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Dopo il caso Pirelli, ecco quello Ferretti. Le ultime giravolte dell’azionista cinese

Una recente delibera del cda relativa all’acquisto di azioni proprie e alla governance è stata annullata in una riunione pasquale in seguito all’apertura dell’istruttoria da parte della presidenza del Consiglio ai sensi del Golden Power. Sarebbe stato il timore di prescrizioni a suggerire il passo indietro al gruppo nautico, il cui azionista di riferimento è Weichai, colosso controllato da Pechino. È un caso unico dall’entrata in vigore della normativa

Con una riunione in videoconferenza convocata la domenica di Pasqua, due settimane fa, il consiglio d’amministrazione di Ferretti Group, società quotata in Borsa sia a Hong Kong sia a Milano, ha deciso di annullare le delibere precedenti che avevano comportato la notifica alla Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi della normativa Golden Power con conseguente apertura di un’istruttoria. Poco dopo lo stesso consiglio di amministrazione della società, il cui azionista di riferimento con il 37,541% delle quote è Weichai, colosso controllato dal governo della provincia cinese di Shandong, ha deciso di chiedere una verifica sul comportamento dei vertici aziendali relativamente alla notifica.

Qualche passo indietro. L’azienda di Forlì, con 1.600 dipendenti e un fatturato di 1,1 miliardi di euro, è leader mondiale nel settore della nautica di lusso. E rientra tra quelle considerate di “rilevanza strategica per la sicurezza nazionale” – e dunque sottoposta alla normativa Golden Power – per alcune tecnologie sviluppate nel campo della sicurezza e difesa dove la Ferretti Security Division progetta, sviluppa e produce imbarcazioni per le forze di sicurezza come quelle commissionate dai Carabinieri. Le tecnologie e i materiali utilizzati per le imbarcazioni hanno, fra le loro caratteristiche, quelle di essere difficilmente tracciabili e, di fronte alle minacce che in diverse aree navali sono portate alla libertà di navigazione, vi è una crescente preoccupazione per una loro potenziale diffusione incontrollata.

Nel 2012 il colosso cinese Weichai aveva acquisito una partecipazione del 75% del gruppo italiano. Tan Xuguang, membro del Partito comunista cinese, presidente di Weichai, occupa lo stesso ruolo in Ferretti Group. Nel giugno dell’anno scorso, dopo la quotazione alla Borsa di Hong Kong, è arrivato il via libera della Consob e Ferretti Group è sbarcato anche sulla Borsa di Milano. Weichai, pur rimanendo l’azionista di riferimento, ha di fatto dimezzato la sua partecipazione, decisione che sembrava ben tutelare l’italianità del gruppo e che, quindi, era stata vista positivamente dalle nostre autorità: “Nel 2022, in occasione della quotazione a Hong Kong, ponemmo all’attenzione dell’allora governo italiano la nostra situazione in tema di Golden Power e ci fu riferita la sua inapplicabilità”, aveva dichiarato l’amministratore delegato Alberto Galassi a Radiocor. “Quest’anno, in vista del dual listing, abbiamo di nuovo chiesto al governo Meloni e ci è stata confermata nuovamente l’inapplicabilità della stessa”, aveva aggiunto.

Dalla quotazione a Milano il gruppo cinese ha incassato più di 300 milioni di euro. Da allora però, sospettano le autorità italiane, avrebbe avviato una serie azioni per assumere un controllo maggiore su Ferretti Group nonostante una partecipazione di poco superiore al 37% (il 42,6% è flottante di Borsa).

Arriviamo così alle ultime settimane. Come detto, la presidenza del Consiglio ha avviato un’istruttoria alla luce di una delibera del consiglio di amministrazione di Ferretti Group, datata 19 febbraio, riguardante l’acquisto di azioni proprie e la governance. La Presidenza ha convocato la società il 3 aprile, chiedendo preventivamente risposte scritte su una serie di questioni aperte. Tra queste alcune riguardavano gli effetti dell’operazione di acquisto e annullamento di azioni proprie (fino a un massimo del 10%) sulla governance e sul management. La riunione, però, è stata annullata su richiesta della società dopo la riunione pasquale del consiglio di amministrazione in cui è stata revocata la delibera del 19 febbraio e chiesto alla società di ritirare immediatamente la notifica.

Il sospetto delle autorità italiane è che, dopo l’esperienza con Pirelli (il cui primo azionista, con il 37% delle quote, è un altro colosso statale cinese, Sinochem, che opera attraverso il veicolo Marco Polo), la proprietà nelle mani dello Stato cinese abbia ravvisato il rischio di vedere imporre specifiche prescrizioni a tutela della gestione aziendale italiana, motivate soprattutto dai potenziali rischi per il mantenimento del controllo di tecnologie “duali”. Sarebbe questa la ragione che ha portato al dietrofront.

È un caso unico dall’entrata in vigore della normativa Golden Power nel 2012. Tanto che, spiegano alcune fonti, il dossier è ora al vaglio del Dipartimento per il coordinamento amministrativo della Presidenza del Consiglio che nel frattempo ha deciso di raccogliere ed esaminare tutta la documentazione relativa a questa sospetta e intricata vicenda.

Nell’ultimo mese si è parlato di Ferretti Group anche in merito a Taranto. Il gruppo, infatti, ha annunciato il ritiro del suo impegno per la bonifica e reindustrializzazione del sito ex Yard Belleli per fare dell’area portuale di Taranto un nuovo polo di eccellenza nella costruzione di yacht di lusso. In una nota la società aveva lamentato “ritardi accumulati nel lungo iter approvativo e attuativo”. Nei giorni scorsi Rinaldo Melucci, sindaco e presidente della Provincia di Taranto, ha auspicato “una riconsiderazione della vicenda sui tavoli di giusta competenza per affrontare nel dettaglio con la società i possibili margini per una ripresa del progetto”.

Su questa vicenda, Formiche.net ha inviato via e-mail alcune domande sia a Ferretti Group sia alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Quest’ultima ha risposto dichiarando di non voler rilasciare “nessun commento” in merito.


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