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Qual è la vera sfida del dibattito tra Meloni e Schlein su Instagram. Scrive Carone

Sta prendendo forma l’ipotesi che le due leader politiche possano trovare online, su Instagram, la piattaforma più adatta per il dibattito di cui da tempo si parla. Se così fosse, sarebbe certamente un unicum, ma in gioco non ci sarebbe lo spostamento del bacino elettorale, anzi… L’analisi di Martina Carone

Sembrava un’ipotesi bizzarra, e invece pian pianino sta prendendo forma. Il dibattito Schlein-Meloni, in periodo di par condicio, cerca spazi per definirsi, ed è Instagram il luogo in cui potrebbe prendere vita: una diretta a due voci, forse tre se si prevede un moderatore, a partire dai profili personali delle due leader, che potrebbero così aggirare le stringenti norme che costringerebbero altri contenitori a svolgere altri dibattiti per assicurare rappresentanza e diritto di parola e tutte le forze politiche in odore di europee.

Ovviamente l’ipotesi ha scatenato una serie di riflessioni; da una parte, infatti, utilizzare la piattaforma di Instagram avrebbe dei vantaggi: innanzitutto si potrebbe parlare ad un’audience diversa, più giovane anagraficamente e più istruita. E, sicuramente, più ampia: si stima che gli utenti italiani di Instagram siano più di 30 milioni, e che l’app di Instagram sia la quarta più scaricata in Italia (dopo WhatsApp, Telegram e TikTok). La capacità dei contenuti mediatici di viaggiare tramite i nostri feed è decisamente più veloce che sui canali tradizionali, e anche la politica – sulla carta – non fa eccezione.

D’altro canto, sono mesi che tutte le piattaforme stanno riducendo la visibilità dei contenuti politici: prima TikTok, poi Meta, la direzione sembra quella di proporre ai propri utenti meno contenuti politici, rendendo difficoltosa la propagazione dei messaggi. L’idea di creare questo format sarebbe quindi un po’ fine a sé stessa anche se rappresentando un unicum nella politica attrarrebbe sicuramente l’attenzione dei media italiani e internazionali, assicurando un primato a Meloni e Schlein e alimentando l’attesa del momento.

A maggior ragione se si considera che tra gli addetti ai lavori si è soliti dire che il vero valore aggiunto di un dibattito non è il dibattito in sé, ma ciò che avviene prima e dopo. Il racconto che viene fatto in preparazione dell’incontro, il ballo delle aspettative e della definizione delle regole, ma anche i resoconti successivi, le analisi su chi ha vinto e chi ha perso, le pillole video che rimbalzano sui social, gli errori, le gaffe. Non è secondario l’impatto che alcuni spezzoni del dibattito potrebbero avere nella diffusione online, soprattutto satirica e ironica. Non è infatti un mistero che Giorgia Meloni sia una delle leader più capaci nel botta e risposta e soprattutto nell’avere uscite informali, ironiche, dirette che – anche se spiazzanti – hanno la capacità di diventare dei veri e propri tormentoni che trovano nel digitale propagazione massima (Io sono Giorgia vi dice qualcosa?).

Tutto il bailamme mediatico che oltre un certo limite si posiziona a metà tra il masochismo e il tifo, in una modalità di supporto in cui si privilegia lo smacco, il piglio, lo sclero, e però a sparire sono in realtà i contenuti. Perché la verità che nessuno dice è che i dibattiti non servono a granché sul piano politico: qualcuno crede forse esista un elettore indeciso tra Schlein e Meloni? Davvero pensiamo che questo momento, ovunque sarà, servirà agli elettori per orientarsi?

Risposta? Ovviamente no.

Perché la verità – quella che tutti sanno e che nessuno ha il coraggio di dire – è che i dibattiti non fanno cambiare idea a nessuno: servono solo a compattare i tuoi. Ed è su questo che si gioca la più grande sfida.


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