sviluppo di una tecnologia. Lo abbiamo visto nel corso delle ultime rivoluzioni tecnologiche. Ma, più generalmente, l’approccio negli Stati Uniti è di dare molto più spazio all’innovazione, e forse alla distruzione creativa, durante il processo di sviluppo. Al contrario l’approccio europeo si concentra sul legiferare preventivamente risultando più pesante sul piano normativo. Penso che sarà complicato per il congresso trovare la forza di delineare qualcosa di più che dei principi generali, ma il verdetto non è ancora chiaro e potrebbero esserci delle sorprese. Ad esempio, abbiamo appena assistito alla proposta del Privacy Act, mentre nessuno a Washington si aspettava un’azione congressuale in materia, soprattutto in questo momento. E la proposta è arrivata da due politici molto abili, che non userebbero una cosa del genere per sondare le acque, o come esca. Quindi potrebbero arrivare grosse sorprese. Poi la questione è complessa dato che si tratta di un insieme di problemi unici, e anche poiché sia l’estrema sinistra che l’estrema destra, per ragioni diverse, condividono un grande scetticismo nei confronti dei big tech. Alcune volte fondato, altre volte meno.
Quale sarà il destino del ban di TikTok negli Usa?
Preferisco non fare previsioni. Dietro al ban ci sono sia problematiche di soft power sia una questione di intelligence. Personalmente però credo che, nonostante coesistano entrambe queste dimensioni, in fin dei conti si tratti del fatto che la legge è spinta dall’ultima motivazione bipartisan rimasta a Washington, cioè la contrapposizione con Pechino. Più che le questioni tecniche, la sicurezza nazionale o le vulnerabilità dei dati, questa è la chiave di lettura dietro alla questione.