Skip to main content

Dal cinema alla realtà. Le trappole di miele come tecnica d’intelligence

L’avviso francese ai russi e i casi nel Regno Unito riaccendono i riflettori su questo metodo di raccolta. “Nonostante sia un luogo comune di Hollywood, è molto utilizzato in particolare dal XX secolo”, spiega Petrelli. Quando Mori lo utilizzò per reclutare a Roma il primo cinese in Europa

Nel mondo dello spionaggio, almeno quello che è visibile sui media, quella appena trascorsa è stata la settimana delle cosiddette trappole di miele. Honeytrap, in inglese, è un termine coniato dal romanziere John le Carré, già funzionario del britannico Secret Intelligence Service prima che quello pseudonimo rendesse celebre David John Moore Cornwell. Si tratta di “un metodo di raccolta di informazioni antico quanto lo spionaggio stesso e oggi più diffuso che mai”, come ha scritto lo storico Ben Macintyre sul Times. Potremmo dire antico quanto il mestiere più antico del mondo.

Si è parlato di trappole di miele questa settimana per due ragioni.

La prima: per raccontare un documentario trasmesso da France 2 sulla Direction générale de la Sécurité extérieure, l’agenzia di intelligence esterna francese, molti giornali hanno scelto di titolare sui funzionari che hanno dichiarato che i russi si sono resi conto che il ricatto di avere delle amanti era inefficace. La frase standard in risposta era “Fai pure, mia moglie lo sa già”, ha detto uno di loro. L’istinto acchiappa-clic ha avuto la meglio e così molti giornali hanno deciso di puntare su questo aspetto piuttosto che sull’impatto dell’operazione mediatica di un’agenzia che apre le porte che rispondere alle critiche dopo alcune battute d’arresto, come le errate previsioni su quella che sarebbe stata l’invasione russa dell’Ucraina.

La seconda ragione: il giornale britannico i ha rivelato che le trappole di miele sono sempre più spesso utilizzate dai servizi segreti cinesi per raccogliere segreti da funzionari dell’intelligence, della politica e dell’economia. Questa tecnica – già presente ne “I trentasei stratagemmi”, trattato di strategia militare cinese scritto probabilmente durante la Dinastia Ming – “non è del tutto efficace contro i membri della comunità d’intelligence, perché siamo ben consapevoli dei segnali”, ha spiegato una fonte. I timori sono legati a politici, con in vista delle prossime elezioni, e uomini d’affari. Gli obiettivi sono due in particolare: raccogliere informazioni e/o creare un danno reputazione. Come nel caso di William Wragg, il deputato trentaseienne che ha lasciato il gruppo tory dopo essere stato coinvolto in una vicenda di messaggi con foto osé gay ricevute di recente sui loro telefonini da 12 fra parlamentari, funzionari e giornalisti accreditati a Westminster.

Le trappole di miele sono “probabilmente la prassi operativa di intelligence più rappresentata nella storia del cinema, da Snitch di Fritz Lang già nel 1928, al più recente La regola del sospetto, con Al Pacino e Colin Farrell, fino a Munich di Steven Spielberg”, spiega Niccolò Petrelli, ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università Roma Tre, a Formiche.net. “Nonostante siano un luogo comune di Hollywood, si tratta anche di una tecnica di lunga data utilizzata nel mondo dello spionaggio in particolare dal XX secolo. La storia dell’era moderna dell’intelligence testimonia un uso molto frequente di questa pratica: per esempio, l’Hauptverwaltung Aufklärung della Stasi impiegava uomini, detti anche i Romeo”, aggiunge Petrelli citando un caso che dimostra come gli obiettivi non siano per forza uomini.

Due aspetti sono importanti da considerare al di là di come questa tecnica è stata sempre rappresentata nella cinematografia, continua Petrelli. “Uno è quello dell’ordinarietà del personale dell’intelligence impiegato nelle trappole di miele: nella storia si è trattato quasi sempre di donne e uomini di media bellezza, spesso del tutto comuni e soprattutto adatti all’ambiente, che non spiccavano nel contesto in cui venivano piazzati. L’altro è che c’è molta variazione nell’utilizzo della tecnica. Lo scopo può essere: acquisire il controllo e sfruttare una persona, creare uno scandalo per screditare un individuo o un servizio, oppure reclutare una fonte”. L’obiettivo determina il lavoro richiesto per l’operazione, che può essere molto economico, come nel caso di un tentativo di un ricatto, o molto costoso, come nel caso dei Romeo della Stasi che puntavano alle segretarie impiegate presso istituzioni sensibili della Repubblica federale tedesca e della Nato.

“Persone molto intelligenti fanno cose molto stupide per sesso, e spesso intelligenza, formazione, patriottismo e indole sono impotenti di fronte a una trappola di miele ben congegnata ed eseguita con cura”, ha osservato Macintyre. Un caso da manuale è quello di Mordechai Vanunu, il tecnico che ha rivelato il programma della bomba atomica israeliana. “Sapeva perfettamente che il Mossad era sulle sue tracce nel 1986 e si è nascosto in una località segreta di Londra mentre la sua storia veniva verificata. Tuttavia, quando incontrò una donna attraente, Cindy, durante una visita turistica e lei lo invitò a trascorrere un fine settimana romantico a Roma, lui la seguì: finì sequestrato, drogato, portato in Israele e processato per tradimento”, ricorda lo storico. Chi scrive ha raccontato questa storia in una delle puntate di 00Podcast, realizzato da Formiche.net in collaborazione con Intesa Sanpaolo.

“I servizi segreti francesi e britannici sono fissati sull’uso di trappole di mieli da parte dell’intelligence cinese”, osserva Petrelli. “Già all’inizio del 2010 l’MI5 aveva accusato il governo cinese di utilizzare queste tecniche per hackerare le reti informatiche aziendali britanniche, apparentemente in seguito alla condivisione di informazioni sull’argomento da parte dell’intelligence francese”, prosegue. “Due anni prima, lo stesso servizio di controspionaggio aveva distribuito un documento intitolato ‘La minaccia dello spionaggio cinese’ a funzionari della sicurezza, banche e imprese britanniche, avvertendo esplicitamente i dirigenti delle trappole e dei successivi tentativi di ricatto”, osserva ancora.

Anche i servizi segreti italiani, naturalmente, hanno fatto – e con ogni probabilità fanno ancora – ricorso a questa tecnica. Un esempio è contenuto nel libro “M.M.” del generale Mario Mori, fondatore del Ros dell’Arma dei Carabinieri e all’inizio degli anni Duemila direttore del Sisde (il servizio che ha preceduto l’attuale Aisi). “Karol non tradì mai” s’intitola la sezione dedicata a una giovane che “aiutava” il servizio di controspionaggio di allora, il Sid. La ragazza fu utilizzata per reclutare un funzionario cinese del settore commerciale intercettato dall’intelligence italiana mentre si lamentava della vita monacale a cui era costretto. “Era un obiettivo perfetto”, scrive Mori. Karol “fu inserita in diverse manifestazioni del settore in cui operava il cinese astinente e quando lo incontrò non le fu difficile irretirlo”. Fu in una stanza d’albergo di Roma  – “dove era stato allestito un vero e proprio set cinematografico – che l’uomo defezionò posto davanti al dilemma: “O passi con noi o trasmettiamo le registrazioni alla tua ambasciata”. Fu il primo cinese a essere reclutato in Europa, racconta Mori, rammaricandosi del fatto che “piombò” subito la Central Intelligence Agency e lo portò negli Stati Uniti. “Onestamente non eravamo in grado all’epoca di elaborare tutti i dati che una fonte del genere poteva fornire, ma ci rimase ‘amaro in bocca per quella cessione obbliga”, si legge nel libro.



×

Iscriviti alla newsletter